“Enrico Berlinguer, l’ultimo leader”: la presentazione del libro a Livorno. Tra ricordi, aneddoti e riflessioni
LIVORNO. Il comizio del luglio 1975 in una piazza della Repubblica stracolma, nel cuore di Livorno. Il lancio ufficiale dell’Eurocomunismo, in compagnia del segretario comunista spagnolo Santiago Carrillo. O il comizio di Tirrenia, nel settembre del 1982, di fronte a una folla oceanica e un mare di applausi. Frammenti di Enrico Berlinguer che sono stati ripercorsi e ricordati – insieme a tanti altri aneddoti – nella mattina di venerdì 20 maggio nella sala conferenze de Il Tirreno, a Livorno, in viale Alfieri, in occasione della presentazione di “Enrico Berlinguer, l’Ultimo leader”, libro – realizzato grazie al contributo di Giovanni Gelsomino - che fa parte del progetto editoriale diretto da Gianni Giovannetti. È in edicola come supplemento del giornale Il Tirreno, edito da Sae.
“Enrico Berlinguer, l’Ultimo leader” è una rievocazione a 100 anni dalla nascita di uno degli uomini politici più amati e rimpianti della recente storia italiana, dove l’analisi politica si intreccia con un ricordo originale dell’uomo e del suo rapporto con la famiglia, gli amici, la sua terra natale e le sue passioni. Berlinguer è stato un innovatore scomodo, protagonista del suo tempo in Italia e nel mondo, un uomo capace di guardare lontano, di rompere gli schemi, pur rimanendo fedele ai suoi ideali e coltivando un umanesimo etico che ancora oggi anima la dignità della politica. Non è un caso che di lui c’è nostalgia, anche tra le giovani generazioni. Attraverso i contributi di chi lo amato e delle figure di spicco della politica italiana, dai racconti dei familiari e dei personaggi pubblici, il libro restituisce un Enrico Berlinguer inedito, con il suo sguardo di padre, i ricordi privati, gli svaghi fino alle grandi battaglie politiche. Fin da giovanissimo, Berlinguer respira l’aria dei grandi ideali che spingono l’Italia nell’immediato dopoguerra. Frequenta il liceo Azuni che ha visto studiare anche Togliatti e Cossiga, entra a far parte del gruppo dirigente del partito comunista e a ventotto anni è segretario nazionale della Federazione giovanile del partito. Nel volume “l’Ultimo leader” si ripercorrono le prime scelte importanti di Berlinguer attraverso le testimonianze dei politici che lo affiancarono ma si tratteggia anche l’uomo con il racconto della figlia Bianca. “Comunista di lotta e di governo” come lo definiscono i curatori del libro “il pensiero di Enrico Berlinguer è oggi più che mai attuale. La questione morale è una grande questione politica, indispensabile per trasformare la società italiana”.
IL SINDACO: “UNA FIGURA CHE RAPPRESENTA LA BELLA POLITICA DI UN TEMPO”
Così il sindaco di Livorno, Luca Salvetti. «Prima di tutto voglio sottolineare la bellezza di tornare agli eventi in presenza, come quello organizzato da Il Tirreno per presentare il libro su Berlinguer, che offre degli spunti molto interessanti. Stiamo parlando di un uomo che ha rappresentato la bella e buona politica di un tempo, e di questo siamo estremamente tutti convinti. Ma emergono anche degli interrogativi, perché se diciamo che Berlinguer è stato l’ultimo vero leadre della sinistra, dobbiamo chiederci cosa è successo dopo la sua scomparsa. Sta lì la chiave di volta per capire come la sinistra in Italia deve riorganizzarsi, per dare al Paese e ai territori una guida basata sui valori di solidarietà, fratellanza, aiuto e comunità. I veri valori della sinistra, di cui necessitiamo per creare un futuro migliore».
GIANNI GIOVANNETTI: “PERCHÈ ABBIAMO SCELTO QUESTO TITOLO”
Gianni Giovannetti spiega come è stato scelto il titolo del libro. «Abbiamo pensato a lungo al titolo da dare al libro, e secondo me quello che abbiamo scelto coglie pienamente l’essenza del nostro lavoro. "L’ultimo leader" non solo perché Berlinguer è stato il segretario del più grande partito comunista d’occidente, non solo perché nelle elezioni del 1975-76 quel partito ha raggiunto la Democrazia Cristiana, che da sempre è stato il primo partito schieramento politico del Paese, ma perché era anche un riferimento popolare forte. La politica di Berlinguer si incarnava anche nei suoi comportamenti. Berlinguer dava l’esempio».
MONSIGNOR RAZZAUTI: “UN UOMO ONESTO E PROFETICO”
Presente nella sala conferenze di viale Alfieri, anche monsignor Paolo Razzauti, vicario episcopale per la città di Livorno. «Ricordare Berlinguer è un dovere e un onore, è stato un uomo onesto, retto e profetico, che ha saputo guardare al di là del momento, aprendo nuovi orizzonti, ricordarlo è fare memoria».
JARI DE FILICAIA: “QUELLA FESTA DEL 1982 A TIRRENIA”
Sceglie di condividere un ricordo personale Jari De Filicaia, presidente della cooperativa Uniport Livorno. «Il primo ricordo che ho di Berlinguer è alla festa dell’Unità del 1982, a Tirrenia. Mi ricordo che ero ragazzino, c’era una distesa di persone clamorosa. Seguii il comizio dalle spalle di mio padre, avevo solo 6 anni. Un ricordo bellissimo, che poi ho ritrovato quando ho preso la mia prima tessera del partito, nella circoscrizione porto, sul cui sfondo c’era l’immagine di Berlinguer sul palco a Tirrenia. Erano momenti in cui i portuali facevano la scorta, erano la parte di sicurezza più importante quando il segretario del partito comunista veniva a Livorno».
CLAUDIO FRONTERA: “HA LASCIATO QUALCOSA CHE VA AL DI Là DELLA SUA EPOCA”
Un’analisi di cosa ha rappresentato Enrico Berlinguer per il nostro Paese arriva dall’ex presidente della Provincia di Livorno e blogger, Claudio Frontera. «Berlinguer è una figura importante di un’epoca e di un mondo, che però ha lasciato qualcosa che va oltre la sua epoca e il suo mondo. Qualcosa che noi ritroviamo nella figura di una persona che era affidabile, che non deludeva, e per questo era amata non solo dal suo polo, ma da un’ampia gamma di prsonalità e cittadini. Io l’ho conosciuto da vicino in più occasioni. Il suo passaggio più importante da Livorno è stato senza dubbio quello del 1975 in piazza della Repubblica, in occasione del comizio con il segretario comunista spagnolo Santiago Carrillo. La gente arrivava fino a quasi la metà di via Grande. Un fiume di gente che ascoltava un discorso serio e importante. Non era un comizio vero e proprio, ma una riflessione che lanciava l’eurocomunismo, ovvero la scelta definitiva di distacco dalla tutela sovietica. Berlinguer scelse una strada europea».
EMANUELE ROSSI: “LA SUA CAPACITÀ DI INVERTIRE LA ROTTA”
Questa la riflessione di Emanuele Rossi, costituzionalista della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. «Della vicenda storica di Enrico Berlinguer sono sempre rimasto colpito dalla sua capacità di invertire la rotta, dal suo coraggio. Sia quando andando in Unione Sovietica rinnegò la dipendenza del Partito Comunista Italiano da Mosca, sia quando ha saputo travalicare i tradizionali steccati dei rapporti tra comunisti e cattolici, cercando di andare verso quella prospettiva del compromesso storico con la Democrazia Cristiana di Aldo Moro».
MAURIZIO PAOLINI: “QUELLA FRASE CHE NON DIMENTICHERÒ”
Tra gli interventi nel corso dell’evento organizzato in viale Alfieri, anche quello di Maurizio Paolini, ex dirigente della Federazione Giovanile Comunista Italiana. «Faccio parte di quella generazione di giovani cresciuti con le parole di Berlinguer. Ricordo in particolare, nel 1977, all’assemblea degli studenti medi, a Roma, la frase che Berlinguer disse invitandoci all’evento. “Entrate e cambiateci”. Questo io credo sia stato l’elemento che ha spinto migliaia di giovani ad aderire al Partito comunista, trascinati dall’elemento di innovazione e dalla sensazione di rinnovamento che trasmetteva Berlinguer. Memorabile la sua intervista sulla moralità della politica».
DARIO FATTORINI: "ABBIAMO TAPPEZZATO COLLESALVETTI CON I MANIFESTI DI BERLINGUER"
Dario Fattorini, promotore culturale, racconta un aneddoto curioso: «Dieci anni fa, a Collesalvetti, in occasione dei 90 anni di Enrico Berlinguer, insieme ad altri giovani abbiamo tappezzato il paese con alcuni manifesti che recavano la scritta "Berlinguer 90". Un gesto goliardico, ma che vuole trasmettere un segnale. Berlinguer è riuscito a restare impresso alle generazioni future, che si sono avvicinate alla politica ben dopo la sua morte».