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Australian Open 2025: Jannik Sinner insegue un bis riuscito solo a due tennisti nel Nuovo Millennio

Per Jannik Sinner quelli che si avvicinano sono gli Australian Open del possibile bis. Per la prima volta il classe 2001 di Sesto Pusteria arriva da vincitore Slam in carica in quel di Melbourne, e ha dunque diritto di poter sognare, e anche cercare attivamente, un bis estremamente raro nell’era più recente del tennis. Se non altro perché, dal 2001 in avanti (cioè da quando siamo entrati nel terzo millennio), ce l’hanno fatta solo in due.

Prima di tutto una nota un po’ particolare: questa riguarda, appunto, il conteggio dei millenni. Non si parte dagli anni zero, ma dagli anni uno, perché l’anno zero è considerato una sorta di “neutro”, a metà della linea temporale. Per cui, 1-1000, 1001-2000 e 2001-3000 (e, di converso, 3000-2001, 2000-1001, 1000-1 per l’Avanti Cristo). La questione è significativa perché impedisce di considerare all’interno della statistica in questione Andre Agassi, che pure nel 2000 e nel 2001 il bis l’ha effettivamente messo a segno (tutto, va detto, molto meno facile nel primo anno, da numero 1, che nel secondo).

Per questo, qui i soli due nomi considerabili sono anche i due più iconici del tennis che va dal 2003 in poi. Roger Federer, in particolare, qui non ha mai fatto tris, ma per sei volte ha imposto il suo nome nell’albo d’oro. In due di questi casi raddoppiò in anni consecutivi. Nel 2006 batté l’uzbeko Denis Istomin, il tedesco Florian Mayer e il bielorusso Max Mirnyi prima di essere costretto al quinto set dall’amico e spesso rivale Tommy Haas. Poi furono sempre quattro parziali: ai quarti contro il russo Nikolay Davydenko, in semifinale con il terzo tedesco della serie, Nicolas Kiefer, e infine in finale contro l’incredibile sorpresa al tempo rappresentata dal cipriota Marcos Baghdatis, che si era preso il lusso di battere, tra gli altri, Stepanek, Roddick, Ljubicic e Nalbandian. Nel 2007, invece, Federer non perse un set: persero contro di lui il tedesco Bjorn Phau, lo svedese (a fine carriera, ma semifinalista a Wimbledon contro di lui l’anno precedente) Jonas Bjorkman, il russo Mikhail Youzhny, un giovane Novak Djokovic, del quale riparleremo, lo spagnolo Tommy Robredo, ancora Andy Roddick e infine “Mano de Piedra” Fernando Gonzalez, che tanto per gradire tirò fuori la seguente scia di successi: del Potro (giovane)-Hewitt-Blake-Nadal-Haas.

Dieci anni dopo, nessuno pensava ci sarebbe stato spazio per un altro Slam, figuriamoci per un altro bis. Invece, da numero 17 del tabellone, fu la resurrezione: prima l’ex top ten austriaco Jurgen Melzer, poi l’USA Noah Rubin, poi i grossi calibri: il ceco Tomas Berdych in tre set, il giapponese Kei Nishikori in cinque, il tedesco Mischa Zverev (fratello di Alexander) in tre, Stan Wawrinka in cinque. E infine il rivale di sempre, Rafael Nadal, con uno dei punti della storia di Roger all’interno di una delle sue partite più ricordate e amate. Fu il 18° Slam. L’anno dopo venne il 20°, battendo lo sloveno Aljaz Bedene, il tedesco Jan-Lennard Struff, il francese Richard Gasquet, l’ungherese Marton Fucsovics, di nuovo Berdych, il sudcoreano Hyeon Chung (che si ritirò in semifinale dopo aver battuto Djokovic negli ottavi e da quel giorno non gliene andò bene una) e infine Marin Cilic, con il croato che riuscì a trascinare lo svizzero al quinto.

Nel frattempo, però, di cose ne erano capitate. Compreso il fatto che qualcun altro si era spinto a successi consecutivi a Melbourne. Il nome è quello di Novak Djokovic, che dopo il prologo del 2008 infilò nel 2011, 2012 e 2013 la tripletta. Vale la pena riportare alcuni dei punti salienti di questa prima fase: nel 2011 l’unico set lo perse con il croato Ivan Dodig, cui rifilò poi anche un 6-0 che toccò anche allo spagnolo Nicolas Almagro, al tempo 14 del mondo, e poi infilò sia Federer che Andy Murray in tre set secchi. L’anno dopo fu Paolo Lorenzi a tenerlo a battesimo (6-2 6-0 6-0), ma il vero torneo cominciò dagli ottavi: l’idolo di casa Lleyton Hewitt battuto in quattro set, lo spagnolo David Ferrer in tre, poi le due battaglie in cinque set contro Murray e soprattutto Nadal (5 ore e 53 minuti, con i due che si dovettero sedere durante la premiazione tanto erano stremati). Nel 2013 l’enorme rischio con Stan Wawrinka: lo svizzero perse sì agli ottavi, ma 12-10 al quinto (si vendicò l’anno successivo) e poi arrivarono le vittorie su Berdych, Ferrer e Murray in quattro set con rimonta e lo scozzese che dopo i primi due non ne ebbe più.

Venne poi l’accoppiata 2015-2016. Nel 2015 problemi nulli fino ai quarti contro Milos Raonic compresi, poi dopo arrivò la semifinale contro, un’altra volta, Wawrinka. Stavolta il quinto finì rapidamente, con un 6-0 che consegnò a Djokovic la finale contro Murray, vinta un’altra volta e di nuovo in quattro parziali. L’anno dopo, invece, il serbo passò tra l’anima del rischio e il punto più alto. Detto del fatto che trovò Andreas Seppi al terzo turno (tre set a zero), gli toccò il quinto per battere il sempre ostico francese Gilles Simon. Battuto Nishikori, trovò Federer in semifinale. Al di là del 6-1 6-2 3-6 6-3 finale, chi ricorda quell’incontro ha memoria di come Djokovic giocò i primi due set a un livello che non gli si è mai visto e mai più è stato individuato di nuovo. Nessuno, vivo o morto, avrebbe potuto farci qualcosa. Sullo slancio ancora Murray, ancora vittoria.

E veniamo al tris più recente, quello 2019-2020-2021. Di tutti i successi di Djokovic a Melbourne, questo è fuor di dubbio il più dominante in assoluto: sì, gli toccarono il francese Jo-Wilfried Tsonga al secondo turno, il canadese Denis Shapovalov al terzo e una versione ancora non esplosa del russo Daniil Medvedev al quarto, ma mai ci fu reale pericolo. Anzi, in semifinale distrusse il transalpino Lucas Pouille e in finale concesse appena otto giochi a Nadal, in una delle sfide più a senso unico della loro storia. Nel 2020 pochi problemi iniziali per il serbo, con un set perso al primo turno contro Struff e un cammino molto convincente fino ai quarti (Raonic) e alla semifinale contro un Federer al quale la schiena disse ciao dopo la metà del primo set, cosa che anche Djokovic riconobbe nel dopoopartita. In finale, però, fu costretto alla rimonta da una versione dell’austriaco Dominic Thiem forse mai forte come in quelle due settimane australiane, al netto dei vari alti e bassi. E infine, nel 2021, accadde di tutto. Di fatto, dal terzo turno in poi (con harakiri di notevoli dimensioni dell’americano Taylor Fritz, che allora tendeva a crearsi più problemi del dovuto) giocò con guai seri agli addominali, il che non gli impedì di battere Raonic e Alexander Zverev sul percorso prima di battere il sorprendente Karatsev e Medvedev.

Abbiamo così raccontato le parabole di Roger Federer e Novak Djokovic quali unici due giocatori del terzo millennio ad aver concesso il bis in uno Slam. Citato anche Agassi, vale la pena ricordare anche tutti gli altri che, in Era Open, sono riusciti a mettere insieme almeno due successi consecutivi. In particolare, la storia ricorda Ken Rosewall (Australia, 1971 e 1972), Guillermo Vilas (Argentina, 1978 e 1979), Johan Kriek (Sudafrica e poi USA, 1981 e 1982), Mats Wilander (Svezia, 1983 e 1984, anche se è più celebre la finale del 1988 con Pat Cash), Ivan Lendl (Cecoslovacchia, 1989 e 1990), Jim Courier (USA, 1992 e 1993). In questo elenco ci sarebbe anche un altro nome, quello di Stefan Edberg. Che il bis consecutivo lo fece, sì, ma tra dicembre 1985 e gennaio 1987. Com’è possibile questa cosa? Molto semplice: tra le due vittorie dello svedese ci fu un cambiamento di data, con lo Slam di Melbourne che fu spostato dalla fine di un anno all’inizio dell’altro. Jannik Sinner può, e vuole, aggiungersi a tutta questa schiera di nomi, considerando solo il campo maschile.




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