La mappa della filiera del marmo. «Qui c’è il futuro del lapideo»
![La mappa della filiera del marmo. «Qui c’è il futuro del lapideo»](https://iltirreno.gelocal.it/image/contentid/policy:1.41482401:1654092673/image.jpg)
Incontro al “Tacca” di Carrara organizzato dal Tirreno e Confindustria. Le imprese del settore agli studenti: «Scuola d’eccellenza, siate i migliori»
CARRARA. Più che una scuola sembra un museo, o quanto meno un laboratorio artistico. La polvere di marmo a terra, i suoni tipici degli attrezzi del mestiere, le opere come quegli alberelli marmorei fatti con materiale cosiddetto di scarto che traducono parte del lavoro: poi un calendario fitto d’impegni e anche di mostre. Lo dice subito d’altronde la dirigente scolastica Ilaria Zolesi dell’istituto “Pietro Tacca” di Carrara: «Siamo la “Vespucci” del marmo». Un’imbarcazione, quella scuola del marmo carrarese, che però fatica a salpare di slancio, come dimostrato dal numero complessivo degli iscritti (siamo sulla cinquantina, spiegherà, in totale, con 19 nel biennio).
E allora gli addetti ai lavori partono proprio da lì, da quella scuola del marmo che nella città del lapideo dovrebbe avere di fronte il tema opposto, in termini di numeri: capire le ragioni, perché il settore cresce, il brand che lega le parole Carrara e lapideo è conosciuto in tutto il mondo, e quindi sono necessari profili per il futuro. E l’idea di lasciare il messaggio, far conoscere contesto, direzioni e scenari di un comparto agli studenti del “Tacca” sono stati tutti aspetti al centro del quinto incontro (parlando della provincia apuana) del progetto sull’orientamento professionale organizzato da Il Tirreno in collaborazione con Confindustria Livorno Massa Carrara: “Filiere e territorio”, il titolo che condensa il famoso e simbolico “ponte” tra la scuola e il mondo del lavoro in un momento cruciale. Ogni incontro, imprenditori di un settore pronto a dialogare con gli indirizzi dell’istituto scolastico. Dal tessuto economico e imprenditoriale della zona fino ai profili maggiormente richiesti nel mondo del lavoro, passando per sostenibilità aziendale e ambientale e l’importanza delle materie e dei corsi “Stem”, acronimo che condensa gli indirizzi scientifico-tecnologici. E ovviamente al “Tacca” per il “capitolo” dedicato al lapideo ecco Bernarda Franchi, dell’omonima azienda e presidentessa della Fondazione marmo onlus, Matteo Venturi, presidente della delegazione apuana della Confindustria, Andrea Luciani, imprenditore dell’azienda carrarese Elle marmi, che si occupa dell’intera filiera della lavorazione della pietra, e Lodovica Lazzerini (Confindustria). Prima, vista la tipologia della scuola, l’inedito tour, tra la tecnica tradizionale a suon di punti e compasso, anche se la richiesta che arriverà a chiosa dalla scuola è quella di un robot per quell’aspirazione «di dotarsi di un’attrezzatura più moderna perché il “mondo nuovo” è questo» (dirigente scolastica dixit). Innovazione, tecnica e tradizione, con il marmo a far da fil rouge. Poi dopo la visita e le prime questioni al centro dell’incontro, si passa tra i banchi di scuola, in classe con di fronte soprattutto studenti delle classi quinte e quindi a poche settimane dalla maturità. Si parte dal capitolo formazione, inevitabilmente, con l’opportunità degli Istituti di specializzazione tecnica (www.itstoscani.it), post-diploma: sette in Toscana suddivisi per argomento e della durata di due anni; rivolto, dopo al diploma appunto, a ragazze e ragazzi dai 18 ai 30 anni; il biennio è in collaborazione con enti, aziende, centri, istituzioni, tra 1200 ore in classe e 800 di stage per affinare quelle competenze tecniche necessarie. All’orizzonte però proprio un percorso di questi da calibrare e declinare all’ombra delle Apuane. Vari, d’altronde, i corsi sul quale lavorare e che emergono dall’incontro, come il percorso per diventare capo-cava, oppure quello per installare gli impianti legati alla lavorazione del settore marmifero. E così, tra i banchi, chi sogna un futuro come capo-cava («perché quando vedo i Ponti di Vara rimango bloccato dall’emozione», rivela), chi ha già deciso che applicherà i suoi studi fatti alla scuola del marmo ad altri ambiti (la psicologia), c’è poi chi proseguirà verso l’Accademia e ci sono quelli che lavoreranno nei laboratori per continuare una tradizione familiare, ma non solo. Poi spazio agli esempi, alle storie. «Tra i tabù da sfatare, c’è quello che questo settore sia esclusivamente maschile: ho lavorato in segheria, mi piaceva, mi sono sempre interessata e mi ha aiutato a capire il percorso, l’intera filiera. Mi piacerebbe che la scuola del marmo fosse il fiore all’occhiello, come l’Accademia di Belle Arti: perché qui ci sono gli artisti e le maestranze del futuro, poi sarà necessario avere addetti per il ricambio generazionale in cava», commenta Franchi. «Dobbiamo prepararci all’aumento della lavorazione in loco (il minimo del 50% come sancito dal regolamento degli agri marmiferi comunali ricalcando le leggi regionali, ndr): questa scuola dovrebbe essere frequentata dal triplo degli studenti, almeno», fa notare poi Luciani. Un tema che riprende prontamente il vertice della Confindustria apuana Venturi, dopo aver ricordato l’importanza di alcune competenze, tra cui la conoscenza delle lingue straniere (inglese e spagnolo, su tutte), senza dimenticare la passione per ciò che si fa. E arriva poi alla chiosa: «Il marmo si può declinare nella scultura, nell’arte, nella lavorazione dalla cava al piano, passando per l’innovazione e per il design: come fare per cambiare la mentalità d’approccio, la “reputation” all’istituto e far aumentare gli iscritti? Uscite da qui e siate i migliori».l
© RIPRODUZIONE RISERVATA