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Carceri del Regno Unito sotto attacco: droni minano la sicurezza del sistema penitenziario

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L’ispettore capo delle car ceri inglesi ha accusato la polizia e il governo di Londra di consentire alle bande criminali britanniche di disporre come meglio credono dello spazio aereo sopra gli istituti penali di Sua Maestà. No, non è un cortocircuito politico né una mossa dell’opposizione al governo Starmer: il crimine organizzato inglese ha più semplicemente scoperto le (enormi) falle nella sicurezza del Regno, e ne sta approfittando. All’interno dell’arcipelago penale inglese, che si estende da Dartmoor al Vallo di Adriano, ci sono 122 prigioni per una popolazione carceraria che, a marzo 2024, raggiungeva i circa 97.700 detenuti (87.900 in Inghilterra e Galles, ottomila in Scozia e 1.900 in Irlanda del Nord). Ma il problema sono soprattutto i 13 reparti speciali, denominati Long Term and High Security Estate, dove il servizio carcerario confina i criminali più pericolosi - terroristi, serial killer e assassini di bambini - in condizioni che si presumerebbero di isolamento assoluto.

Con l’inizio del 2025, tuttavia, sopra i cieli di queste prigioni di massima sicurezza, pomposamente soprannominate «supermax», sono comparsi droni in grado di trasportare carichi utili fino a 15 chilogrammi, e ancora inafferrabili per le forze di polizia carceraria. Oggi vengono utilizzati per consegnare droga ai detenuti, domani potrebbero traspor tare armi e denaro utili a sobillare rivolte e/o evasioni. Non si tratta di espedienti tempora nei pensati per corrompere i secondini o soddisfare qualche tossico dal «fine pena mai»: siamo di fronte a droni sofisticati, dal costo di diverse migliaia di sterline, con un’apertura alare di circa un metro ed equipaggiati con apparecchiature di imaging termico per compie re incursioni notturne a volo basso e con massima discrezione. Sebbene (dopo ripetute consegne di stupefacenti andate a buon fine) alcuni istituti penali siano corsi ai ripari adottando tecnologie anti drone per rilevare la presenza di aerei senza pilota (Uav) in avvicinamento, pochi - se non nessuno - ha effettiva mente impedito loro di avvicinarsi e consegnare il carico. Charlie Taylor, ispettore capo del sistema carcerario, dopo aver presentato due rapporti allarmati sul tema, conferma che a procurarsi merce di contrabbando e ogni genere di apparato elettronico, sono anche e soprattutto quei «prigionieri molto pericolosi confinati in strutture di massima sicurezza». Taylor ha circostanziato le sue accuse, indicando lacune securitarie soprattutto riguardo allo spazio aereo sopra il penitenziario di Manchester (in precedenza noto come Strangeways e ritenuto «il più violento del Regno Unito») e a Long Lartin, nel Worcestershire.

In entrambe le strutture, gli «ospiti» riuscivano addirittura ad aprire fessure nelle finestre, attraverso cui potevano ricevere regolarmente e con comodità le spedizioni loro recapitate via drone. A ogni tentativo di riparare questi «passaggi», gli operai incaricati delle riparazioni venivano minacciati dai prigionieri. Gli ispettori, oltre al degrado delle strutture, hanno rilevato sistemi di videosorveglianza in stato di totale abbandono e l’assenza o la mancata installazione di banalissime reti anti-drone. A Manchester, poi, i funzionari non solo sono stati lenti nell’installare finestre anti-drone, ma queste sono state danneggiate, e alcune divelte, appena ultimato il montaggio. A Long Lartin, il personale è così scoraggiato dalla quantità di consegne tramite droni, che oltre la metà dichiara che questo metodo è certamente il più semplice per i detenuti per ottenere merce di contrabbando. «Un servizio di delivery tra i più efficienti d’Inghilterra», si sghignazza con amara ironia tra i corridoi dell’istituto penale. Nessuna delle due strutture è in ogni caso sovraffollata: una distinzione importante da fare, perché spesso è questa la scusa che accampa chi dovrebbe vigilare. Vero è che le prigioni del Regno Unito sono da decenni in uno stato emergenziale, con una schiera di ministri della Giustizia e premier avvicendatisi che hanno proseguito nella consuetudine di non affrontare le cause della crisi. Quali? Anzitutto il budget per il sistema penale, che dal 2010 in avanti è stato progressivamente tagliato così come il personale, mentre le condanne hanno continuato a crescere, complici la stagione del terrorismo islamico e l’aumento della povertà in seguito alla Brexit. È dal 2020 che Taylor e molti altri operatori degli istituti di pena denunciano il pericolo di tracollo definitivo, se non saranno messi in campo dei correttivi. Ma che non sono mai stati attuati. E così i criminali hanno potuto prendere possesso dei cieli e beffare ripetutamente i controlli, recapitando a boss mafiosi e terroristi droga, cellulari, ordini, scommesse e chissà cos’altro. Fatto che, oltre alle note e immaginabili conseguenze, ha contribuito al morale depresso del personale carcerario, con percentuali di insoddisfazione che superano persino le statistiche di epoca pandemica.

Gli ispettori all’interno del carcere di Long Lartin, per esempio, hanno rilevato «la consegna di grandi quantità di articoli illeciti» a detenuti come Vincent Tabak, responsabile del rapimento e dell’omicidio efferato di Joanna Yeates; lo stragista Jeremy Bamber, colpevole di cinque omicidi (tra cui quello di una bambina); e il famoso predicatore estremista Abu Hamza, poi estradato negli Stati Uniti per istigazione al terrorismo. Anche perché, come denuncia l’Associazione degli agenti penitenziari britannica, il sistema della sicurezza è profondamente compromesso. «Ci sono persone che vengono inquadrate come agenti penitenziari al solo scopo di con trabbandare articoli come la droga». È un ottimo business, considerato che il 38 per cento dei detenuti inglesi è risultato positivo ai test per rilevare stupefacenti. «La criminalità organizzata si è resa conto che si possono fare molti soldi con il contrabbando nelle carceri. Ti pagano per addestrarti e poi fai quello che vuoi. Se ti va bene, non vieni scoperto e ne esci dopo cinque o sei mesi avendo gua dagnato qualche soldo. Sembra un po’ surreale. Ma sta accadendo davvero». Nel 1994, alcuni terroristi dell’Ira irlandese evasero dal carcere di massi ma sicurezza di Whitemoor, struttura sulla carta «a prova di fuga», dopo aver costretto la sorveglianza ad aprire le porte del penitenziario grazie a due pistole da 9 mm e a 1,5 chilogrammi di esplosivo Semtex. Un simile carico, oggi, potrebbe entrare grazie ad agenti corrotti o essere facilmente trasportato da un drone, che può contenere sia l’esplosivo sia le armi.

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