L’ex attaccante del Chievo ha iniziato una sorta di seconda carriera proprio grazie al tecnico scelto dal Pisa per riprovare l’assalto al paradiso
PISA. Se c'è una squadra che più di tutte ha segnato la carriera del nuovo condottiero nerazzurro Rolando Maran quella è, decisamente, il Chievo Verona. Prima da difensore, quando dal 1986 al 1995 ha contribuito alla scalata del piccolo quartiere scaligero dalla C2 alla B, poi da allenatore, arrivato in corsa nel 2014 prendendo il posto di Eugenio Corini.
Non era facile rilanciarsi dopo la seconda difficile stagione a Catania ma il tecnico del Pisa ha centrato tre salvezze rilanciando giocatori di grande esperienza. Primo tra tutti un simbolo del Chievo come Sergio Pellissier che proprio Maran è riuscito a gestire nel modo giusto. Un po' come faceva la Juventus con José Altafini a fine carriera. E proprio Pellissier, che sotto la Torre ha esordito e segnato un gol la maglia della Nazionale, il 6 giugno 2009 nel 3-0 all'Irlanda del Nord, oggi racconta i suoi anni agli ordini dell’allenatore che vuol riportare il Pisa in Serie A. «L'impatto fu subito molto buono – spiega Pellissier – chiese un po' di consigli a chi faceva parte del gruppo da tempo, inoltre era un ambiente che conosceva bene per averci giocato tanti anni. Conosceva già tutti in società e si è inserì bene. Dopo un attimo di assestamento facemmo un ottimo girone di ritorno conquistando la salvezza».
Che tipo di allenatore è nel rapporto coi giocatori?
«Imposta lui e gradisce giustamente che si metta in pratica ciò che ti chiede. È autoritario al punto giusto perché sa ascoltare i calciatori pur portando avanti le sue idee».
Si può dire che Maran ha contribuito in modo importante alla parte finale della sua carriera?
«In quel periodo con Corini, ero stato messo in disparte. Quando Maran è arrivato non mi aveva preso in considerazione, poi un passo alla volta mi ha iniziato a dare fiducia. Io sono stato bravo a ritagliarmi il mio spazio ma lui ha creduto in me. E questo glielo devo».
Sembra che Maran è bravo a gestire i giocatori d'esperienza: qual è il segreto?
«Ha avuto un buon rapporto con tutto il gruppo, non solo coi senatori. Prima mette al centro l'uomo e poi il calciatore. Sa gestire bene certe situazioni. Se tutti remano dalla stessa parte riesce a farti rendere al massimo».
Il Pisa ha scelto un tecnico che non allena in B da 10 ci anni, può trovare delle difficoltà nonostante la grande esperienza nella categoria superiore?
«La Serie A non è la Serie B, è fuori di dubbio. Però Maran è un allenatore preparato, che ci tiene al suo lavoro. Arriva la mattina presto e va via la sera tardi. Non è uno che fa le cose tanto per fare, non improvvisa. Conosce le caratteristiche di ogni giocatore e conosce qualsiasi situazione della società. Da questo punto di vista è un vero professionista e non gli si può rimproverare nulla. Se sai lavorare bene e hai una società che crede in te ci sono buone possibilità di far bene. Indipendentemente dalla categoria che devi affrontare».
Che ci dice invece del vice storico Christian Maraner?
«La cosa più importante per un allenatore è quella di avere anche un secondo che ti conosce e sa quando dirti le cose e darti i consigli giusti. È importante che ci sia il confronto. L'allenatore in seconda non ti deve sempre dire sì, ma anche qualche no. E Maraner è un vice che conta molto e sa fare il suo lavoro decisamente molto bene».
Il suo nome è stato spesso accostato al Pisa, soprattutto nell'estate 2014, ma è davvero stato così vicino a vestire la maglia nerazzurra?
«Non mi è mai arrivata nessuna proposta da parte del Pisa. Qualche voce, di concreto, però, non c'è mai stato niente».
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