Rugby, il 2025 chiarirà se l’Italia di Quesada è una realtà consolidata o una meteora
Tra poche ore si chiude il 2024 e inizierà il 2025 e per il rugby azzurro il giro di boa coincide con la consapevolezza di dover confermare quanto di buono visto negli ultimi 12 mesi. I playoff dell’United Rugby Championship e la semifinale di Challenge Cup conquistati dalla Benetton Treviso, ma soprattutto le due vittorie e il pareggio nell’ultimo Sei Nazioni.
È arrivato, poi, un convincente tour estivo, con due vittorie e una sconfitta in condizioni non facili, mentre a novembre l’Italia non ha brillato contro Argentina e Georgia, mostrando il meglio – ma con grossi limiti – contro gli All Blacks. Un 2024, però, in definitiva positivo, ma ora i ragazzi di Gonzalo Quesada sono chiamati al compito più arduo. Confermare quanto di buono visto sin qui.
Perché anche in passato l’Italrugby ha vissuto fiammate di alto livello, ha conquistato vittorie storiche, o disputato Sei Nazioni quasi alla pari con le avversarie. Ma a quegli acuti non sono seguite conferme, anzi, spesso a un acuto è seguito un tracollo. E, nel lungo periodo, i passi avanti non sono stati confermati, riportando il rugby azzurro nel limbo – tra l’elite ovale e le squadre di seconda fascia.
Il 2025, dunque, è un anno fondamentale per il nuovo corso. Con un nuovo presidente federale, con un coach che ha avuto un anno per capire e adattarsi allo stile italiano, con giocatori esperti che devono fare da guida e molti giovani pronti a esplodere, o che devono confermarsi. Fin dal prossimo 6 Nazioni, dunque, si capirà se il 2024 è stata la solita fiammata esaltante e nulla più, o se l’Italia del rugby può considerarsi una realtà consolidata che può giocarsela con tutti.