La donna ha patteggiato, l’uomo è a processo accusato di lesioni per aver tenuto ferma la ragazza mentre la madre la colpiva
CASCINA. È finito davanti al giudice per lesioni personali ai danni della figlia della compagna un uomo di 53 anni, originario della Campania, perché secondo l’accusa avrebbe aiutato la donna a colpire la figlia con una bottigliata in testa durante una lite familiare. Una situazione complicata in casa, come raccontato anche dalla cugina e dalla zia della giovane, ieri testimoni in aula. In una precedente udienza però la vittima avrebbe ridimensionato il ruolo dell’uomo al momento dei fatti.
Per gli stessi avvenimenti si è svolto un processo parallelo, con la madre che ha patteggiato.
Così come raccontato dalle due testimoni ascoltate di fronte alla giudice Annalisa Dini, siamo a Cascina, nell’estate del 2018. I rapporti in casa tra la ragazza e i due adulti erano piuttosto tesi da tempo. A fare alcune confidenze alla cugina è la stessa vittima del reato, che le avrebbe raccontato in alcune occasioni dei continui scontri.
«C’era una situazione familiare non stabile – racconta in aula la cugina – i miei cugini si lamentavano degli atteggiamenti della madre e del compagno. Erano messi da parte, c’erano discussioni continue e ricevevano offese».
Questa tensione sarebbe sfociata, in un giorno di luglio, in un vero e proprio episodio di violenza. «Venne a chiamarmi un amico di famiglia, io ero sotto a un gazebo a studiare. Mi disse che c’era movimento a casa di mia nonna e io mi preoccupai e andai subito. Mia nonna viveva vicino alla casa di mia zia e mia cugina e appena arrivata lì capii che il problema era a casa loro. Erano arrivati anche i carabinieri e la polizia», racconta ancora la giovane testimone.
«Trovai mia cugina disperata, era sconvolta e ferita. Fui io ad accompagnarla in ospedale, le trovarono un trauma cranico», spiega alla giudice. Né lei né le madre assistettero però all’episodio, ma furono messe al corrente dal racconto della ragazza.
Intervenne prima, stando al suo racconto, la zia della ragazza. «Ero al mio negozio e mi avvisarono che in casa di mia nipote c’era confusione. Avvertii il padre, visto che non stava più con mia sorella, e lui mi disse di allertare i carabinieri». È la donna a riportare in aula il racconto che le fece la nipote una volta che arrivò a casa dei parenti. «La mamma mi ha rotto una bottiglia in testa mentre il compagno mi teneva», sintetizza la testimone. All’origine di tutto un’accesa discussione in tasca.
La zia racconta che dopo l’episodio vide un’altra scena: «Uscii da casa di mia madre mentre mia nipote stava provando a rientrare. Inizialmente il compagno di mia sorella (l’imputato, ndr) non mi vide e la spingeva con le braccia per evitare che entrasse in casa. Appena mi ha visto ha messo le mani dietro la schiena, facendole comunque muro con il corpo».
E poi aggiunge, sollecitata da una domanda del difensore dell’uomo, l’avvocato Giovanni Pianese: «È possibile che lo abbia fatto per evitare ulteriori guai. Non posso escluderlo». In aula dovrà essere ascoltato ancora l’imputato, la cui posizione potrebbe mutare vista la testimonianza precedente della figlia della compagna.
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