Nessun assessore, solo due delegati: a Venezia la Cultura è a traino dei Musei Civici
La Cultura senza testa. La bocciatura di Venezia come capitale italiana dell’arte contemporanea del 2026, decretata dalla Commissione del Ministero della Cultura che ha bandito il concorso, in favore di piccoli centri come Gallarate o Gibellina è solo l’ultimo episodio di una gestione della politica culturale del Comune di Venezia frettolosa, approssimativa e superficiale, che da anni procede alla giornata, senza un’idea e un programma preciso soprattutto per ciò che riguarda la città storica.
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Tutto origina dalla decisione del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro di mantenere per sé la delega della Cultura – non nominando un assessore competente – senza però, di fatto, mai esercitarla.
Perciò non è mai esistita una regia tra le funzioni culturali ancora in capo al Comune e quelle museali e espositive, demandate invece alla Fondazione Musei Civici, di cui Brugnaro è tra l’altro vicepresidente di diritto.
Resta pertanto l’ordinaria amministrazione portata avanti dagli uffici, ma per ogni decisione di qualche importanza bisogna appunto attendere le decisioni del sindaco, nei tempi, spesso dilatati, con cui ritiene di assumerle e comunicarle.
La Fondazione Musei dovrebbe svolgere un’attività autonoma ma soprattutto negli ultimi anni, al di là dell’attività ordinaria, è diventata soprattutto una sorta di società di servizio – sull’esempio di Vela, la partecipata per gli eventi del Comune – da utilizzare secondo i “desiderata” del sindaco. Che si tratta di allestire una mostra per il Salone Nautico o di ampliare le attività in terraferma, il vero core business degli interessi culturali di Brugnaro.
Di qui la decisione di affidare alla Fondazione la gestione espositiva e presto museale, al di là della bontà dei risultati e del numero dei visitatori, del Centro Candiani di Mestre, quella dell’ex emeroteca di via Poerio e presto anche quella dell’ex Palaplip, oltre alle attività su Forte Marghera. Anche con cospicui investimenti in questa direzione che spetterebbero invece allo stesso Comune.
Per quanto invece riguarda la straordinaria “collana” dei musei civici di Venezia –una delle più importanti di Italia – al di là dei lavori di restauro o manutenzione delle sedi, c’è solo il piccolo cabotaggio, riducendo gli orari di apertura dei musei considerati non strategici e puntando forte sugli incassi comunque garantiti dai flussi turistici di quelli dell’area marciana, Palazzo Ducale in primo luogo.
La decisione, presa da Brugnaro e avallata dalla Fondazione, di non avere più un direttore scientifico di primo piano dopo l’addio di Gabriella Belli, si inserisce in questa logica. Promossi nei ruoli apicali un paio di dirigenti interni, si è così liberi di utilizzare la Fondazione come meglio si crede, senza presenze ingombranti che possano pretendere di dettare programmi o strategie.
La stessa attività espositiva dei musei è stata “tarata” in questa direzione. Le grandi mostre dell’era Belli sono ormai un ricordo.
Sostituita da una serie di esposizioni medio-piccole, talvolta con qualche merito, la volontà di valorizzare anche gli artisti veneziani di valore e le stesse collezioni museali spesso chiuse nei depositi, ma che hanno soprattutto il pregio agli occhi del sindaco di non impegnare molto economicamente la Fondazione e di consentire così una gestione di tipo aziendale, attenta soprattutto al conseguimento di utili di bilancio.
La nomina recente di un delegato alla Cultura nella pressa del professor Stefano Zecchi – che si è occupato anche della disgraziata vicenda della candidatura di Venezia a capitale italiana dell’arte contemporanea del 2026 – è solo una “foglia di fico” a una situazione che resta, di fatto, la stessa.
Zecchi, alternandosi a volte con la presidente della Commissione consiliare Cultura Giorgia Pea, ha sostanzialmente il compito di sostituire il sindaco nelle inaugurazioni di eventi a cui non va, per portare il saluto dell’amministrazione.
Se questo è il quadro generale, non ci si può meravigliare del fatto che l’unica politica culturale a Venezia, con programmi, progetti, iniziative, la faccia oggi la Biennale. Se si lascia infatti un vuoto pneumatico in questo settore in una città come Venezia qualcuno è inevitabilmente destinato a coprirlo.