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Sci di fondo, giù il cappello e inchino di fronte a Therese Johaug, autentica “Regina delle Nevi” per diritto divino

Signore e signori, giù il cappello di fronte a Therese Johaug; e inchino al suo passaggio, sia chiaro, perché una così merita di essere onorata come una regina dei secoli che furono, quando i monarchi erano considerati tali non per ragioni di successione, bensì per diritto divino. In effetti, la norvegese assume i contorni di una Regina delle Nevi, che domina incontrastata proprio perché un’entità superiore (madre natura) le ha dato qualcosa in più.

La trentaseienne scandinava non avrebbe dovuto partecipare al Tour de Ski, non era nei suoi piani. Ha cambiato programma in corsa perché a dicembre si è resa conto di come, dopo due stagioni di assenza e una gravidanza, le mancasse l’abitudine a competere. Il risultato lo conosciamo tutti, la fenomenale veterana nordica ha vinto l’appuntamento multi-stage per la quarta volta, eguagliando l’annoso primato della polacca Justyna Kowalczyk.

Magari non avrà sbaragliato il campo come faceva al suo apogeo, ma la differenza di rango tra lei e tutte le altre fondiste è tale da permetterle di primeggiare nonostante qualche apparente passaggio a vuoto. Sì, perché dalle sue parti c’era chi aveva posto l’accento sul fatto che fosse stata battuta nella mass start del 29 dicembre. Therese ha incassato le critiche, dopodiché le ha rispedite ai mittenti, ottenendo anche un cospicuo interesse morale a mo’ di risarcimento. Era già successo durante la tappa di Lillehammer, è ricapitato nell’arco del Tour de Ski.

C’era chi aveva grossi dubbi legati al ritorno in azione di Johaug, secondo alcuni un errore o una mera operazione commerciale per risollevare le sorti dello sci di fondo norvegese, in affanno rispetto alla diretta concorrenza svedese (e non solo) in vista dei Mondiali di casa di Trondheim. Ciapa su e porta a caa, come si dice a Milano e dintorni. Comunque vada, il suo comeback è già un successo.

Che il langrenn norsk non stia vivendo il miglior momento della sua storia e che il futuro continui a rappresentare un grattacapo sono dati di fatto. Però, finché si può contare su una come Johaug, dell’avvenire ci si preoccupa relativamente. Al contempo, che l’obiettivo primario della trentaseienne di Dalsbygda siano le medaglie iridate sulle nevi di casa è un altro dato incontrovertibile. Cionondimeno, un Tour de Ski non si butta certo nel cestino dell’immondizia!

Sul piano morale, Therese esce dall’appuntamento multi stage ben più alta dei suoi 162 centimetri. Ha vinto un evento di grido al quale non avrebbe dovuto neppure prendere parte, ha raggiunto la significativa quota dei 100 successi individuali (sinora toccata solo dalla connazionale Marit Bjørgen – spintasi a 131 – nell’ambito delle discipline nordiche)  e soprattutto ha la consapevolezza di essere, ancora, superiore.

Alla sua età (ci stiamo avvicinando al 37° compleanno) non tutti i giorni sono uguali. Talvolta l’organismo fa fatica a mettersi in moto e avanza obiezioni alla volontà di un’anima ancora vigorosa. Succede. La legge della natura non può essere aggirata.

Però la natura è madre e non matrigna. Sa proteggere e valorizzare i propri figli più meritevoli. Come, appunto, una fuoriclasse assoluta, che sta sempre più mettendo a frutto i doni ricevuti in dote quel giorno dell’autunno 1987 in cui è stata concepita sulle colline nel cuore della Scandinavia, dove ha poi visto la luce subito dopo il solstizio d’Estate 1988. Il giorno più luminoso dell’anno, così come il suo resta il talento più brillante dello sci di fondo femminile.




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