Gaddo della Gherardesca ricorda il fratello Manfredi: «Era una cometa brillante. Eravamo diversi, ma uniti»
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Le parole cariche di commozione dopo la tragedia: «La sua compagnia era preziosa, lascia un immenso vuoto che nessuno può colmare se non Dio. Il carattere inaspettato della sua partenza ci deve indurre a riflettere e a prepararci, non c’è felicità duratura e perfetta quaggiù ma solo in cielo con la pace dell’anima»
CASTAGNETO. Un abbraccio sereno e intimo quello riservato all’ultimo saluto a Manfredi della Gherardesca, il Conte che amava la cultura, l'arte in tutte le sue forme e la musica. Eclettico, poliedrico, riservato, di grande fede e con un cuore grande. E sempre con il piglio fiero della casata che rappresentava. Il più giovane tra Gaddo e Sibilla, il più cosmopolita.
«L’ultimo signore rinascimentale», come lo ha definito il fratello Gaddo in un intervento a fine messa ricco di commozione e con l’immancabile ironia che lo contraddistingue. Una chiesa calda quella che ha accolto il feretro, festeggiata da un tripudio di rose bianche e rosse e dalla foto di Manfredi, che si adagiava sulle panche della chiesa, un omaggio per gli amici, i parenti, tutte le persone che lo hanno salutato per l’ultima volta ieri nella chiesa di famiglia, San Lorenzo a Castagneto Carducci. Una messa in italiano con padre Giorgio e in inglese con Rudolph, monaco domenicano. «Siamo qui da qualche anno come tutti sanno – ha detto il conte Gaddo della Gherardesca salutando a fine rito il fratello – Chi era Manfredi? È molto difficile raccontarlo, essendo morto a 61 anni vuol dire che ne aveva già vissuti almeno 120. È nato che avevo 12 anni e abbiamo vissuto vite complementari, eravamo profondamente diversi ma con questo filo di sangue che ci univa. Io tornavo dalle cacciate e lui mi parlava di teatro. Tornato dal collegio sono andato a Milano, lui nel frattempo si era trasferito a New York e mi arrivavano racconti fantastici che poi ho vissuto in prima persona qui a Castagneto. La nostra casa infatti era popolata da gente che arrivava da tutto il mondo, con le valigie in cerca di una camera. Lui si dimenticava di chi aveva invitato (ride, ndr) … ne ha sempre invitati troppi… Io ho vissuto con lui, nella sua dimensione e per rendervi bene l’idea, pensate come se foste nati a Hollywood. Ho visto il cinema. Era un uomo che ha attraversato la vita con intelligenza, gusto, coraggio, molto coraggio. E con quella leggerezza che piaceva a tutti. Qui a Castagneto ci siamo dati molto da fare per il restauro del Castello, dal 1994, io con i miei fratelli e con la collaborazione e presenza assidua del comune. La memoria di mio fratello ora passa ai suoi figli che vivono a Londra, parlano inglese ma sono dei della Gherardesca, ed esserlo è una responsabilità, mi raccomando ricordatevi vostro padre. Lo spirito di Manfredi resterà nella memoria di tutti noi, vedo tra di voi tanti suoi amici cari, che gli sono sempre stati accanto partecipando alla sua vita movimentata e alle sue idee. La morte ci toglie il fisico ma ci lascia lo spirito, e il suo aleggerà in questa casa a lungo. Vi ringrazio». «Forza di carattere, bontà e generosità caratterizzavano Manfredi – ha detto il monaco durante l’omelia –. Manfredi era una cometa brillante, la sua compagnia era preziosa, lascia un immenso vuoto che nessuno può colmare se non Dio. Il carattere inaspettato della sua partenza ci deve indurre a riflettere e a prepararci, non c’è felicità duratura e perfetta quaggiù ma solo in cielo con la pace dell’anima».