Il Pd prova a stoppare Del Ghingaro ma il sondaggio lo dà in testa a Lucca
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Braccio di ferro fra il sindaco di Viareggio e i vertici dem. Ma secondo la sua rilevazione è già al 42%
FIRENZE. Lui ha chiesto di ricucire forse aspettandosi l’ultimo strappo. E i dem, che a Lucca segretamente vorrebbero stracciare la tela di Re Giorgio, hanno promesso di continuare a tesserla in Versilia. Se cercava un pretesto, non l’ha trovato. Se pensava di costruirsi un movente con cui consegnare Viareggio a un commissario e giustificare, di fronte all’opinione pubblica, le dimissioni da sindaco della perla della Versilia per scalare la città murata, non potrà farlo con la complicità del Pd. Anzi, per ora il Pd semmai ha frenato la corsa di Giorgio Del Ghingaro verso le amministrative lucchesi.
Ieri il sindaco s’è presentato al quartier generale dei democratici toscani, in via Forlanini a Firenze, provando a siglare una tregua dopo la destituzione della vicesindaca dem Federica Maineri. «Se credete che ci siano i margini per ricompattare la maggioranza, io sono pronto a dialogare», è il senso delle parole di Del Ghingaro di fronte alla segretaria regionale Simona Bonafè, il coordinatore Emiliano Fossi e l’uomo macchina del partito tosano, Marco Simiani. «Bene, noi siamo disponibili a ricompattare la maggioranza a Viareggio, a fornirti un nome per la giunta, ma serve un percorso», precisa l’eurodeputata e leader dei dem toscani. Un incontro che sfiorerebbe la surrealtà se non fosse proprio Bonafè a chiarire che se c’è un nodo da sciogliere è quello sulla sua candidatura a Lucca. Perché ormai il tempo stringe. La data più probabile per il voto – scongiurato un prolungamento dell’emergenza Covid – è il 29 maggio, e Del Ghingaro sa bene che il Pd non rinnegherà mai le primarie che hanno incoronato Francesco Raspini, il vice questore di polizia da cinque anni assessore alla sicurezza di Alessandro Tambellini. Impensabile rimettere in discussione una candidatura suggellata da Enrico Letta.
«Ma per ora è impossibile anche dire quali siano le intenzioni di Giorgio, dalla sua risposta non l’abbiamo capito», filtra dal quartier generale dem. In realtà il sindaco sarebbe stato chiaro: o tornate in maggioranza o io corro a Lucca. Avrebbe lanciato un aut aut, insomma. Certo, se cercava l’incidente per far saltare il banco a Viareggio e uscire allo scoperto su Lucca non l’ha trovato in via Forlanini. Ma a Del Ghingaro potrebbe importare poco o niente. Dovrà costruire una “narrazione” politica con cui spiegare una sua possibile discesa in campo, ma già giovedì potrebbe annunciare di voler correre con un polo di liste civiche sganciate dai partiti. Proprio come fece al primo mandato a Viareggio dopo l’esperienza di Capannori. Per la città rivierasca significherebbe il quarto commissariamento in dieci anni, un anno di paralisi amministrativa, addio ai finanziamenti del Pnrr.
Ma a convincerlo c’è un sondaggio sulle intenzioni di voto commissionato a Yoodata che lo darebbe in netto vantaggio sui potenziali avversari. Appena 303 interviste, ma sintomo di un’onda che potrebbe crescere. Perché Del Ghingaro è dato al 42%, Raspini del Pd al 17%, il leghista Luca Leone, capo di gabinetto di Michele Conti a Pisa, quotato come possibile candidato del centrodestra, all’8%, anche se in realtà è già bruciato dalle liti interne post Quirinale fra Lega e Forza Italia. Il 33% non si è espresso per nessuno dei tre o potrebbe optare per l’astensione.
È vero, la rilevazione non pesa il mancato riconoscimento a Viareggio di città della cultura, e Italia Viva e Azione non catalizzerebbero grandi voti. Ma i numeri potrebbero convincerlo a puntare sul suo consenso personale. E perfino a lasciare sulla graticola i partiti fino a 30 giorni prima del voto, il termine per la presentazione delle liste. Non è un caso che il centrodestra stia aspettando le sue mosse per ufficializzare il nome.
Da giorni Fdi, Lega e Forza Italia si sarebbero ricompattati su Mario Pardini. Pupillo di Marcello Pera, non dispiace a Matteo Salvini, ma finora non aveva esaltato gli alleati. E col centrodestra aveva rotto avviando un dialogo con i centristi del terzo polo, proprio quelli che ora potrebbero convergere su Del Ghingaro. «Ma nessuno si muoverà finché non sapremo cosa deciderà Giorgio – racconta una fonte leghista – C’è chi, fra gli alleati, ha giocato male la partita. E ora se scende in campo lui rischiamo di non entrare neppure al ballottaggio. Il centrodestra rischia di uscirne spappolato».
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