Meloni a Pordenone, il ministro Ciriani compatta la squadra: «Centrodestra unito verso le europee»

Il titolare dei Rapporti con il Parlamento: «Il tema del terzo mandato sarà affrontato con tempi e modi adeguati, con la firma dell’accordo al Friuli Venezia Giulia arriveranno 170 milioni»

A lavorare dietro le quinte è abituato, a «risolvere i problemi prima che emergano», senza far trasparire emozioni.

Ma questa volta il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, non nasconde di essere «felice e orgoglioso di portare la presidente del Consiglio nella mia provincia (la visita della premier è in programma venerdì 8 marzo, ndr). Lo considero un omaggio al Friuli, regione di gente operosa, di imprenditori capaci, di bravi amministratori, al di là dei colori politici. Credo che questa visita sia meritata. Tra l’altro la prima presidente donna eletta in Italia sarà a Pordenone nella giornata internazionale della donna, anche questo dà valore all’appuntamento istituzionale».

Ministro come è nata questa visita?

«L’occasione è la firma dell’accordo sul fondo di sviluppo e coesione 2021-2027. Si tratta di risorse che lo Stato mette a disposizione delle Regioni su progetti che devono essere già a buon punto e non per promesse elettorali. Al Friuli Venezia Giulia arriveranno 170 milioni di euro per interventi sostanzialmente strutturali, nell’ambito per esempio della sicurezza idraulica e molto altro. Ma non voglio rubare la scena, saranno i presidenti a dettagliare gli interventi. Su richiesta del ministro Fitto ho seguito la concertazione tra Stato e Regione. Posso dire che quasi tutte le richieste del Friuli Venezia Giulia sono state accolte, a dimostrazione della bontà dei progetti».

Come mai avete scelto Pordenone per la firma?

«Auspicavamo che la presidente Meloni venisse a Pordenone e ci abbiamo lavorato. Tra l’altro l’ultima visita di un presidente del Consiglio, fatta eccezione per Renzi che è stato a Pordenone per l’adunata nazionale degli Alpini nel 2014, è stata quella di Aldo Moro».

Ci saranno contromanifestazioni, si teme anche l'infiltrazione di antagonisti extra regione. È preoccupato?

«Il diritto di manifestare va sempre garantito, ma non sono accettabili forme di violenza e provocazione. Una piccola minoranza non può tentare di rovinare la presenza della presidente del Consiglio, attesa da molti cittadini».

Esponenti di centrosinistra hanno dato forfait alla cerimonia al Verdi. Come risponde?

«Gli assenti hanno sempre torto e in questo specifico caso credo si manchi di rispetto istituzionale. Il rispetto per le istituzioni deve sempre venire prima dell’appartenenza politica».

La campagna elettorale per le europee però è già iniziata. La presidente Meloni ha detto che da qui a giugno bisogna aspettarsi di tutto, cosa intende?

«Beh credo che la vicenda del dossieraggio abbia fatto chiaramente capire quali opposizioni siano state messe in campo per cercate di bloccare l’azione del governo Meloni. Il ministro Crosetto non aveva parlato a caso...»

La Lega, in questa campagna elettorale sembra il vostro primo concorrente...

«Le europee creano inevitabili fibrillazioni, è normale che ognuno cerchi di esaltare le proprie caratteristiche, di giocare le proprie carte. Noi siamo però consapevoli che bisogna mantenere unita la coalizione di centrodestra, a livello nazionale e locale. Anche in sede locale il centrodestra, attraverso un buon governo, ha vinto ovunque, tranne a Udine. Gli elettori, a nessun livello, capirebbero un centrodestra diviso e litigioso».

Sul terzo mandato dei presidenti della Regione però non sembra esserci grande intesa. Fedriga ha dichiarato che sarebbe pronto per il ter, cosa ne pensa?

«Il tema non è banale. Se ne può discutere, ma coi tempi e i modi adeguati. L’emendamento della Lega, che ricordo introduceva tre mandati, è stato presentato a un decreto legge, che per sua natura ha tempi precisi e non aveva nulla a che vedere con la materia. È stata una forzatura, da qui il pasticcio. Non siamo pregiudizialmente contro il terzo mandato, ma siamo contrari ad analizzare l’argomento in modo frettoloso e superficiale. Affrontiamo la discussione dopo le europee, ragionando su una norma organica».

E i distinguo, anche interni a Fratelli d’Italia, sull’allineamento delle scadenze elettorali di cui si discute in regione?

«La razionalizzazione degli appuntamenti elettorali è un tema non di oggi ed è sicuramente un obiettivo a cui tendere per semplificare la vita ai cittadini. Pensiamo alle ultime scadenze: prima la Sardegna, ora l’Abruzzo, arrivare a un allineamento delle elezioni deve essere un obiettivo di sistema. Questo perché avremmo dei risparmi, ma soprattutto perché semplificando la vita agli elettori possiamo pensare di aumentare l’affezione alle urne».

Lo vede lontano come obiettivo in Friuli Venezia Giulia?

«Se si riuscisse a partire in tempi ragionevoli non sarebbe male. Allo stesso modo va visto favorevolmente il turno unico al 40 per cento. Il doppio turno era nato per aggregare le forze politiche, nella realtà vediamo che gli elettori delle forze sconfitte al primo turno non vanno a votare e spesso abbiamo sindaci che vincono al ballottaggio con meno voti di quelli che si vedono attribuire al primo».

Una delle elezioni meno sentite dai cittadini è quella per il Parlamento europeo, come pensate di contrastare l'astensionismo?

«È difficile, ma credo che dipenda dalla fiducia che un partito e i suoi esponenti riescono a generare. È un tema complesso, ma sicuramente bisogna iniziare ad affrontarlo portando a Bruxelles lo spirito del cambiamento che il governo Meloni sta portando in Italia. Ci sono argomenti da trattare come l’immigrazione, la tutela dei piccoli imprenditori, che sono molto concreti. Finora abbiamo conosciuto un’Europa troppo ideologica , che si occupa molto di principi, pensiamo al green deal, che poi sono difficilmente declinabili alla realtà delle imprese. Bisogna invertire la tendenza».

A proposito di immigrazione, cosa pensa dell’episodio della bambina di 10 anni che è arrivata in classe con il niqab?

«Che l’integrazione non può essere tale se non si rispettano le leggi di un Paese. Un caso come questo è inaccettabile per chi ha a cuore la libertà e i diritti civili, è incompatibile con i nostri valori costituzionali».

La Lega si prepara a candidare il generale Roberto Vannacci a Nordest. Vi impensierisce?

«Non è elegante commentare le candidature degli altri partiti, posso solo dire che non temiamo nessuno».

Per Fdi invece ci sarà Alessandro Ciriani, sindaco di Pordenone nonché suo fratello. È contento?

«Anche in questo caso non sta a me esprimere giudizi. Posso solo dire che la candidatura di Alessandro è nata da una larga fetta del partito, anche nazionale. Lui era riottoso all’inizio, avrebbe preferito rimanere al suo posto. Credo che, se sarà eletto, si dividerà tra Strasburgo e Pordenone».

Svestendo per un attimo i panni del ministro: che consiglio gli ha dato da fratello?

«Alessandro non ha bisogno di consigli, ma l’unico che potrei dare è di continuare a lavorare mantenendo uno stretto legame con il territorio e rimanendo chi è. Se il potere ti cambia, sei finito: bisogna rimanere fedeli a se stessi, frequentare le stesse persone. Anche se le responsabilità cambiano, non bisogna cambiare».