Crollo della Torre, commozione in piazza: «Una ferita che non si rimargina»
foto da Quotidiani locali
PAVIA. Tutti i pavesi ricordano dov’erano quel venerdì 17 marzo dell’89, quando la Torre civica si fece polvere e macerie che seppellirono quattro vite, crollando alle 8.55 del mattino. Anche il sindaco Fabrizio Fracassi (Lega) non dimentica: «Stavo andando in montagna ma nel frattempo ho ricevuto la telefonata di mia madre che, giusto qualche minuto prima del crollo, era passata da piazza Duomo. È stata una delle fortunate di quel giorno. Purtroppo non possiamo dire lo stesso delle quattro vittime». Questa la testimonianza che conserva il primo cittadino, rilasciata a margine della commemorazione che si è tenuta ieri mattina in piazza Duomo. «Una ferita della città che non si rimargina» prosegue Fracassi.
«Noi ricordiamo»
Adriana Uggetti (18 anni) e Barbara Cassani (17), amiche e residenti a San Genesio. Giulio Fontana, 76 anni, titolare del ristorante Regisole e Pia Casella Comaschi, 52 anni, edicolante della piazza. Questi i nomi delle vittime, scolpiti sulla lastra di pietra a pochi passi dal basamento della torre crollata, che peraltro ha ferito altre quindici persone. «È stato un evento immane, che ha lasciato un ricordo indelebile nella memoria collettiva della città. Il basamento della Torre sarà per sempre il simulacro di una tragedia umana. Ricordiamo con commozione le vittime e lo sforzo dei soccorritori intervenuti sul posto».
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Alla commemorazione c’era anche il sindaco di San Genesio Enrico Tessera, che ha rappresentato il suo Comune lacerato come Pavia dalla morte di due concittadine. «Ricordo che la notizia del crollo ci lasciò sgomenti – racconta – all’epoca il paese era più piccolo di adesso, e forse il senso di comunità era anche più sentito. Non ricordo cosa stessi facendo quel giorno ma quando arrivò la notizia del crollo andai in piazza Duomo, dove i soccorritori avevano già avviato le ricerche. C’erano anche altri abitanti di San Genesio, furono giorni di apprensione».
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Quei ricordi
Ogni pavese conserva un pezzo dell’evento tragico: «Avevo 26 anni, ero un medico specializzando e quel giorno stavo per andare in ospedale» racconta Roberto Rizzardi, rianimatore del San Matteo e consigliere comunale con la lista Cittadini per Pavia. «Poi è squillato il telefono, mi hanno detto di non andare in reparto ma di correre in piazza Duomo. Ho preso la mia moto, una Guzzi, per superare il traffico e sbrigarmi. Di lì a poco sarebbe arrivato Maurizio Raimondi, oggi primario a Voghera, con un ambulanza per preparare la postazione di soccorso: è stata allestita prima all’interno del vescovado e poi di fronte la statua del Regisole. Siamo rimasti lì per 24 ore di fila: la prima vittima che abbiamo ritrovato è stata l’edicolante, mentre le salme delle due ragazze sono state estratte il giorno successivo».
«Sapeva di casa»
Paolo Bottoni, medico in pensione, memoria storica della città e presidente della Croce Verde pavese, non dimentica il volto di Pavia prima del crollo della Torre civica, che con i suoi 89 metri si stagliava sull’orizzonte caratterizzando il profilo della città: «Ero in clinica medica quel giorno – racconta – un’infermiera ha acceso il televisorino posto di fianco al letto di un paziente: un’edizione straordinaria del telegiornale aveva interrotto le trasmissioni. È stato un momento toccante: la torre faceva parte della città insieme alla cupola del Duomo, e guardandola di ritorno da una trasferta sapevi di essere ritornato a casa».