Inchiesta ultras e mafia: cosa rischiano davvero Inter e Milan
Per capire cosa rischino Inter e (in misura minore) Milan dal punto di vista sportivo dopo lo tsunami dell'inchiesta sui malaffari delle due curve a San Siro, bisogna seguire il filo delle norme e dei precedenti. Inutile correre dietro a pareri e scenari spesso disegnati sull'onda dell'impatto emotivo causato dal clamore di un'inchiesta che ha svelato gli intrecci tra capi ultras e organizzazioni criminali. Con una premessa doverosa: allo stato attuale è difficile comparare la posizione di Inter e Milan e delle rispettive curve, non solo perché a quella Nord interista è stata contestata l'aggravante mafiosa mentre a quella rossonera no, ma anche e soprattutto perché nelle 568 pagine dell'ordinanza che ha portato alla pioggia di arresti c'è traccia di contatti abituali tra i ras della curva e la struttura Inter mentre è tutto molto più sfumato dall'altra parte del Naviglio.
La Procura della Figc si è mossa immediatamente chiedendo ai magistrati di Milano la documentazione non coperta da segreto istruttorio. Un atto dovuto e che molto probabilmente porterà a una serie di eventi successivi. Visto quanto descritto nell'ordinanza è assai probabile che i tesserati citati (Zanetti, Inzaghi, Barella, Calhanoglu, Skriniar e Calabria) siano chiamati a rispondere alle domande del procuratore Chiné sulla reale natura di rapporti vietati dalle norme Figc. Si partirà da qui per arrivare a cercare di capire se dal punto di vista sportivo i club rischiano di pagare qualcosa o meno, tenendo sempre come punto di riferimento che non è sufficiente non essere indagati, o addirittura essere considerati parti lese, nell'inchiesta penale per mettere al riparo da problemi.
Accadde anche alla Juventus nel 2017. Sebbene nessun tesserato fosse mai stato nemmeno iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Torino che indagava sui rapporti con gli ultras della Sud e le infiltrazioni della 'ndrangheta nel business del tifo, l'allora procuratore federale Giuseppe Pecoraro chiamò comunque a processo Andrea Agnelli, presidente, i dirigenti nominati nelle carte dell'inchiesta a la Juventus stessa per responsabilità diretta e oggettiva.
Finì con richieste pesantissime da parte di Pecoraro (30 mesi di inibizione per Agnelli quella più clamorosa), ridotte in primo grado e dopo l'appello. Squalifiche per i dirigenti, Agnelli pagò con 3 mesi di stop, multe e una giornata a curva chiusa per la squadra. Nessuna penalizzazione, nulla con ricadute sul piano sportivo.
Sarà bene tenerlo a mente quando si ascoltano previsioni circa la possibilità che Inter e Milan lascino qualcosa sul campo a causa della vicenda. In linea teorica lo scenario è reale ma legato alla particolare gravità dei comportamenti dei club e dei loro tesserati nel tenere rapporti strutturalmente illeciti con la tifoseria non organizzata, se non attraverso la figura dello SLO (Supporter Liason Officer) che è stata creata per legge proprio per quella ragione.
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Inibizioni, squalifiche e multe sono quanto prevede il Codice di Giustizia sportiva per questa tipologia di reato. Per andare oltre si deve poter contestare, vincendo, l'articolo 4 dello stesso codice, quello che obbligano i club a osservare principi di lealtà, correttezza e probità. E' accaduto in passato? La risposta è affermativa. Accadde proprio alla Juventus nel 2017, chiamata a rispondere per responsabilità diretta ed oggettiva della violazione dell'articolo 4 con coinvolti il vertice apicale dell'azienda (Agnelli) e alcuni dirigenti.
Eppure l'allora procuratore federale Pecoraro, sollecito nel suo atto d'accusa a definire particolarmente gravi, continui e duraturi i rapporti con i capi ultras, non si sognò di chiedere nessun tipo di penalizzazione in punti per la Juventus. Con questo precedente e pur con un inasprimento voluto dalla Figc nei mesi successivi, è esercizio teorico immaginare che Milan e Inter vadano seriamente incontro a un danno sportivo in termini di punti. Questo con le carte a disposizione, ma è corretto tornare alla memoria per ricordare l'enorme clamore suscitato dall'inchiesta Alto Piemonte e dalla realtà su cui aveva acceso un faro.