Il Pkk segue Ocalan e annuncia la tregua con la Turchia: ora i curdi parleranno di disarmo. Erdoğan: “Risponderemo alle provocazioni”
Il Pkk segue il suo fondatore e annuncia la tregua con la Turchia. Due giorni dopo l’appello dal carcere di Abdullah Ocalan che aveva chiesto di deporre le armi, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan ha diffuso un comunicato in cui ha accolto le richieste del leader storico: “Per spianare la strada all’attuazione dell’appello di Apo (il soprannome col quale viene spesso indicato Ocalan, ovvero ‘zio’ in curdo, ndr) per la pace e una società democratica, dichiariamo un cessate il fuoco da oggi”. Posizione accolta anche da Ankara che col presidente Recep Tayyip Erdoğan, però, avverte di essere pronto a riprendere le operazioni militari se le promesse fatte non saranno rispettate. E ha poi aggiunto: “Continueremo le nostre operazioni in corso finché non elimineremo l’ultimo terrorista”.
La formazione curda, inserita dalla Turchia nella lista delle organizzazioni terroristiche, convocherà il congresso del partito per stabilire poi come dovrà svilupparsi il processo di disarmo, ma ha spiegato che “affinché questo accada un ambiente sicuro deve essere stabilito e Ocalan dovrà personalmente guidare e condurre il processo”. Il problema è che il leader si trova da 25 anni nel carcere dell’isola di Imrali, nel mare di Marmara, a sud di Istanbul, in regime di isolamento e condannato all’ergastolo dopo l’arresto in Kenya nel 1998 seguito a diversi tentativi di ottenere asilo politico in Russia, Grecia e Italia.
Concessioni riguardo alla sua condizione carceraria erano state promesse dal leader della destra nazionalista turca (Mhp), Devlet Bahceli, quando in ottobre con un clamoroso appello, considerata la sua lontananza dalla causa curda, aveva chiesto a Ocalan di sciogliere il Pkk. Da allora sono stati permessi colloqui in carcere tra il leader e politici del partito filo-curdo Dem, la terza forza più rappresentata nel Parlamento turco. È in questo contesto che si è arrivati allo storico appello di Ocalan che non aveva mai chiesto prima lo scioglimento del gruppo curdo, fondato da lui nel 1978 come partito armato di orientamento marxista con rivendicazioni indipendentiste e coinvolto dai primi Anni 80 in un conflitto con l’esercito turco che ha portato alla morte di oltre 40mila persone.
Non è comunque la prima volta che si arriva a una tregua tra le parti. L’ultima risale al 2013, quando fu lo stesso Ocalan a dichiarare il cessate il fuoco con Erdoğan che allora guidava il governo come primo ministro. La tregua finì nel 2015, dando il via a una nuova stagione di violenza. Il governo turco ha messo sotto pressione il partito Dem, con i sindaci eletti accusati di terrorismo, arrestati e rimossi dall’incarico, così come diversi vertici della formazione.
L’appello di Ocalan è stato definito da Erdogan come un’opportunità “storica”. Rivolgendosi alla popolazione curda, il leader turco ha promesso che sarà per lui “un dovere” lavorare per arrivare a vivere in un’atmosfera “inclusiva” in Turchia ma ha anche avvertito che saranno prese “tutte le misure necessarie contro qualsiasi provocazione che potrebbe sorgere durante questo processo”. Al momento, non è chiaro che tipo di concessioni Ankara potrà offrire al gruppo curdo, anche se secondo indiscrezioni ci potrebbe essere libertà per i militanti che non hanno preso parte alla lotta armata e sarebbe allentata la stretta contro il partito.
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