Calamari e patate fritte: i nuovi gusti delle pizze richieste dai turisti a Trieste. E i pizzaioli si adattano
I più giovani hanno intrapreso il mestiere solo da qualche anno, con grande entusiasmo. I veterani invece contano su una lunga esperienza alle spalle, maturata spesso in diversi locali, con una passione che continua tuttora. In alcuni casi da oltre 40 anni.
Tutti accomunati dell’amore per impasti e forno. I pizzaioli di Trieste sono una parte importante del comparto della ristorazione.
[[ge:gnn:ilpiccolo:14576707]]
Un settore che, raccontano, pur confermando un successo invariato nel tempo, ha subito anche alcuni mutamenti, sia sul fronte dei prodotti sia su quello delle domande da parte dei clienti. Le più strane arrivano dai turisti stranieri.
E le curiosità non mancano. Alla pizzeria La Torre gioca in casa Emanuele Folla, 24 anni, nipote del titolare, fin da piccolo tra sala e cucina «sono nato con le mani in pasta – scherza – e ho sempre voluto imparare. Adesso lavoro qui in modo stabile.
[[ge:gnn:ilpiccolo:14576708]]
La prima pizza? Nel 2018, una semplice margherita, poi le competenze sono costantemente cresciute. La soddisfazione più grande arriva dal gradimento espresso dalla gente, che qui adora soprattutto la possibilità di ordinare i duetti, due gusti in una pizza».
Accanto al ragazzo c’è Alessandro Doz, 50 anni, pizzaiolo da 30. «Ho iniziato proprio qui – ricorda – successivamente mi sono spostato in altri ristoranti per poi tornare. Il segreto è fare sempre tutto con attenzione e passione. Non si finisce mai di imparare ed è un lavoro stimolante.
La pizza che mi piace preparare di più in assoluto è “La Torre”, con melanzane, pomodorini, salamino, funghi, carciofini e asparagi, disegnata in modo speciale, come fosse un orologio. Anche per questo ci vuole estro e cura».
[[ge:gnn:ilpiccolo:14576709]]
Nel locale di strada per Longera c’è anche Alessandro Brezigar, 45 anni, con un percorso iniziato «a 18 anni come cameriere – dice – poi sono passato alla cucina e quindi al forno.
E mi piace, tantissimo. Pur essendo una realtà consolidata, anche il nostro comparto ha subito cambiamenti negli ultimi anni, soprattutto da quando su social e web girano molti video, foto e notizie sul cibo. Tra gli aspetti che vanno ricordati – avverte – c’è il fatto che il lavoro di pizzaiolo non si impara con un tutorial come alcuni pensano, serve il lavoro sul campo, con dedizione e voglia di fare».
Spostandosi All’Osteria di Casa Pepe, tra pasta da stendere e da piazzare nel forno, ecco Mukit Hasan, dal Bangladesh, 27 anni, piazzaiolo da sette, «mi piace tutto – sottolinea subito – non lo considero qualcosa di faticoso, anzi, mi diverte molto.
La pizza poi è buona, anche se facendo questo lavoro mi devo controllare, se ne mangio troppa – sorride – mi cresce la pancetta».
Accanto a lui c’è il pizzaiolo più esperto, Emilio Sagliano, 37 anni, che ha iniziato nel 2008 a Napoli, «i primi passi li ho mossi in una pizzeria di quartiere, dove ho imparato tutto e dove ho fatto la gavetta.
Dopo tanto tempo è un mestiere che amo ancora moltissimo, è dinamico, non mi stanca mai. Ogni volta che preparo una pizza, anche una semplice margherita, mi assicuro di dare il massimo, come fosse la prima volta.
Nel corso del tempo anche nel nostro settore le cose sono cambiate, c’è più attenzione rispetto al passato sul fronte degli ingredienti e un’evoluzione per quanto riguarda gli impasti».
Ma qual è stata la richiesta più particolare ricevuta? «Da parte di un turista straniero, una pizza con calamari fritti e patatine sopra. A molti austriaci piace anche abbondare con la carne di maiale. E c’è pure qualcuno che ha aggiunto il ketchup. Gusti sono gusti, noi cerchiamo comunque di accontentare tutti sempre».
Da Copacabana, nel menù, c’è pure la pizza con l’ananas, richiesta con prosciutto cotto o crudo, molto gettonata, anche in questo caso, dai turisti stranieri.
Per il resto è la tradizione a vincere e a conquistare i clienti, come racconta Francesco Brescia, un vero re della pizza, in attività dal 1978 come pizzaiolo e dal 1992 titolare del locale. «Ero giovanissimo quando ho cominciato, nella pizzeria Capri di Roiano, dai miei parenti, all’inizio mi pesava un po’perché avrei preferito uscire di più con i miei coetanei, ma poi la passione è cresciuta e ancora desso è fortissima.
Ho puntato sempre sulla pizza classica napoletana – spiega – anche se adesso c’è un’idea più contemporanea, ad esempio con diverse lievitazioni o altre modifiche, come i bordi più alti. Ma il successo è invariato.
Nel tempo ho servito anche personaggi famosi, penso a Massimo Ranieri, Nancy Brilli, Patty Pravo e diverse band musicali. In alcune serate di grande affluenza siamo riusciti a sfornare fino a 650 pizze.
E non mi stanco mai, perché è un lavoro che mi regala ancora grandi gratificazioni. Mi piace anche insegnare ai più giovani – aggiunge – ho formato almeno una decina di ragazzi nel corso degli anni».
L’ultimo in ordine di tempo è Gian Quindai, 20 anni, filippino, che ormai da due anni prepara e sforna abilmente pizze di tutti i tipi di pizza.