I robot del centro Piaggio sul palco dei talenti sotto gli occhi di Bebe Vio

Ego e Golden Ego danno una dimostrazione delle loro capacità di manipolare. La stessa tecnologia usata per le protesi. La campionessa: come le mie ma più evolute

Scorci di un futuro che è già presente sono apparsi sul palco della trasmissione di Sky, Italia’s Got Talent. Hanno le fattezze di due robot umanoidi (Ego e Golden Ego), sviluppati dal del Centro di Ricerca E.Piaggio di Pisa in collaborazione con l’Istituto Tecnologico Italiano (Iit) di Genova e si sono sfidati nell’aprire un armadio nel minor tempo possibile, per prendere dei fiori da portare alla conduttrice Lodovica Comello. Il tutto sotto lo sguardo della guest star della puntata, Bebe Vio, la campionessa paralimpica che per un’infezione da meningite a 11 anni subì l’amputazione degli arti. Una presenza non casuale.

Durante la dimostrazione, i vari giudici (Elio, Mara Maionchi, Federica Pellegrini e Frank Matano) si sono alternati nelle espressioni di stupore – «sono incredibili», «che impressione» – e da ultimo proprio Elio ha chiosato: «mi sembra di essere in un libro di fantascienza». Al netto del comprensibile entusiasmo per le capacità di questi gioielli della tecnologia, ecco, non si tratta di fantascienza.

A introdurre i due robot sul palco ci sono Manuel Catalano (ex dottorando del Centro Piaggio e fondatore di Qbrobotics) e Maria Fossati, designer dell’Iit. Maria è nata senza una parte del braccio sinistro e ha una protesi "robotica" in grado di muoversi autonomamente che ricorda molto quelle dei due robot. O meglio, non è che la ricordi: è proprio la stessa. «Montiamo le stesse mani», dice.

Si capisce dunque che di “fanta” c’è ben poco; siamo nel campo della scienza e delle sue applicazioni più entusiasmanti e ricche di possibilità. Le tecnologie utilizzate dai ricercatori si possono combinare sia nei robot che in protesi o altri sistemi per la mobilitazione. La protesi di Fossati è l’esempio migliore di questa tecnologia che “s’incarna” in un sistema umano. Decisamente fuori tempo massimo ritenerla fantascienza. È realtà.

Al punto è particolarmente interessata Bebe Vio, che prima porge a Elio una delle sue protesi, spiegandogli come funziona e poi, rivolta alla ricercatrice, dice: «Sono come le sue, però meno tecnologiche». È la stessa Fossati a spiegare a grandi linee la tecnologie usata per creare la sua protesti: «Funziona c con due elettrodi mioelettrici, con un comando di apertura e uno di chiusura. E poi è stata costruita con l’intelligenza della mano, che è in grado di prendere oggetti diversi».

Non è stato un cammino immediato quello della ricerca, dalle prime intuizioni fino allo sviluppo e la produzione. A spiegarlo è Manuel Catalano. «Il nostro gruppo di ricerca è coordinato dal professor Antonio Bicchi, si muove tra il Centro Piaggio e l’Istituto di Genova. Ci occupiamo di ricerca di robotica che parte dallo studio dell’uomo, sia la parte cognitiva che fisica, per poi trasferire alcune delle sue caratteristiche in sistemi robotici».

Sistemi robotici connessi con l’uomo, in grado di supplire all’assenza di un arto per esempio. O anche robot come i due Ego, che sono avatar che trasportano le capacità dell’uomo in ambienti diversi. Integrando le due capacità: umane e robotiche.

I robot umanoidi sviluppati a Pisa hanno alle spalle un repertorio d’imprese di tutto rispetto. Come l’intervento ad Amatrice nel 2016, dopo il terremoto, con i robot che hanno fatto ispezioni negli edifici pericolanti, senza mettere a rischio architetti e geometri. «Gli esperti remotizzavano le loro capacità tramite i robot che erano sul campo», spiega Catalano.

Il lavoro sull’interfaccia per gli utenti è la frontiera più importante. Per ora servono dei tecnici per manovrare robot come i due Ego, «ma noi guardiamo agli smartphone, un sistema informatico complesso che oggi riescono a utilizzare grandi e piccini», spiega Catalano. E una diffusione sul mercato non è un’utopia: «Le nostre auto stanno già diventato dei robot. Per gli umanoidi è questione di tempo e scalatura di mercato per commercializzarle. I nostri robot sono già pensati in un’ottica di produzione con tecnologie a basso costo». I costi non sono ancora quelli di uno scooter. Oggi un robot come Ego costa intorno ai 50mila euro, ma si consideri che lo stesso robot qualche anno fa sarebbe costato diverse centinai di migliai di euro. Il mondo sta cambiando.

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