Femminicidio di Altopascio, spunta un’ex convivente del muratore: «Mi ha fatto abortire e rotto un timpano»
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La drammatica testimonianza di una casalinga bolognese che aveva avuto una relazione con Luigi Fontana nel 1990
ALTOPASCIO. Una testimonianza choc resa in nome della vittima affinché possa ottenere giustizia. Una deposizione che rischia di modificare il quadro processuale e pone nuovi interrogativi sulla figura dell’imputato accusato del femminicidio di Maria Carmina Fontana, 50 anni, conosciuta come Carmela, massacrata il 28 maggio 2021 con due coltelli da cucina nella sua abitazione di via Enrico Fermi ad Altopascio dal marito reo confesso del delitto.
Il colpo di scena arriva alle 11,10 dopo che il presidente della Corte d’Assise, Nidia Genovese, aveva chiamato a parlare il maresciallo Marco Merini della stazione di Altopascio, il militare che per primo era entrato nella casa dell’orrore e aveva visto il cadavere. In aula entra una donna di piccola statura: 54 anni, casalinga, residente nella periferia di Bologna. É stata la convivente di Luigi Fontana, 54 anni, il muratore omicida. Lui è seduto in aula, accanto alla polizia penitenziaria e ai suoi legali, e ascolta impassibile la deposizione. «Oggi sono in quest’aula per Carmela: quello che è capitato a lei poteva succedere a me. Perché io per un anno e mezzo, dalla metà del 1989 alla fine del 1990, ho avuto una relazione e sono stata la convivente di Luigi Fontana. Un uomo violento, brutale, geloso al punto da pedinarmi. Un uomo che mi picchiava e che in un momento di rabbia mi ha percosso a mano aperta rompendomi un timpano. Ancora oggi porto l’apparecchio acustico all’orecchio sinistro e per quelle lesioni permanenti percepisco una pensione d’invalidità».
In aula c’è un silenzio assordante. Il presidente, il giudice a latere Michela Boi e i sei giudici popolari ascoltano senza interrompere la casalinga che, 31 anni dopo, ha avuto la forza di affrontare un’aula di tribunale per quella donna che non conosceva e che è morta per mano dello stesso uomo che la fece soffrire fisicamente e psicologicamente: «Mentre stava con me venni a sapere che si era fidanzato con Carmela. Gli imposi di scegliere. Lui prese tempo, ma intanto ero rimasta incinta. Quando glielo dissi andò su tutte le furie: mi costrinse ad abortire. C’eravamo conosciuti quando avevo 22 anni e lui lavorava come muratore per un’impresa che stava effettuando lavori in un ospedale di Bologna. Venne a vivere da me, ma dopo qualche mese iniziarono i litigi e le scenate. All’epoca mio figlio, avuto da una precedente relazione, aveva quattro anni e Luigi mi picchiava facendo attenzione che il bambino non fosse nei paraggi. Quando decisi di lasciarlo lui inizialmente non accettò la cosa. Una volta mi telefonò con la scusa che aveva dimenticato una giacca. Arrivato mi chiese un paio di forbicine e appena avute mi diede una forbiciata ai capelli in segno di disprezzo. Un’altra volta mi minacciò mettendo in funzione l’accendino e avvicinando la fiamma ai miei capelli. Ero giovane e terrorizzata: non ebbi il coraggio di denunciarlo. Quando dal Tg regionale dell’Emilia appresi la notizia decisi che dovevo raccontare l’inferno che avevo passato con quell’uomo e telefonai ai carabinieri di Altopascio».
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