Il questore diserta il saluto all’ex prefetto indagato: «E’ in atto un’inchiesta»
«È in atto un’inchiesta. A tempo debito parleranno gli atti giudiziari e daranno tante risposte». Poche decise parole quelle del questore Marco Odorisio quando gli si chiede della sua assenza giovedì 26 settembre alla cerimonia di consegna del sigillo della città all’ex prefetto Francesco Messina: «La mia assenza è dovuta a una valutazione della situazione oggettiva e che mi ha indotto a non partecipare», ha aggiunto Odorisio.
Giovedì a Palazzo Moroni il sindaco Sergio Giordani ha consegnato il sigillo a Messina, che dal prossimo 2 ottobre rientrerà a Roma nella sezione di prevenzione amministrativa antimafia. L’ex prefetto risulta indagato per peculato: all’esame della Procura, infatti, ci sarebbero una ventina di viaggi svolti con le auto di servizio della prefettura per fini personali, in varie città dalla Lombardia alla Campania.
La consegna del sigillo della città
A consegnare il sigillo della città all’ex prefetto Messina nella cerimonia disertata dal questore è stato il sindaco Sergio Giordani, davanti alle autorità padovane, a Palazzo Moroni.
Una formula e una prassi di cortesia istituzionale che ha causato qualche imbarazzo vista l’inchiesta aperta dalla Procura proprio su Messina, tuttora indagato per peculato. Un’inchiesta, avviata alcuni mesi fa, relativa all’utilizzo improprio di autisti e mezzi di servizio per viaggi e trasferte non istituzionali.
«A volte sarebbe il caso di porre un freno al presenzialismo selettivo del sindaco Giordani – ha sostenuto il capogruppo di Fratelli d’Italia Matteo Cavatton – Lui va ovunque, tranne che in consiglio comunale, evitando momenti istituzionali che possono risultare imbarazzanti per tutte le parti coinvolte. L’ex prefetto non ha di certo alcuna responsabilità in proposito, trattandosi di una cerimonia di saluto organizzata dall’amministrazione comunale e a lui auguro un tempestivo e totale proscioglimento dalle accuse che gli vengono mosse. Sono da sempre un garantista: tutti sono e restano innocenti fino a definitiva ed inappellabile prova contraria. Però non è stata adeguatamente valutata l’opportunità politica di omaggiarne il servizio con un apposito saluto istituzionale a Palazzo Moroni».
L’indagine
Da Padova è stato trasmesso al Ministero dell’Interno un rapporto per segnalare l’indagine che riguardava il prefetto Messina allora in carica a poco più di un anno dal suo arrivo nella città del Santo, avvenuto il 3 luglio dell’anno scorso. E quasi subito – almeno secondo le accuse della procura – sarebbero iniziati i viaggi con auto e autista garantiti dallo Stato per scopi non istituzionali.
Un’accusa respinta al mittente dall’interessato che avrebbe replicato punto su punto giustificando ogni singola contestazione.
All’esame della procura ci sono una ventina di viaggi svolti con le auto di servizio della prefettura per fini personali, in varie città dalla Lombardia alla Campania; spese autostradali e di carburante, indennità ordinarie e straordinarie, pernottamenti con pranzi e cene privati, tutto a carico dello Stato nonostante (è sempre la contestazione) non si trattasse di attività istituzionali.
L’utilizzo privato dell’auto blu riguarderebbe anche la frequentazione di una palestra e nel fine settimana il rientro a Milano dove Messina vive. Nei mesi passati ci sarebbero state frizioni tra il prefetto e gli autisti storici, agenti di polizia, che si sarebbero lamentati dei modi dell’alto dirigente e sarebbero stati infastiditi dalle richieste di svolgere un servizio per affari privati. Un paio di autisti erano stati trasferiti ad altre mansioni.
L’ex prefetto si è difeso in due ore di interrogatorio davanti agli investigatori della Digos guidati dal dirigente David De Leo e al pubblico ministero Benedetto Roberti.
Due ore per spiegare quei viaggi con l’auto di servizio (e altro ancora) al centro dell’inchiesta che lo vede indagato per il reato di peculato.
L’interrogatorio si è svolto il 20 settembre negli uffici della questura di Padova al riparto da possibili sguardi indiscreti. Accanto all’alto dirigente dello Stato, nella veste di difensore il professor Alberto Berardi: solo lunedì 16 Messina era stato trasferito a Roma con nuove funzioni grazie a un provvedimento votato dal Consiglio dei Ministri che lo ha assegnato al coordinamento dell’attività di prevenzione amministrativa antimafia. Un nuovo incarico non casuale.