La storia partigiana in Friuli: i fazzoletti rossi e i fazzoletti verdi
Estate 1944. In Friuli cresce il movimento partigiano. Due formazioni si contendono i giovani che fuggono dai bandi di coscrizione per l’arruolamento e che arrivano in montagna: le brigate Garibaldi e le brigate Osoppo. I fazzoletti rossi e i fazzoletti verdi.
I rossi erano le formazioni partigiane organizzate dal Partito Comunista, che erano andate formandosi già dalla primavera del 1943, sull’esempio delle formazioni partigiane jugoslave, e con maggiore organizzazione dal settembre 1943, quando prese corpo quella che avrebbe preso il nome di Brigata Garibaldi Friuli. Erano composte per la grande parte da comunisti, anche se la coscienza politica dei giovani che si univano alla Resistenza dopo esser cresciuti nel fascismo era assai labile.
Altrettanto caratterizzate ideologicamente, ma su un ventaglio più ampio, erano le Brigate Osoppo. La loro data simbolica di nascita era la vigilia di Natale del 1943 quando, nei locali del Seminario Arcivescovile di Udine, venne data vita a una formazione che puntava su una dimensione nazionale della lotta al nemico tedesco. Il nome scelto, quello del forte pedemontano friulano, richiamava infatti il Risorgimento, dimostrando l’intenzione di voler aggregare tutte quelle forze non comuniste ma antifasciste: non solo, dunque, i cattolici, ma anche gli ex militari che avevano combattuto per il re e che avevano però ormai voltato le spalle all’esercito del duce, e i laici di Giustizia e Libertà, confluiti nel nuovo Partito d’Azione, assieme ad alcuni socialisti.
Se le Brigate Garibaldi erano più organizzate gerarchicamente e militarmente, l’Osoppo scontò, soprattutto all’inizio, una maggiore improvvisazione. Mentre con l’avanzare della guerra si intensificò all’interno delle Brigate Garibaldi l’obiettivo di formare ideologicamente i propri organici, e nelle loro quotidiane lezioni i commissari politici trasmettevano i rudimenti del marxismo-leninismo, all’interno dell’Osoppo prese sempre più piede la componente democristiana, a scapito di quella azionista. Vi maturò sempre più l’esigenza di scongiurare qualsiasi deriva di stampo socialista per il dopoguerra e di contrastare qualsiasi possibile accondiscendenza alle mire espansionistiche jugoslave sul confine orientale.
Osoppo e Garibaldi combattevano spesso fianco a fianco, ma con comandi autonomi e con strategie tendenzialmente differenti. Più disposti allo scontro, a costo di coinvolgere nelle rappresaglie le popolazioni, i garibaldini; più “attendisti” e impegnati soprattutto ad azioni contro le infrastrutture e contro i depositi e i convogli tedeschi, gli osovani. Spesso tuttavia nella truppa i sentimenti erano assai simili, i passaggi dall’una all’altra formazione non furono infrequenti: le differenze erano più nei vertici che negli umori dei partigiani.
Un episodio importante di più stretta collaborazione tra le due formazioni fu la creazione, dal 19 agosto 1944, nella zona del Friuli Orientale, della “1° Divisione Garibaldi-Osoppo”. In pratica le unità partigiane, pur rientrando in reparti distinti e conservando le proprie insegne, obbedivano ad un comando unificato, con un comandante garibaldino, Mario Fantini “Sasso”, e un vicecomandante osovano, Francesco De Gregori “Bolla” (che verrà ucciso a Porzûs).
Dal comando unificato, la cui realizzazione fu possibile anche per l’insistenza con cui fu promosso dal maggiore Tucker della missione inglese nell’area, dipendeva operativamente anche un battaglione sloveno del IX Korpus, posizionato ai confini con l’area già controllata dall’esercito di liberazione jugoslavo.
La 1° Divisione Garibaldi-Osoppo portò avanti e completò la liberazione della Zona Libera del Friuli Orientale e ne seguì la sorte: quando questa a fine settembre fu riconquistata dai nazifascisti, l’esperienza ebbe termine, non senza recriminazioni e rancori che avrebbero influito nella temperie che avrebbe condotto all’eccidio di Porzûs.
Mentre l’esperienza di maggior respiro della controffensiva partigiana, la Zona Libera della Carnia e dell’Alto Friuli, fu portata avanti senza una effettiva unificazione di Garibaldi e Osoppo, se non un “comando di coordinamento”, maggiori e più duraturi furono gli esiti nel Pordenonese, dove si vennero a creare due formazioni unificate Garibaldi-Osoppo, l’Ippolito Nievo A, in Valcellina, e la B, in pianura, che sarebbero durate fino alla Liberazione.
L’impressione sedimentata nella memoria della Resistenza, anche a causa dell’eccidio di Porzûs, di una frattura di fondo tra Garibaldi e Osoppo, è fuorviante. I due pilastri della lotta al fascismo e al nazismo in Friuli si ressero assieme, e le loro basi ideologiche, nel rinnovamento repubblicano, avrebbero costituito le fondamenta della nuova Italia.