Stefano Rubaudo: “Il nuoto di fondo è cresciuto. Sono venuto dal Brasile e non sono più tornato”
Alice Liverani ed Enrico Spada hanno condotto il nuovo appuntamento con la trasmissione Focus, andata in onda sul canale YouTube di OA Sport, che ha avuto come ospite Stefano Rubaudo, ex campione mondiale ed oggi coordinatore tecnico del nuoto in acque libere.
La crescita del movimento: “Il fondo è cresciuto tantissimo come numeri ed è il risultato più bello che a me piace pubblicizzare, i numeri di un movimento che sono in continua crescita: Taddeucci e Paltrinieri sono solo il risultato finale di un lavoro che ha fatto la Federazione investendo moltissimo, soprattutto dopo il Covid, in questa disciplina nella parte organizzativa, che ha portato dei frutti che a un certo punto erano anche secondo me un po’ inaspettati, perché in quattro anni siamo passati da 160-170 presenze gara ai Campionati Italiani a quasi 900, insomma è diventata una gara ormai anche difficile da gestire. Bellissimi anche i numeri dei Master, che sono passati da circa 500 presenze gara a circa 2000, cioè numeri importanti, quadruplicati, ed adesso stiamo cercando di portare anche i Propaganda, anche i più piccoli, con delle gare di 200-300 metri. Penso che a livello sociale il nuoto di fondo sia il giusto connubio tra il nuoto e il salvamento“.
I ricordi più belli della sua carriera agonistica: “La medaglia che più mi rappresenta, in realtà, sono i Campionati Europei del 1991. Io ho iniziato a nuotare molto tardi, a 16 anni, venivo dal Brasile. Io sono venuto in Italia nel 1988 da solo, non dico scappando di casa, ma ho chiesto di venire in Italia, poi non sono più tornato a casa. Erano altri tempi, era anche difficile, perché era difficile poi comunicare con casa. Stiamo parlando del 1988, perciò non c’era internet, non c’era niente. Un po’ con la disperazione di mia mamma, ma io poi alla fine ho fatto la mia scelta e sono rimasto qua ed ho iniziato praticamente a nuotare qui con Corrado Rosso a Torino. Io in realtà in Brasile nuotavo in mare, mi allenavo in mare e mi piaceva molto. Anche se in quell’anno lì, nel 1991, avevo ottenuto ottimi risultati, perché ero arrivato secondo ai Campionati Italiani Assoluti nei 1500, perciò comunque un risultato importante, nuotavo da due anni, quando c’è stata l’opportunità di fare le gare di fondo Corrado Rosso mi ha subito spinto affinché io partecipassi, e non potrò mai scordare quel giorno. Il fondo era completamente diverso, non c’erano i circuiti, si partiva da un punto e si arrivava in un altro punto, cinque chilometri dritti, praticamente, a chi arriva primo, senza boa e senza niente: quello è il molo, là dovete girare, girato là troverete l’arrivo. Quel giorno c’era un mare forza sei, forza sette, molto mosso, era un mare incredibile, e per me che venivo dall’Oceano Atlantico era abbastanza normale come situazione, perciò non ero particolarmente preoccupato“.
Il racconto di quella vittoria: “Ricordo le parole di Corrado Rosso, che ovviamente mi guarda e mi dice: ‘Guarda, è impossibile che perdi questa gara, perché è il tuo momento, il tuo mare. Arriva alla boa di virata, testa in acqua, ti metti giù, gira le braccia più che puoi e vedrai che quando arrivi hai vinto’. Mi butto in acqua, faccio come dice lui, arrivo a Terracina, giro il molo del porto, con un’onda che mi scaraventa dall’altro lato e taglio il traguardo. Mi giro dietro e non c’era nessuno, e dico: ‘Ma gli altri dove sono?’. Gli altri dovevano ancora girare il molo, infatti il distacco è stato importante. Massimo Lovati, che all’epoca faceva le foto, ci chiede di rifare l’arrivo con tutti più o meno lì. Lì è iniziato il mio gioco del fondo“.
Lo spirito con cui ha vissuto il nuoto di fondo: “Non l’ho mai vissuto come vivevo la piscina, l’ho sempre vissuto come un divertimento, e il mio gruppo, con Luca Baldini, Fabio Venturini, Simone Ercoli, è sempre stato un gruppo molto unito, quando facevamo le gare di Coppa Europa o Coppa LEN il premio noi lo dividevamo tra tutti, e magari andavamo a farci una bevuta, una mangiata la sera, era molto meno competitivo di oggi, anche se il livello degli atleti era un livello importante, ma proprio il nostro approccio era completamente diverso, eravamo degli amanti del mare, e quando entravamo in acqua per allenarci in mare, gli allenatori facevano fatica a farci uscire poi, perché chi andava sotto, chi cercava una cosa, chi cercava altro, chi faceva la sfida. Oggi c’è molto più professionismo, i ragazzi entrano in acqua, fanno l’allenamento ed escono. Noi, mi ricordo a Sharm, entravamo in acqua e poi non uscivamo più, rimanevamo sei ore in acqua a giocare, a fare qualunque cosa, e questo è il vero cambiamento, però i tempi cambiano, la visibilità cambia, perciò immagino anche che oggi sia molto importante per i ragazzi, perché poi i tempi sono questi, i social, insomma una serie di cose che noi non avevamo, perciò cosa c’era di meglio che stare in acqua e giocare, piuttosto che andare a vedere cosa c’è sotto e sfidarci chi andava più in profondità. Oggi il focus è completamente cambiato, un po’ mi dispiace, capisco il discorso economico, capisco tutto, perciò sono molto contento della parte che ho raccontato prima, che è quella dei numeri, della gente“.