Morto in stazione, altri 20 a Pavia dormono per strada come Walter
PAVIA. Cinque persone che vivevano per strada sono morte, in condizioni di degrado e solitudine, in un anno e mezzo a Pavia: sono i numeri più evidenti di un fenomeno che resta ancora sommerso. Secondo le associazioni che si occupano degli “invisibili” ci sono almeno altre 20 persone, in città, che dormono per strada o in rifugi di fortuna come faceva Walter Bombardieri, il clochard di 64 anni trovato senza vita domenica mattina sulla banchina tra il binario 2 e 3, in stazione. Per tutti loro si avvicina l’inverno e, a parte l’impegno di tanti volontari, ancora un piano per l’emergenza freddo non c’è.
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Dove vivono
Non c’è nemmeno una mappatura delle presenze e dei luoghi in cui queste persone, senza un tetto sulla testa, vivono, di giorno e di notte.
Un parziale censimento arriva attraverso il lavoro dei volontari che toccano con mano certe situazioni, come la Croce Rossa.
«Ogni venerdì in stazione distribuiamo i sacchetti alimentari: arriviamo a darne fino a 30 – spiegano i volontari dell’unità di strada della Croce Rossa –. Di coloro che prendono il sacchetto quasi tutti dormono per strada, se non proprio all’aperto quantomeno in alloggi di fortuna, dove portano materassi e le loro cose».
Ci sono i capannoni dell’ex area Snia e dell’ex Arsenale, ancora frequentati, come anni fa, e perfino locali commerciali dismessi, come i locali dell’ex Divani&Divani in viale Lodi. Qualcuno va ancora nelle palazzine dismesse dietro l’Ats, nei pressi dello scalo ferroviario.
E c’è anche chi vive sotto i ponti. «Purtroppo non è una novità, anche se nessuno dovrebbe dormire oggi sotto un ponte, è incivile – dicono i volontari –. Al ponte Coperto fino a qualche mese fa c’era un ragazzo straniero, e sotto il ponte della Libertà dormiva una trans brasiliana, che oggi ha trovato ospitalità, e altre due persone.
«Un materasso c’è ancora – aggiunge un volontario –. Queste persone si spostano o vengono cacciate, ma non è così che si risolve il problema. Non spostandolo da un’altra parte».
La stazione
E poi c’è la stazione, frequentata di notte da 5 o 6 persone. «Dalle due alle quattro l’area dei binari è chiusa e se non trovano un posto in stazione si muovono sui treni, a volte restando a bordo o fermandosi a Certosa – spiegano ancora i volontari –. Tra di loro ci sono persone più difficili da gestire, con dipendenze o disagi psichici, che non andrebbero in un dormitorio, proprio perché ci sono regole stringenti da rispettare. Per affrontare queste situazioni ci dovrebbe essere più rete tra le associazioni, i presidi sanitari e il Comune. Il coordinamento tra le diverse realtà può darci la possibilità di comprendere meglio le esigenze e cosa possiamo fare, a partire dalle risorse che ci sono». Il Tavolo fragilità, a cui partecipa anche l’amministrazione comunale attraverso i Servizi sociali, secondo i volontari ha dato finora una risposta solo parziale. —