Qatar, un Regno al centro dei giochi di potere
«Giorgia me ne occupo io a costo di andare a prenderla a Teheran» è stata l’assicurazione dell’emiro del Qatar Tamim Bin Hamad Al Thani al premier italiano, nei giorni dell’arresto della giornalista Cecilia Sala. Un rapporto privilegiato, quello di Al Thani con gli ayatollah, che si è rivelato prezioso. Dopo il suo intervento il capo dei servizi iraniani ha informato il generale che guida l’Aise, Gianni Caravelli, che si poteva iniziare a trattare sul caso risolto in sole tre settimane. Il Qatar, piccolo emirato del Golfo (una superficie un po’ più grande dell’Abruzzo, meno di tre milioni di abitanti) è al centro di tutte le mediazioni e segreti più delicati a cominciare dall’accordo per la liberazione degli ostaggi israeliani e la tregua a Gaza. A Doha, la capitale, è stato negoziato con i talebani il ritiro troppo precipitoso dall’Afghanistan, la liberazione di ostaggi in mano ai terroristi, la restituzione all’Ucraina dei suoi bambini portati in Russia, e ora si punta a una mediazione per il conflitto tra Mosca e Kiev. «In Medio Oriente non si deve mai guardare solo alla dimensione geografica dei Paesi, ma alla sostanza di ciò che sono» spiega Riccardo Sessa, ambasciatore di lungo corso che è stato direttore generale per il Medio Oriente e il Mediterraneo alla Farnesina. «Quando si parla di diplomazia in vista di obiettivi da raggiungere fra i più delicati e sensibili è fuori discussione che bisogna muoversi su due direttrici: la prima, un’estrema riservatezza in relazione ai contatti e la seconda una capacità di parlare con tutti a cominciare da chi non la pensa alla stessa maniera» sottolinea il presidente della Società italiana per l’organizzazione internazionale.
Il Qatar ha sempre avuto rapporti con i «cattivi» di turno, dalle relazioni alla luce del sole con l’Iran ai contatti segreti con gruppi del terrore e le sue derivazioni. Al Thani è stato coinvolto nel caso Sala perché nel settembre 2023 aveva già mediato con successo uno scambio di prigionieri, cinque a testa, fra Stati Uniti e Iran e lo scongelamento di sei miliardi di dollari dei fondi di Teheran negli Usa. Il 21 ottobre Giorgia Meloni ha ricevuto l’emiro a Villa Doria Pamphilj, a Roma, con l’obiettivo di «approfondire il partenariato strategico» e coinvolgere il Qatar nel Piano Mattei per l’Africa. Il gruppo Fincantieri ha firmato un memorandum d’intesa con Barzan Holdings, società della Difesa qatarina, per lo sviluppo congiunto di 40 radar Omega360 per il sistema anti-drone dell’emirato. «Le sette navi più importanti della flotta del Qatar sono state varate da Fincantieri» osserva Gianandrea Gaiani, direttore della rivista online Analisi Difesa. «Nel 2022 l’operazione Orice con una task force di 560 militari italiani e la nave Thaon di Revel, ha garantito la sicurezza dei mondiali di calcio». Ogni anno una brigata italiana si addestra nel deserto qatarino e gli ufficiali dell’emirato studiano da noi. Il vero affare strategico è il contratto a lungo termine firmato dall’Eni con QatarEnergy per lo sviluppo del progetto North Field East. Dal 2026 importeremo 1,5 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto, che arriveranno al terminale di Piombino. Petrolio e gas rappresentano l’87 per cento delle entrate dell’emirato. Il Qatar prevede di espandere il giacimento North Field, il più grande al mondo, fino a 142 miliardi di tonnellate l’anno prima del 2030.
«Se non c’è Doha, non si può fare» è il motto che ha preso piede nelle crisi più complicate del Medio Oriente. L’accordo fra Hamas e Israele per la tregua e il rilascio degli ostaggi è un miracolo di diplomazia segreta. Dopo 15 mesi Al Thani l’ha spuntata con l’aiuto di Donald Trump che aveva promesso «l’inferno» se l’accordo non fosse stato siglato prima del suo insediamento alla Casa Bianca. Per le ultime limature ai 18 punti della prima fase, che prevede in 42 giorni il rilascio di 33 ostaggi israeliani da Gaza, i mediatori facevano la spola, in una residenza di un funzionario governativo del Qatar, fra il primo piano dove c’erano i rappresentanti di Hamas al secondo con gli israeliani. Si andava avanti fino alle 3 del mattino per poi riprendere dopo poche ore di sonno. Alla fine l’aspetto più complicato era il via libera definitivo di Mohammed Sinwar, annidato nella Striscia, fratello del capo di Hamas, ucciso a Gaza, che aveva ordinato l’attacco stragista del 7 ottobre.Per questa e altre missioni impossibili l’emiro si affida ad Abdullah bin Mohammed al-Khulaifi, il capo dei servizi segreti di Doha, un giovane avvocato che ha a disposizione le spie più spregiudicate del Golfo. Non è un caso che William J. Burns, a capo della Cia con Biden, abbia consegnato ad al-Khulaifi la medaglia «George Tenet» per lo sforzo segreto nella mediazione e altre operazioni. «Il Qatar è al centro di tante vicende buone e cattive. Conosco personalmente l’emiro, un uomo in gamba. Di base gli Al Thani sono uomini d’affari, che utilizzano lo strumento religioso legato ai Fratelli musulmani» spiega l’ex capo di Stato maggiore della Difesa, Mario Arpino, che è di casa nella penisola arabica dopo aver partecipato alla prima guerra del Golfo contro Saddam Hussein. Il Qatar ha avuto problemi in passato per la Fratellanza musulmana. Arabia Saudita ed Emirati arabi uniti avevano imposto un blocco del Paese nel 2017, ma poi i rapporti si sono ricomposti in maniera pacifica. «Approvo al 200 per cento quello che sta facendo Giorgia Meloni all’estero» sottolinea Arpino, oggi generale in congedo «a cominciare proprio dagli accordi con i Paesi del Golfo come il Qatar».Al Thani, su richiesta americana, ha ospitato a Doha, dal 2012, un ufficio dei leader in esilio di Hamas. Lo stesso premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha tacitamente approvato che il Qatar finanziasse il gruppo armato palestinese e il suo governo a Gaza con 30 milioni di dollari al mese. Nel 2012 Hamad bin Khalifa al-Thani, il padre dell’attuale emiro, era stato il primo capo di Stato a visitare la Striscia. Sheikh Tamim, 44 anni, è un pragmatico che nel solco della tradizione familiare riesce a stringere buoni rapporti con tutti, dagli Stati Uniti alla Russia, dall’Iran ad Israele. Sovrano per abdicazione del padre dal 2013 governa un emirato, non una democrazia, controllando tutto con uomini chiave come Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, premier e ministro degli Esteri. L’emiro Al Thani si è formato nella famosa Accademia militare inglese di Sandhurst. Investitore miliardario, è innamorato dei marchi occidentali come Barclays, Harrods, Volkswagen, Walt Disney. E ha puntato sullo sport, soprattutto il calcio, per presentarsi al mondo con un’immagine ripulita e moderna. Il fiore all’occhiello è la squadra di calcio francese del Paris Saint-German. Da tre mogli ha avuto 13 figli, sette maschi e sei femmine.
«Nonostante le sue dimensioni ridotte e il peso demografico minimo, l’emirato della dinastia Al Thani, oltre al suo noto status di potenza energetica mondiale, ha fatto dell’attivismo diplomatico uno dei punti di forza, trasformando il regno in un polo centrale della diplomazia globale» ha scritto Giorgio Cella in un’analisi per Med-Or, la fondazione di Marco Minniti. L’asso nella manica si trova ad Al Udeid: è la più grande base Usa nel Medio Oriente, con diecimila militari e aviazione. Non è un caso se il Qatar è stato nominato fra i maggiori alleati non Nato degli Stati Uniti. Come non è un caso che ai talebani sia stato concesso di aprire un ufficio di rappresentanza a Doha per poi trattare, sotto la prima presidenza Trump, l’accordo per il ritiro da Kabul rivelatosi disastroso con Biden. Il Qatar ha negoziato con successo in crisi sanguinose come la guerra nello Yemen, che però è diventata una minaccia con gli Houti, la violenza nel Darfur, ora ripresa con la nuova guerra civile e una disputa di confine fra Gibuti ed Eritrea. I servizi di Doha hanno anche operato nell’ombra intrattenendo contatti scabrosi con Al Qaida e Isis, almeno all’inizio, per poi far parte della Coalizione internazionale contro il Califfato. In Libia il Qatar ha armato e finanziato i ribelli jihadisti contro Gheddafi. Stesso copione in Siria, dove i rapporti con il Fronte al-Nusra, la costola di Al Qaida, erano tali da permettere il rilascio di ostaggi come le suore del monastero di Malula sequestrate nel 2013. La tv satellitare Al Jazeera, fondata dall’emirato, viene utilizzata come un volano per raggiungere gli obiettivi strategici nelle aree di crisi. Il conquistatore di Damasco, Ahmad al Shara/al Joulani, si è fatto le ossa con al Nusra e il primo volo internazionale atterrato a Damasco il 7 gennaio, dopo la caduta del regime di Assad, è stato della Qatar Airways. «L’alleato più stretto dell’emirato è la Turchia, che ha una brigata schierata in Qatar» fa ancora notare Gaiani. «Istanbul si è occupata dell’esecuzione operativa sul terreno, mai i soldi che hanno fatto crollare il regime siriano, quelli sono arrivati da Doha».