Travaglio, Lucarelli, un sindacalista. Ecco la “lista nera” di Chico Forti
Non solo Travaglio e Selvaggia Lucarelli. Nel “mirino” di Chico Forti c’era anche una terza persona, finora mai menzionata perché non era chiaro chi fosse. Ebbene, dagli accertamenti effettuati è emerso che si tratta di Aldo Di Giacomo, segretario generale dell’Spp, il sindacato di polizia penitenziaria.
Ecco, dunque, il trio per cui il killer estradato dagli Stati Uniti chiedeva ritorsioni e intimidazioni alla criminalità organizzata. O almeno questa è la circostanza che emerge dalla confessione di un detenuto che avrebbe sentito la discussione tra Forti e un altro carcerato del penitenziario veronese di Montorio.
La Procura di Verona, con il procuratore Raffaele Tito, ha subito preso in carico la segnalazione, dando avvio a un’indagine senza indagati e senza ipotesi di reato. «La notizia è falsa, punto. Mi ha detto di non aver mai fatto e neanche mai pensato quel che il detenuto dice», ha precisato l’avvocato Andrea Radice, che lo difende insieme al collega Carlo Dalla Vedova.
Aldo Di Giacomo non ha mai risparmiato le critiche nei confronti del trattamento privilegiato riservato a Forti fin dal suo arrivo in Italia. Prima l’accoglienza della premier Meloni, poi la visita con selfie di Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia. E infine il permesso concesso a tempo di record di andare a trovare l’anziana madre a Trento, la sua città d’origine.
«La visita alla madre è un diritto che ai detenuti con condanne non è concesso se non in casi molto rari e dopo la presentazione di un’istanza il cui esame può durare mesi», aveva denunciato il sindacalista della Polizia penitenziaria. «Chiediamo il rispetto dei detenuti senza distinzione e discriminazione e di conseguenza chiediamo il rispetto anche dei servitori dello Stato». Poi anche un duro attacco a Nordio. E dovrebbero essere queste uscite ad aver indotto ad associare Di Giacomo a Travaglio e Lucarelli.
La questione è emersa dai colloqui che i detenuti hanno con il garante don Carlo Vinco. Uno di questi avrebbe raccontato al prete di aver assistito a un dialogo tra il sessantacinquenne ex campione di surf e una persona in carcere per reati connessi alla criminalità organizzata calabrese (ma non in regime di massima sicurezza).
Durante la conversazione l’idolo della destra gli avrebbe esternato il fastidio per la prima pagina del Fatto Quotidiano in cui Travaglio aveva scelto il titolo “Benvenuto assassino”, nel giorno del suo ritorno in Italia.
Sempre a lui avrebbe chiesto poi di contattare qualche ’ndranghetista libero per «mettere a tacere Travaglio, Lucarelli e il sindacalista Di Giacomo». In cambio avrebbe promesso aiuto quando un giorno sarà libero e «candidato con il centrodestra». Queste le parole testuali riferite dal detenuto al loro garante. Quest’ultimo, seguendo una procedura non proprio rituale, ha contattato Marco Travaglio, il quale poi si è rivolto al procuratore di Verona Raffaele Tito.
Un fascicolo è stato subito aperto ed è stato sentito il detenuto da cui è partita la denuncia, il quale ha confermato. Contestualmente il procuratore ha avvisato anche Selvaggia Lucarelli.
Dagli accertamenti compiuti successivamente è emerso il nome di Aldo Di Giacomo e di questa circostanza è stata informata l’amministrazione penitenziaria di Montorio. Sempre di più la detenzione di Forti è un caso da gestire: un caso che mette in crisi non solo il clima tra i detenuti ma ora anche tra gli agenti di polizia penitenziaria.
«Non confermo e non smentisco», risponde il sindacalista, che in questo periodo si trova in ferie ma che sarebbe stato informato dalla Procura in via del tutto riservata. Ora il quadro è completo, bisogna solo capire quali contromisure saranno adottate. A livello penale la difficoltà dei magistrati è individuare un reato, ma la gestione del detenuto è una partita ancora tutta da decidere.