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“In Europa l’8% degli intervistati ritiene accettabile dare uno schiaffo a una donna in casa”: il report Ue sulla violenza di genere

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Diffusa, grave e poco denunciata. Per questi motivi la violenza di genere è “una crisi dei diritti umani” secondo lo European institute for gender equality (Eige), l’agenzia Ue per l’uguaglianza di genere, che ha lanciato un nuovo allarme sul fenomeno e chiesto azioni concrete ai Paesi membri. “Rileviamo sempre di più che la violenza si basa su controllo, predominio e disuguaglianza – dice con una nota la direttrice dell’ente Carlien Scheele -, servono azioni urgenti”. Mentre in Italia il governo ha introdotto l’ergastolo come reato autonomo, dall’ultimo focus Eige sul tema, pubblicato il 25 febbraio, emerge che il 31% delle donne nell’Ue ha subito violenza fisica o sessuale dopo i 15 anni e che il 57% delle vittime riporta conseguenze di salute nel lungo termine legate agli abusi, tra cui traumi fisici e psicologici, ma il 31% delle donne non parla di quello che ha subito. “È fondamentale lavorare per smantellare le barriere sistemiche alla denuncia – dice a ilfattoquotidiano.it la ricercatrice Eige Blandine Mollard -, tra cui lo stigma, la paura di non essere credute e il timore di conseguenze negative associate alla denuncia. Se nell’Ue la società considera ancora la violenza del partner una questione privata, le donne interiorizzano che non è qualcosa di cui discutere pubblicamente”. Nel frattempo, l’appello più urgente è al supporto alle case rifugio, che solo in sette Paesi Ue aderenti alla Convenzione di Istanbul soddisfano il requisito minimo di un posto letto ogni 10mila abitanti e tra questi non c’è l’Italia.

I dati e le lacune nella rete di supporto – Secondo Eige, che ha elaborato i dati dell’Eu survey on gender-based violence (Eu Gbv) condotta congiuntamente a Eurostat e all’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Ue (Fra) nel 2024, la violenza è alimentata dalla scarsa risposta culturale e dall’intolleranza. Il 17% degli europei intervistati crede ancora che le donne esagerino a denunciare gli abusi, mentre il 27% degli uomini pensa oggi che non sia grave molestare sessualmente una collega. “E l’8% della popolazione ritiene ancora accettabile dare uno schiaffo a una donna nel contesto domestico”, sottolinea alla presentazione del report Maria Mollica, a capo del team della direzione generale della Giustizia dell’Ue che si occupa di violenza di genere. Per lo studio, le donne sono diventate più vulnerabili anche a causa del Covid e dell’aumento del costo della vita, che hanno da un lato alimentato i fenomeni di controllo e abuso nella sfera intima facendo lievitare i casi, dall’altro indebolito le strutture di protezione. “A farne le spese sono state soprattutto le persone marginalizzate – spiega Mollard – vediamo casi sempre più complessi in cui la violenza di genere si somma ad altre disuguaglianze”. La mancanza di documenti validi per le straniere e l’inquadramento lavorativo irregolare sono tra le condizioni di svantaggio più comuni che si aggiungono agli abusi. “Prima di recarsi a uno sportello antiviolenza, le più fragili pensano alle ritorsioni che potrebbero subire per gli altri problemi che stanno affrontando – sottolineano con ilfattoquotidiano.it Mollard e Stephanie Futter-Orel, direttrice esecutiva di Women against violence Europe (Wave) -, servono percorsi speciali per le più vulnerabili”.

L’appello alle regole e alle azioni – Per dare risposte concrete, Eige chiede di semplificare e implementare gli accessi ai servizi di sostegno, e di creare in parallelo le condizioni per un cambiamento culturale. A maggio 2024 l’Unione europea ha approvato la prima direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, che dovrà essere recepita entro il 2027, e nel 2023 l’Ue ha concluso il percorso di adesione alla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa che obbliga gli Stati a dotarsi di stumenti per prevenire e contrastare la violenza di genere. Ma cinque Paesi Ue (Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Lituania e Slovacchia) non hanno ancora ratificato il documento, rallentando così i progressi del continente. “Il recepimento della direttiva Ue consentirà di integrare molti degli standard della Convenzione di Istanbul anche nei paesi che non l’hanno ancora ratificata”, dice Mollica. Per Stephanie Futter-Orel, alla base, il compito dell’Ue è di intervenire sulla prevenzione primaria: “Se si investe sulla formazione fin dall’infanzia si possono costruire vite libere dalla violenza”.

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