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Oasport: Nuoto paralimpico: Super-Italia a Berlino! Morlacchi, medaglie e record
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Andy Diaz: “Cacciato perché ero basso, dicevano che non avevo talento. Le lacrime di mia mamma e il sogno dell’Italia”

Alice Liverani e Ferdinando Savarese hanno condotto l’ultima puntata della trasmissione Focus, appuntamento in onda sul canale YouTube di OA Sport, che ha avuto come ospite Andy Diaz, triplista di origine cubana, il quale è riuscito a partecipare alle Olimpiadi di Parigi 2024 sotto la bandiera dell’Italia.

La storia di Andy Diaz: “Sono nato a Cuba e fin da piccolo mi piaceva correre, saltare, ero un ragazzo iperattivo. Mi piaceva essere in costante movimento, mia mamma ha notato questa capacità che avevo e mi ha portato in un campo di atletica. Lì ho iniziato a dimostrare il mio talento, però quando sei piccolo inizi a fare tutti gli eventi: velocità, salto in lungo, salto triplo, salto in alto, lanci, e anche le prove di mezzofondo, però particolarmente mi sono appassionato al salto triplo, perché ho un cugino che faceva salto triplo, e ha fatto come misura 17.72 e ha gareggiato anche con Fabrizio Donato, e lui particolarmente mi ha dato l’impulso a fare questa specialità, poi ovviamente il primo obiettivo era essere il migliore della mia famiglia. Sono molto competitivo, e questa è una misura che sono riuscito a fare tre anni fa, sono 19-20 anni che faccio atletica e soltanto 3 anni fa sono riuscito a battere il record della mia famiglia, quindi almeno sono il migliore nella mia famiglia, questo mi fa stare molto tranquillo“.

La travagliata esperienza a Cuba: “Una volta mi hanno cacciato proprio da una scuola di atletica, poiché ero basso, non ero in condizione di fare i salti, così hanno detto, non avevo la condizione, non avevo il talento per fare salto in alto, salto triplo, salto in lungo. Comunque io ho continuato a studiare, ho continuato ad allenarmi, sono entrato nella Nazionale cubana, anche lì era un po’ più difficile perché tutti dicevano che io non avevo talento, che io non riuscivo mai a fare un salto di qualità, e queste cose ovviamente demoralizzano un atleta. Io ho continuato ad allenarmi, ho continuato a fidarmi di me stesso, avevo comunque un allenatore che si è fidato del mio potenziale e siamo riusciti a fare qualche risultato. A Cuba non è che noi abbiamo tutte le possibilità per sognare di essere un campione olimpico, ci sono a Cuba, ma sono pochi, anzi nel salto triplo, a Cuba, che è la specialità più forte che abbiamo noi, non ci sono campioni olimpici. Tutti argenti, bronzi, ma non ci sono campioni olimpici nel salto triplo, in altre specialità sì, però nel salto triplo no. Il salto triplo è un evento molto importante a Cuba, noi siamo forti nel salto triplo, così dicono, io penso che siamo normali, come tanti altri Paesi, come l’Italia, come gli americani, i francesi. Comunque io ho continuato a sognare, ho deciso che volevo vincere un’Olimpiade, volevo prendere una medaglia olimpica, e a Cuba sapevo che non potevo riuscire a fare le misure importanti per prendere quella medaglia. Ho preso la decisione di andare via dopo Tokyo, non ho gareggiato a Tokyo, al ritorno per Cuba, nello scalo in Spagna ho lasciato la Federazione, nessuno mi ha visto, nessuno mi ha guardato, non ho guardato indietro, sono andato avanti. Ho abbandonato la mia delegazione per continuare a sognare, per continuare a fare quello che mi piaceva, perché evidentemente a Cuba c’erano dei problemi che non mi lasciavano fare questi risultati. Poi sono venuto qui in Italia“.

La decisione che ha cambiato la sua vita e la sua carriera: “In Spagna mi sono preso quattro giorni, cinque giorni, non mi ricordo con esattezza, perché dovevo canalizzare tutto quello che avevo fatto, era importante, sapevo che non potevo tornare a Cuba per otto anni, ci sono delle leggi che mi impediscono di entrare nel mio Paese natale e ho dovuto abbandonare la mia famiglia. Ero comunque solo in un Paese straniero, dove non avevo nessuno che mi poteva aiutare, non avevo nessuna famiglia, nessuna persona cara che mi poteva sistemare in qualche modo, vicino a me soltanto avevo degli amici. Prendere quella decisione è stato molto difficile, io solo ho preso la decisione, ho chiamato a casa ed ho detto: ‘Mamma, papà, io non torno a Cuba, non posso tornare a Cuba. Devo continuare a fare il mio percorso come atleta, a Cuba non lo posso fare’. Mia mamma ovviamente ha iniziato a piangere, mio papà ha iniziato a piangere, mia nonna, i miei cugini, tutti, ma loro sono stati molto, veramente, comprensivi, e mi hanno detto: ‘Fai quello che devi fare, non ti devi preoccupare per noi, perché la prima cosa che uno fa è aiutare la famiglia. A Cuba ci sono problemi, quindi tu inizia a guadagnare qualche soldo, inizia ad andare avanti e aiuta la famiglia’. La prima cosa che loro mi hanno detto è stata: ‘Tu stai tranquillo, rilassati, pensa a te prima, poi si pensa a noi’. E’ stata quella cosa che mi ha fatto comunque andare avanti tranquillo, sereno, perché sapevo che avevo una famiglia che mi sosteneva, e questo veramente mi ha fatto molto felice, perché loro mi hanno dato l’opportunità di continuare ad andare avanti“.

LA PUNTATA COMPLETA DI FOCUS




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