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Trump guarda all'Africa

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L’amministrazione Trump guarda con crescente interesse all'Africa. La settimana scorsa, Agenzia Nova ha riferito che una delegazione di Africom, guidata dal generale John Brennan, ha avuto un incontro a Bengasi con il figlio del maresciallo Khalifa Haftar, Saddam. Da quanto si apprende, il meeting era finalizzato a “rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza tra Stati Uniti e Libia, nonché il sostegno agli sforzi guidati dalla Libia per riunificare le istituzioni militari e di sicurezza”.

L’incontro è avvenuto mentre la Russia sta cercando di consolidare la propria influenza nella parte orientale del Paese nordafricano: una dinamica, questa, innescata soprattutto dalla crisi siriana dello scorso dicembre. Washington sembra quindi preoccupata che il ruolo di Mosca nell’area possa aumentare: non è d’altronde un mistero che, negli ultimi anni, i russi abbiano usato l’est libico come un trampolino di lancio, per irradiare la propria longa manus su ampie parti del Sahel. Mali, Burkina Faso e Niger si sono man mano inseriti nell’orbita di Mosca e, nel 2023, hanno anche siglato un patto di sicurezza che prevede l’assistenza militare reciproca. Un patto che, per inciso, al Cremlino non è affatto dispiaciuto.

Insomma, sembra che, differentemente dal primo mandato, stavolta Donald Trump sia maggiormente interessato allo scacchiere africano. Ricordiamo che, una decina di giorni fa, il presidente americano aveva ordinato dei bombardamenti in Somalia contro alcuni esponenti locali dell’Isis. Questo significa che l’attuale Casa Bianca sta cercando di recuperare influenza nell’area, soprattutto dopo che l’amministrazione Biden aveva mostrato segnali di difficoltà, trovandosi di fatto costretta a ritirare le truppe statunitensi dal Niger l'anno scorso. Trump, dal canto suo, teme l’influenza russa sul continente africano: influenza che spesso si accompagna a quella iraniana. Un problema, questo, che riguarda principalmente il Sahel, ma non solo. Non è un caso che, tagliando recentemente l’assistenza finanziaria statunitense al Sudafrica, Trump abbia citato, tra le motivazioni, i rapporti sempre più stretti tra Pretoria e Teheran. Quella stessa Pretoria che, nel 2023, fu accusata dall’amministrazione Biden di fornire armamenti alla Russia.

In secondo luogo, è anche possibile che l’attuale presidente americano punti a estendere gli Accordi di Abramo al Maghreb: d’altronde, a dicembre 2020, il Marocco aveva ufficialmente riconosciuto lo Stato di Israele. Sotto questo aspetto, non è escludibile che l’amministrazione Trump possa guardare con interesse specialmente alla Tunisia. Se ciò fosse confermato, l’Italia potrebbe svolgere un ruolo di mediazione significativo soprattutto nel quadro del Piano Mattei. Che si registri una sponda politica notevole tra Trump e Giorgia Meloni, non è un mistero. Ebbene, tale sponda potrebbe ulteriormente rafforzarsi proprio guardando all’Africa. È anche in quest’ottica che Roma potrebbe prima o poi ottenere da Washington un rapido rilancio del fianco meridionale della Nato. Quel che è certo è che ben difficilmente Trump si affiderà alla Francia, ormai sempre più debole, per recuperare terreno nel continente africano.




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