Sei Nazioni, Simone Ferrari: “Della Scozia mi preoccupa una cosa. L’Italia dia il giusto peso alle aspettative”
Manca sempre meno all’inizio del Sei Nazioni, celeberrima competizione di rugby che per l’Italia partirà sabato 1 febbraio da Edimburgo con la grande sfida contro i padroni di casa della Scozia. Sono alte le aspettative per la compagine tricolore, desiderosa di proseguire un percorso molto positivo che l’ha portata da essere squadra materasso ad attento team da temere.
In attesa della partita inaugurale, è intervenuto ai microfoni di OA Sport Simone Ferrari. Il pilone della Nazionale ha presentato l’evento a Focus, rubrica condotta da Alice Liverani, in questa occasione affiancata da Duccio Fumero, in onda sul canale YouTube della nostra testata
In prima battuta il giocatore ha parlato della sua folgorazione per il rugby, arrivata ovviamente in età giovanile: “Ho iniziato intorno ai nove anni, mi ha introdotto agli Amatori di Milano mio fratello. Io venivo dal calcio, era un ambiente che mi piaceva tanto ma che non mi apparteneva e che non sentivo mio. All’Amatori mi sono subito innamorato di tutto ciò che circonda il rugby, soprattutto quello dei piccoli con i tornei, le trasferte, il post-gara; è stato facile continuare. Sono stati anni bellissimi, ancora oggi è un amore che continua e che si intensifica sempre di più”.
Per Ferrari il momento più importante della sua carriera è stato l‘esordio in maglia azzurra: “Il più importante è l’esordio con la maglia azzurra avvenuto nel 2016 contro il Sud Africa a Firenze; è una partita che porto nel cuore, vincemmo una match storico e sicuramente è l’episodio che ricordo di più. In campo fu un’emozione fortissima. Dopo stentavo a credere al risultato; c’è voluto tempo per metabolizzare. Fu un momento di grande soddisfazione ed orgoglio”.
Il pilone ha poi parlato della sua formazione all’Accademia di Parma. “Mi ha dato una bella impronta a livello professionale. Ci sono entrato a 16 anni dalle giovanili degli Amatori. Sono arrivato come un ragazzino, per divertirmi, non sapevo come era la vita di un’atleta a 360 gradi dentro e fuori dal campo o in palestra. L’Accademia ti dà un’impronta schematica e professionale. Non è però l’unico percorso che un atleta può fare. Io ad esempio non ho fatto la cosiddetta Tirrenia, ho preferito proseguire nel Campionato italiano con i Crociati. Sono riuscito comunque a raggiungere la Nazionale per vie traverse, con il mio percorso. L’impronta però è stata impattante sulla mia vita da atleta“.
L’Italia si presenterà al cospetto del Sei Nazioni in buona forma e, soprattutto, con molta più costanza rispetto al passato: “Il nostro obiettivo è questo, ricercare continuità di prestazione e risultati. Con Sud Africa e Australia abbiamo dimostrato tante cose, ma poi sono sempre seguiti momenti bui, vedi Tonga, la Georgia o l’episodio isolato di Samoa questa estate. Staff, giocatori e governance vogliono avere continuità nel progetto. Questo Sei Nazioni sarà duro perché l’Italia non sarà più la sorpresa, ci studiano e ci aspettano. Da anni non facevano più il turn over perché comunque siamo temuti, anche se discontinui. Tutti gli altri vedono la volontà di fare bene a tutte le partite e quindi c’è un’attenzione diversa“.
Parte della crescita è anche figlia del lavoro svolto in Benetton: “Il percorso di Treviso parte da molto lontano. L’anno prima del mio arrivo c’erano risultati poco soddisfacenti; poi c’è stato un grande lavoro di Crowley prima e di Bortolami adesso, sono tutte prestazioni che per il Sei Nazioni al gruppo Nazionale composto da giocatori di Treviso porta tanta fiducia e consapevolezza dei propri mezzi. E’ un successo che va di pari passo per le franchigie, un successo di tutti che poi dopo viene veicolato nella Nazionale e fa bene allo staff, al clima. Una cosa positiva”.
In occasioni come queste è fondamentale avere un approccio psicologico di rilievo, così come confermato da Ferrari: “E’ fondamentale come in tutte le discipline. E’ compito degli atleti avere una persona a fianco. Può aiutare a livello prestativo perché lavorare su ciò che hai in testa ti aiuta a performare e ad allenarti in modo più libero, a divertirti e sentire meno il peso dei raduni ecc. La componente psicologica è sempre più fondamentale su tutti i dettagli che le squadre di alto livello portano, quello sulla saluta mentale dei giocatori è un dettaglio che può fare la differenza”.
A poche ore dall’esordio, le sensazioni dell’azzurro sono positive: “Il clima è sereno, positivo e confidente. I ragazzi stanno bene anche dopo il weekend delle partite, quindi anche quelli che non si sono fermati sono in forma Io mi sento bene nonostante l’età che avanza, siamo contenti. Nel match contro la Scozia, sarà da temere l’attacco: “Mi preoccupa. A novembre sono stati ai primi posti della classifica tra handbrake e ball carrier. Le loro ali sono pericolose e guidate da un 10 che è Finn Russell che ha qualità innate. E’ una squadra completa ed organizzata come difesa. Il pacchetto davanti sa essere ruvido e pesante, ma sa muoversi bene intorno al campo. Sarà impegnativo, specie a casa loro e dopo la partita fatta a Roma”.
L’importante, ha proseguito Ferrari, sarà cominciare bene: “L’inizio è il più difficile per l’Italia, ricordiamo Inghilterra o Irlanda l’anno scorso. Bisogna fare un grosso lavoro su noi stessi. Serve iniziare bene e con il piede giusto con la Scozia, il Galles è una bestia ferita, ma è sempre molto pericolosa in quanto Nazione di Rugby. Va affrontata con rispetto dovuto e con determinazione“. Occhio anche al peso delle aspettative: “L’Italia soffre il pronostico e a volte scende in campo più contratta. Bisogna a dare il giusto peso alle aspettative. Giocare contro una corazzata come la Francia può essere uno stimolo positivo. Io spero che venga fuori con una partita come quella con gli All Blacks a Torino. Sarebbe bello replicarla, se giochiamo con quell’atteggiamento, se scendiamo in campo agguerriti contro una squadra in cui nessuno ci dà vittoriosi, può essere una bella sfida”.
In conclusione Ferrari ha detto il motivo per cui ama in modo viscerale il suo sport. “Credo di essere una persona semplice che ha trovato nel rugby la sua passione, l’ha fatta diventare un lavoro. Amo il rugby perché è stata la mia seconda famiglia fin da subito. Gioco per divertirmi, per stare in compagnia e per vivere emozioni per cui mi sento fortunato di vivere vedendo luoghi meravigliosi e condividendoli con gente fantastica“.