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Il Tirreno
Апрель
2022

Energia, fonti rinnovabili e sviluppo tecnologico, così la Toscana gioca la sfida della sostenibilità

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Le concessioni per lo sfruttamento dell’energia geotermica in Toscana scadono nel 2024. Enel ha rilanciato con un progetto di investimento. Ce ne può parlare?

Emiliano Maratea: «Enel si approccia a tutti processi in maniera sostenibile. Cerchiamo di sviluppare i business della nostra società con strategie che abbiano una visione e che siano pensati insieme al territorio che ci ospita, in ottica di sostenibilità, per creare valore condiviso. La nostra scelta era e a maggior ragione in questa emergenza energetica resta la decarbonizzazione. In Italia puntiamo alla fuoriuscita dal carbone entro il 2027 in favore delle rinnovabili, che stiamo sviluppando nel nostro Paese e in tutto il mondo. La geotermia gioca un ruolo essenziale, soprattutto se consideriamo che la produzione toscana rappresenta il 92% dell’energia geotermoelettrica in Europa. Un numero importante che fa capire anche la qualità della nostra geotermia, non a caso il nostro know how è un modello in tutto il pianeta. Attualmente abbiamo 34 impianti dislocati tra le province di Pisa, Grosseto e Siena. A noi piace pensare ad un unico distretto: le peculiarità di questi siti sono uguali e hanno potenzialità importanti, facendo sistema siamo in grado di “fare scuola” nel mondo. Basti pensare che per la costruzione della centrale geotermica di Cerro Pabellon in Cile, nella regione di Antofagasta sull’altopiano andino a 4.500 metri di altezza, abbiamo coinvolto sapere, tecnologia, progettualità e operatività anche di aziende toscane. Ci sono importanti prospettive di sviluppo, per arrivare all’indipendenza energetica la geotermia può dare un contributo significativo, sia in termini elettrici sia termici con l’utilizzo del calore a partire dai teleriscaldamenti. Sono già 9 i Comuni geotermici teleriscaldati, questo significa abbattere per più del 50% il costo del riscaldamento domestico o aziendale ed evitare emissioni. Di qui a breve scadranno le concessioni, noi per quanto di nostra competenza siamo ovviamente pronti a fare investimenti per aumentare la produzione da fonte rinnovabile, in modo sostenibile e con benefici per tutto l’indotto, in sinergia con la Regione Toscana. La rete del vapore è ormai gestita e coltivata in modo intelligente, sia nell’estrazione che nella reiniezione nel sottosuolo, si tratta di un ciclo di economia circolare che rende la geotermia sostitutiva di emissioni naturali, sostenibile al 100%. Oggi, oltre alla maggiore efficienza degli impianti con i migliori standard ambientali, possiamo immaginare anche nuove centrali tra Piancastagnaio, Roccalbegna e altre zone. Per le aree geotermiche ci sono benefici importanti, a partire dal primo obiettivo della carbon neutrality, e poi tutte le ricadute locali perché la geotermia è un’energia a km 0, il 100% del processo dalla perforazione mineraria alla distribuzione del calore è italiano.

Dalle professionalità ai materiali tutto può essere ancor più ancorato al territorio, con una crescita delle aziende del distretto in sinergia con gli Enti locali. La geotermia è la vera sfida in Toscana, noi ci crediamo e portiamo avanti questa sfida insieme ai territori, per uno sviluppo armonico delle comunità locali, in un tempo in cui la transizione ecologica offre anche ulteriori opportunità come le comunità energetiche e le reti elettriche digitalizzati quali fattori abilitanti di tanti servizi».

Quali sono gli investimenti di Terna in Toscana? In che modo dialogate con le comunità locali?

Adel Motawi: «Il ruolo di Terna è fondamentale in questo momento storico di transizione energetica. Terna è il concessionario dello Stato per la trasmissione della rete elettrica, autostrade di energia che mettono in collegamento i luoghi di produzione con i distributori locali, che poi alimentano gli utenti finali. Nella logica della decarbonizzazione e della produzione da fonti rinnovabili, i grandi impianti si devono connettere alla rete, quindi va messa a sistema l’energia che tendenzialmente dai grandi bacini delle risorse provenienti dal sole e dal vento del Centro e Sud Italia va nel Nord Italia, dove ci sono i maggiori centri di consumo. Abbiamo un piano di investimenti molto importanti: il nostro piano di sviluppo prevede 18 miliardi di investimenti, abbiamo avuto un accelerazione del 30% rispetto all’anno precedente, un impegno importante per l’azienda. In Toscana abbiamo un piano industriale 2021/25 che prevede circa 700 milioni di investimento per l’impegno infrastrutturale. Il Sa.Co.I.3 prevede 800 milioni di investimento, un collegamento in corrente continua, cavo marino e terrestre, nuova tecnologia, grande efficienza; con due stazioni di conversione, una di queste è a Suvereto, in provincia di Livorno. Il rapporto con l’amministrazione comunale di Suvereto è ottimo, abbiamo avuto un approccio fondamentale, quella che noi chiamiamo "progettazione partecipata": i progetti non si fanno a casa, ma sul territorio. Dialogando con le amministrazioni, con le associazioni e con i cittadini. Utilizziamo uno strumento chiamato “Terna incontra”. L’amministrazione ci mette a disposizione una sala consiliare e noi dalla mattina alla sera incontriamo i cittadini, raccontiamo il progetto, raccogliamo indicazioni, creiamo un rapporto biunivoco. Tanto più il progetto va ad attuarsi, tanto più ci si confronta sulle evoluzioni progettuali. Questo ci ha permesso di stipulare un protocollo di intesa con il Comune di Suvereto e anche delle convenzioni per progetti di riqualificazione, compensativi, per riequilibrare gli impatti dell’opera, che comunque, essendo interrata, sono molto contenuti. Di fatto il disagio sul territorio lo si ha solo in fase di cantiere. Qualche mese e poi le cose diventano invisibili. A che punto siamo col procedimento? Siamo in autorizzazione: dopo un lungo percorso di concertazione, parlando con i cittadini, che rende la visione molto chiara. Abbiamo superato la valutazione d’impatto ambientale che è lo scoglio più duro. Questo progetto, pur Adel Motawi «Il ruolo di Terna è fondamentale in questo momento storico di transizione energetica. Terna è il concessionario dello Stato per la trasmissione della rete elettrica, autostrade di energia che mettono in collegamento i luoghi di produzione con i distributori locali, che poi alimentano gli utenti finali. Nella logica della decarbonizzazione e della produzione da fonti rinnovabili, i grandi impianti si devono connettere alla rete, quindi va messa a sistema l’energia che tendenzialmente dai grandi bacini delle risorse provenienti dal sole e dal vento del Centro e Sud Italia va nel Nord Italia, dove ci sono i maggiori centri di consumo. Abbiamo un piano di investimenti molto importanti: il nostro piano di sviluppo prevede 18 miliardi di investimenti, abbiamo avuto un accelerazione del 30% rispetto all’anno precedente, un impegno importante per l’azienda. In Toscana abbiamo un piano industriale 2021/25 che prevede circa 700 milioni di investimento per l’impegno infrastrutturale. Il Sa.Co.I.3 prevede 800 milioni di investimento, un collegamento in corrente continua, cavo marino e terrestre, nuova tecnologia, grande efficienza; con due stazioni di conversione, una di queste è a Suvereto, in provincia di Livorno. Il rapporto con l’amministrazione comunale di Suvereto è ottimo, abbiamo avuto un approccio fondamentale, quella che noi chiamiamo "progettazione partecipata": i progetti non si fanno a casa, ma sul territorio. Dialogando con le amministrazioni, con le associazioni e con i cittadini. Utilizziamo uno strumento chiamato “Terna incontra”. L’amministrazione ci mette a disposizione una sala consiliare e noi dalla mattina alla sera incontriamo i cittadini, raccontiamo il progetto, raccogliamo indicazioni, creiamo un rapporto biunivoco. Tanto più il progetto va ad attuarsi, tanto più ci si confronta sulle evoluzioni progettuali. Questo ci ha permesso di stipulare un protocollo di intesa con il Comune di Suvereto e anche delle convenzioni per progetti di riqualificazione, compensativi, per riequilibrare gli impatti dell’opera, che comunque, essendo interrata, sono molto contenuti. Di fatto il disagio sul territorio lo si ha solo in fase di cantiere. Qualche mese e poi le cose diventano invisibili. A che punto siamo col procedimento? Siamo in autorizzazione: dopo un lungo percorso di concertazione, parlando con i cittadini, che rende la visione molto chiara. Abbiamo superato la valutazione d’impatto ambientale che è lo scoglio più duro. Questo progetto, pur Adel Motawi «Il ruolo di Terna è fondamentale in questo momento storico di transizione energetica. Terna è il concessionario dello Stato per la trasmissione della rete elettrica, autostrade di energia che mettono in collegamento i luoghi di produzione con i distributori locali, che poi alimentano gli utenti finali. Nella logica della decarbonizzazione e della produzione da fonti rinnovabili, i grandi impianti si devono connettere alla rete, quindi va messa a sistema l’energia che tendenzialmente dai grandi bacini delle risorse provenienti dal sole e dal vento del Centro e Sud Italia va nel Nord Italia, dove ci sono i maggiori centri di consumo. Abbiamo un piano di investimenti molto importanti: il nostro piano di sviluppo prevede 18 miliardi di investimenti, abbiamo avuto un accelerazione del 30% rispetto all’anno precedente, un impegno importante per l’azienda. In Toscana abbiamo un piano industriale 2021/25 che prevede circa 700 milioni di investimento per l’impegno infrastrutturale. Il Sa.Co.I.3 prevede 800 milioni di investimento, un collegamento in corrente continua, cavo marino e terrestre, nuova tecnologia, grande efficienza; con due stazioni di conversione, una di queste è a Suvereto, in provincia di Livorno. Il rapporto con l’amministrazione comunale di Suvereto è ottimo, abbiamo avuto un approccio fondamentale, quella che noi chiamiamo "progettazione partecipata": i progetti non si fanno a casa, ma sul territorio. Dialogando con le amministrazioni, con le associazioni e con i cittadini. Utilizziamo uno strumento chiamato “Terna incontra”. L’amministrazione ci mette a disposizione una sala consiliare e noi dalla mattina alla sera incontriamo i cittadini, raccontiamo il progetto, raccogliamo indicazioni, creiamo un rapporto biunivoco. Tanto più il progetto va ad attuarsi, tanto più ci si confronta sulle evoluzioni progettuali. Questo ci ha permesso di stipulare un protocollo di intesa con il Comune di Suvereto e anche delle convenzioni per progetti di riqualificazione, compensativi, per riequilibrare gli impatti dell’opera, che comunque, essendo interrata, sono molto contenuti. Di fatto il disagio sul territorio lo si ha solo in fase di cantiere. Qualche mese e poi le cose diventano invisibili. A che punto siamo col procedimento? Siamo in autorizzazione: dopo un lungo percorso di concertazione, parlando con i cittadini, che rende la visione molto chiara. Abbiamo superato la valutazione d’impatto ambientale che è lo scoglio più duro. Questo progetto, pur essendo in corrente continua, rappresenta un potenziamento, della linea già esistente Sa.Co.I.2, e come tale è sottoposto alla valutazione dei limiti d’impatto ambientale. Abbiamo fatto un pre-screening col ministero, la valutazione si è conclusa positivamente e a breve riaprirà la conferenza dei servizi, si raccoglieranno tutti i pareri, tra cui quelli di carattere urbanistico da parte dei Comuni e poi si arriverà all’intesa della Regione. Successivamente ci sarà la firma del decreto da parte del ministro della transizione ecologica. Quindi abbiamo fatto l’80% del percorso. Questo consentirà di mettere in collegamento la Sardegna con la Toscana, con Piombino come punto di approdo. Fatto che permette di mettere in sicurezza la rete elettrica: abbiamo una Sardegna in forte evoluzione in tema di produzione di fonti rinnovabili, e la Toscana come elemento di assorbimento, con le infrastrutture che rappresentano una garanzia della continuità di alimentazione per la fornitura di energia».

Energia e ambiente: Iren punta sulla Toscana, in particolar modo nel Grossetano. Può illustrare i progetti che avete in cantiere?

Eugenio Bertolini: «Quello a Scarlino è l’investimento più significativo che faremo in Toscana come gruppo, almeno nell’arco di questo piano industriale. Da circa un anno e mezzo, attraverso l’acquisizione della divisione ambiente di Unieco, siamo presenti in regione nel ciclo integrato dei rifiuti, soprattutto nel sud della Toscana. È stato ricordato il tema della partecipazione: la condivisione e il dialogo sono aspetti fondamentali quando si portano dei progetti industriali sui territori, in questo caso in ambito ambientale, e corrisponde a un modus operandi che Iren persegue in tutte le aree in cui opera. Questo a volte può condurre a un cambio di prospettiva: nel caso specifico di Scarlino abbiamo ereditato una situazione in cui la contrarietà al termovalorizzatore era espressa in maniera forte e direi da tutte le parti sociali, e anche le amministrazioni locali erano in qualche modo contrarie a una prima ipotesi progettuale, per la realizzazione di un termovalorizzatore di nuova tecnologia, lontano da quello preesistente, risalente a oltre trent’anni fa. Ci sono state inoltre scelte regionali che hanno spinto verso un’altra tecnologia per la gestione del rifiuto indifferenziato, indirizzando verso tecnologie waste to chemical come alternativa alla termovalorizzazione. Va detto che siamo in un contesto in cui le percentuali di raccolta differenziata arrivano fino all’80%, per cui il tema dello smaltimento della frazione indifferenziata è, ormai, marginale. Il tema centrale è ora quello di rendere i territori il più possibile autosufficienti nel ciclo integrato dei rifiuti, ossia per quanto riguarda il trattamento del materiale della raccolta differenziata, con l’obiettivo di generare un sistema virtuoso di economia circolare. Il progetto che abbiamo presentato per Scarlino va in questa direzione: prevediamo di installare in un sito a vocazione industriale alcune tipologie di impianti per il riciclo. Rigeneriamo l'area, con la possibilità di portare benefici sotto il profilo ambientale, economico, occupazionale. Dopo una valutazione di quelle che secondo noi erano le debolezze impiantistiche a livello regionale ci siamo concentrati su tre filoni. Il primo è quello del legno: ogni anno dal sistema industriale della Toscana vengono raccolte 100mila tonnellate di scarti di legno, che oggi devono essere trasportate fuori regione per essere smaltite. Noi contiamo di intercettare questo mercato locale per realizzare un nuovo impianto per la produzione di pallet completi, che potranno anche essere riutilizzati dalle aziende locali. La seconda filiera è quella delle plastiche: di quelle conferite nei cassonetti il 50% viene recuperato come polimero vergine, il restante 50% ha invece necessità di un filone di recupero attualmente poco sviluppato. Noi a Scarlino ci concentreremo su questa parte della plastica, detta plasmix, recuperandola attraverso una tecnologia che abbiamo sviluppato e che permette di realizzare un polimero utilizzato nell’industria siderurgica. Abbiamo inoltre valutato l’utilizzo del pulper di cartiera: se lo scarto del pulper oggi finisce a recupero energetico e in discarica, noi stiamo lavorando ad accordi con le aziende toscane per ritirarlo e trasformarlo, al pari del plasmix, in un prodotto utilizzato all’interno delle acciaierie come agente riducente in sostituzione del carbone». La terza filiera è quella del trattamento fanghi: anche su quella in Toscana non c’è al momento autosufficienza regionale, e lo smaltimento si fa in Lombardia. Noi abbiamo sviluppato una tecnologia capace di portare a una conclusione del ciclo: un trattamento che consentirà di trasformare un problema in un prodotto».

Il rigassificatore di Olt Offshore Lng Toscana nel mare di Livorno: può essere incrementato il contributo che quest’impianto fornisce al soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale?

Giovanni Giorgi: «Siamo nati come start up, e oggi siamo proprietà di due grandi società, Snam, proprietaria della rete nazionale gas e stoccaggio, e un grosso fondo di investimento anglo australiano. L’impianto di Olt Offshore Lng Toscana sta funzionando alla massima capacità ormai da inizio anno. Nel 2019 e 2020, siamo stati uno dei terminali più utilizzati in Europa, la nostra capacità copre il fabbisogno del 5% in Italia, più o meno il fabbisogno toscano. Stiamo lavorando una nave alla settimana. Navi provenienti da ogni parte del mondo. Abbiamo un impianto che ci permette di correggere il potere calorifero del gas che riceviamo da ogni paese produttore di Gnl (gas naturale liquefatto), ampliando la scelta dei possibili fornitori. Anche dagli Stati Uniti che stanno diventando uno dei più grandi esportatori al mondo di Gnl. In questa fase di guerra stiamo studiando come poter incrementare il numero di navi da ricevere, cambiando la logistica, e contiamo a breve di presentare la nostra proposta al governo. Ci aspettiamo inizialmente un margine di crescita del 10/15%, come quello di tutte le infrastrutture europee che stanno proponendo di incrementare la capacità. Nel frattempo abbiamo iniziato le modifiche su parti del terminale per poter scaricare il Gnl su piccole bettoline, che potranno a loro volta rifornire depositi costieri all’interno dei porti, o direttamente navi da crociera abbattendo le emissioni in aria di CO2; oppure portare il Gnl in Sardegna per permettere nell'isola la creazione di una rete di stoccaggi costieri e gasdotti. Così che la Sardegna possa utilizzare il metano per usi civili o per eventuali centrali convertite. Dal punto di vista gestionale mi preme sottolineare che il nostro obiettivo primario è operare in sicurezza, sia delle persone che lavorano nel terminale, sia di tutto quello che ci circonda, anche se siamo lontani dalla costa. Questo è il messaggio che ogni giorno trasferiamo a tutto il nostro personale. Sulle politiche ambientali, da tempo abbiamo iniziato un processo per studiare come decarbonizzare le nostre emissioni, già basse. Alcuni esempi: abbiamo acquistato lampade a basso consumo, che sostituiranno quelle presenti in tutto il terminale, così come sono state apportate modifiche ad alcune pompe per migliorarne l’efficienGiovanni Giorgi: «Siamo nati come start up, e oggi siamo proprietà di due grandi società, Snam, proprietaria della rete nazionale gas e stoccaggio, e un grosso fondo di investimento anglo australiano. L’impianto di Olt Offshore Lng Toscana sta funzionando alla massima capacità ormai da inizio anno. Nel 2019 e 2020, siamo stati uno dei terminali più utilizzati in Europa, la nostra capacità copre il fabbisogno del 5% in Italia, più o meno il fabbisogno toscano. Stiamo lavorando una nave alla settimana. Navi provenienti da ogni parte del mondo. Abbiamo un impianto che ci permette di correggere il potere calorifero del gas che riceviamo da ogni paese produttore di Gnl (gas naturale liquefatto), ampliando la scelta dei possibili fornitori. Anche dagli Stati Uniti che stanno diventando uno dei più grandi esportatori al mondo di Gnl. In questa fase di guerra stiamo studiando come poter incrementare il numero di navi da ricevere, cambiando la logistica, e contiamo a breve di presentare la nostra proposta al governo. Ci aspettiamo inizialmente un margine di crescita del 10/15%, come quello di tutte le infrastrutture europee che stanno proponendo di incrementare la capacità. Nel frattempo abbiamo iniziato le modifiche su parti del terminale per poter scaricare il Gnl su piccole bettoline, che potranno a loro volta rifornire depositi costieri all’interno dei porti, o direttamente navi da crociera abbattendo le emissioni in aria di CO2; oppure portare il Gnl in Sardegna per permettere nell'isola la creazione di una rete di stoccaggi costieri e gasdotti. Così che la Sardegna possa utilizzare il metano per usi civili o per eventuali centrali convertite. Dal punto di vista gestionale mi preme sottolineare che il nostro obiettivo primario è operare in sicurezza, sia delle persone che lavorano nel terminale, sia di tutto quello che ci circonda, anche se siamo lontani dalla costa. Questo è il messaggio che ogni giorno trasferiamo a tutto il nostro personale. Sulle politiche ambientali, da tempo abbiamo iniziato un processo per studiare come decarbonizzare le nostre emissioni, già basse. Alcuni esempi: abbiamo acquistato lampade a basso consumo, che sostituiranno quelle presenti in tutto il terminale, così come sono state apportate modifiche ad alcune pompe per migliorarne l’efficienza e quindi i consumi. L’obiettivo generale, in tema ambientale, è comunque quello di studiare come ridurre sempre di più la nostra impronta carbonica».

Sviluppo sostenibile: se ne parla molto, ma non tutti sanno esattamente cosa si intende. Può illustrarci il concetto e lo scenario in cui si colloca?

Marco Raugi: «Non tutti sanno cosa si intende per sviluppo sostenibile, è un’idea che parte da lontano. La prima definizione risale al 1987, in ambito Nazioni Unite. Il documento attuale sul quale si ragiona per indicarlo è la cosiddetta Agenda 2030, risoluzione delle Nazioni Unite che è stata adottata all’unanimità. Qui vengono definiti diciassette obiettivi che inquadrano gli aspetti della vita sociale, economica e ambientale. È importante sapere che quando si parla di sviluppo sostenibile non si parla soltanto di clima. Certe volte c’è la tendenza a sovrapporre i due principi. Lo sviluppo sostenibile è un equilibro tra le tre dimensioni, riassunte in questo documento attraverso 5 P: persone, pianeta, prosperità, pace e partenariato. La collaborazione tra tutti gli Stati del mondo: mettendo questo in discussione tutto va in crisi. Nel 2015 (anno in cui fu sottoscritta l’Agenda 2030, ndr) la globalizzazione veniva data come elemento scontato: mercato libero delle merci, collaborazione tra paesi specializzati nella produzione di beni diversi. Di fronte agli scenari attuali, dove si formano blocchi a livello geopolitico, anche la globalizzazione va ripensata e dobbiamo cominciare a guardare oltre l’energia. Perché le materie prime sono delocalizzate e raggiungere il traguardo dell’autosufficienza anche da questo punto di vista è importante. Sappiamo che sono questioni che non si risolvono in tempo breve, ma se non si comincia a marciare nella giusta direzione non si arriva mai. Questo è un primo elemento di riflessione che pongo. È importantissimo saper valutare correttamente in un sistema che vive di incertezze: perché incerto è il sistema e lo sono anche le politiche degli Stati che vivono degli andamenti delle classi di governo. Non esiste una soluzione unica, precisa, ben definita di come raggiungere gli obiettivi prefissati e quindi si deve procedere per tentativi. Che il punto di arrivo sia l’autosufficienza energetica, è sicuro. Lo vediamo oggi: essere dipendenti pone un limite. È una questione da affrontare in modo accurato. Per raggiungere autonomia energetica è necessario, dato che il nostro paese e i vicini non hanno fonti primarie, passare dalle rinnovabili. Ma oggi le rinnovabili non sono in condizione di garantire tutto quello che riusciamo a produrre come energia attraverso l’uso delle fonti fossili: gas e petrolio. E qui si apre il fronte dei trasporti. Quanto è importante l'elettrificazione dei trasporti? Importantissima, perché si mette in condizione quel comparto di poter essere alimentato attraverso le fonti rinnovabili. La Toscana è fortunata perché ha la geotermia che non si trova ovunque, tuttavia la geotermia non è sufficiente per soddisfare i bisogni richiesti dal benessere della regione. E dobbiamo porci il problema di cosa sia davvero necessario. Le comunità energetiche sono uno strumento di formazione della cittadinanza alla responsabilità nei consumi di energia. Nel momento in cui anche i cittadini devono valutare il rapporto costi benefici, tra il consumo di energia e i bisogni della comunità, i cittadini stessi diventano protagonisti, capaci di poter decidere i consumi veramente necessari. La qualità della vita non si misura solo economicamente. Ed è evidente che consumare energia oltre un certo livello non la migliora. Si prevedeva che i costi dell’energia restassero bassi, oggi non è più così e occorre riflettere. I prezzi dell’energia sono cominciati a salire prima della guerra. Se l’energia fossile aumenta i costi, quelli delle rinnovabili diventano competitivi. La decarbonizzazione è decisiva. Se si decarbonizza non si ha più bisogno di approvvigionarsi al di fuori, dalle fonti fossili. L’elettrificazione è la via maestra per consentire ad una area geografica come l’Europa di poter produrre senza aver bisogno. Così anche su scala ridotta fino alla provincia».

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