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Pd, torna il rosso però negli affitti

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Le sedi del Partito democratico (spesso «sezioni» dov’è passata la storia dei comunisti italiani) vengono svendute o sono gravate dai debiti per le locazioni. Intanto i dati su iscritti e circoli attivi sono avvolti dal mistero.


Alla fine Elly Schlein qualcosa di rosso nel Pd è riuscita a trovarlo. È un buco di diversi milioni ne gli affitti dei circoli, ciò che resta delle gloriose sezioni del fu Pci, che saranno venduti o chiusi. Per la verità è un rosso antico: il Pd non ha mai avuto finanze solidissime anche perché quando Walter Veltroni decise di fondarlo dopo un party con Francesco Rutelli il Pds e la Margherita celebrarono il matrimonio con la separazione dei beni.

Se oggi il Pd si trova a fare i conti con buchi di bilancio, la Margherita che aveva in pancia circa 200 milioni di rimborsi elettorali li ha visti sparire nei traffici dell’ex tesoriere Luigi Lusi, parlamentare dem, che stando a varie accuse si sarebbe intascato tra i 13 e i 20 milioni di euro avendone spartiti altrettanti in varie iniziative e fonda zioni. L’ultimo scampolo di questo scandalo è la vendita all’asta della villa di Lusi, già villa Holdert, oltre un secolo di storia sulle spalle, sulle rive del lago di Nemi a Genzano, meno di 30 chilometri dalla Capitale. Ben diversa la sorte degli immobili del fu Pci-Ds Pds: molti di questi erano stati costruiti con ore e ore di lavoro dai militanti comunisti. A metterli (relativamente) al sicuro ci ha pensato Ugo Sposetti, senatore e deputato comuni sta, ex tesoriere del Pci ed ex ferroviere nato a Tolentino in provincia di Macerata. Primo Greganti, l’uomo della tangente Enimont al Pci che si è fatto tre anni di galera senza mai rivelare nulla, è nato a Jesi. Il Pci forse sceglieva i marchi giani per maneggiare i soldi perché in passato sono stati i gabellieri del Papa.

Nel 2007, una settimana prima che nascesse il Pd, Sposetti ha spartito tremila immobili del Pci (valore di mercato un miliardo di euro) in 67 fondazioni che poi hanno affittato sezioni, circoli e «fu» Case del popolo al nascente Pd. Una manovra azzeccata se non fosse che il Pd è un pessimo pagatore. Si era capito con la legge che Romano Prodi aveva varato nel 1998 per far accollare allo Stato i debiti dei giornali di partito. Il contribuente italiano ha pagato nell’ottobre di sei anni fa 81,6 milioni per ripianare il deficit del giornale del Pci-Ds-Pds-Pd. Oggi però le Fondazioni di Sposetti sono con l’acqua alla gola e non c’è soccorso pubblico: il loro patrimonio non è remunerativo e il tasso di morosità del partito è insostenibile.

Ne sanno qualcosa al la Fondazione Isonzo che possedeva i circoli del Pd di Gorizia - quelli tanto cari a Debora Serracchiani - che è stata la prima a capitolare: è stata sciolta nel 2017. Ora sta per andare all’asta una fede razione storica: quella di Pisa. Lì, negli anni della conte stazione, Massimo D’Alema - studente allora alla Normale - organizzava cortei e manifestazioni ivi compreso l’assalto al locale dei vip di allora alla Bussola di Viareggio: doveva no contendere la piazza agli extraparlamentari guidati da Adriano Sofri. La sede di via Fratti 9, il Cremlino pisano, progettata da due archistar - Roberto Mariani e Francesco Tomassi - era costata un pozzo di soldi, costruita dai volontari che avevano colato cemento e vetro. Via Fratti 9 è in vendita da tre anni e in degrado; il Pd occupa due stanzucce: sconfitto alle comunali da Mi chele Conti (Centrodestra) e il campo largo a Pisa pende più della Torre.

La crisi immobiliare si manifesta dirompente a Bologna. L’Immobiliare Porta Castello controllata dalla Fondazione Duemila ha in pancia 52 fabbricati, ma ha ormai quattro milioni di debiti contro un patrimonio stimato sui 18 milioni di euro. Nel 2022 ci ha rimesso 1,3 milioni, nel 2023 seicentomila euro, il bilancio del 2024 dovrebbe chiudersi con un’ulteriore perdita vicina al milione. Si tratta in larghissima parte canoni di affitto che i circoli del Pd non hanno corrisposto e Claudio Broglia, ex senatore del Pd, non ha scelta: sfrattare i fu compagni e vendere. Così circa il 40 per cento dei circoli «democratici» sono a rischio chiusura men tre vanno in vendita luoghi icona come la Casa del popolo di via Dozza, la Casetta rossa di via Bastia e il Passepartout di via Galliera. Con i militanti pronti a fare le barricate al grido di «quella è roba nostra». A rischio è anche la leggenda ria sezione della Bolognina, quella della svolta storica di Achille Occhetto che liquidò il Pci, e ora i militanti bolognesi stanno sperimentando il co housing dei circoli per tenere vive alcune memorie.

La situazione più preoccupante è però quella del Pd di Roma. Da anni c’è carenza di fondi tant’è che Salvatore Buzzi - lo ha dichiarato in tribunale, ma pare che ai giudici non interessasse - nelle sue memorie raccolte nel libro Se questa è Mafia racconta che nel settembre del 2014 dopo un incontro con l’allora segretario locale del Pd Lionello Co sentino versò settemila euro al Pd romano per pagare gli stipendi del partito prelevandoli da conto della Coop 29 Giugno. Giusto per memoria, Buzzi è colui il quale in affari con Massimo Carminati, il terrorista nero che aveva legato con alcune coop rosse, in una telefonata dice: «Gli immigrar ti rendono più della droga».

Ebbene le ambasce finanziarie del Pd romano evidentemente non sono mai finite visto che o compra dalla Fondazione Futuro Storico 16 circoli o li chiude. E tra questi ci sono sedi «monumentali»: il circolo di San Lorenzo, in via dei Marsi, storica sede del Partito comunista italiano inaugurata da Palmiro Togliatti nel 1962. La sede di San Lorenzo venne chiusa nel maggio del 2022 per morosità. Chiude anche la sede di ponte Milvio dove Enrico Berlinguer riuniva il partito romano. Elly Schlein forse spera nel tesseramento; nel 2024 ha messo sui cartoncini l’effige di Enrico Berlinguer contando su un’«operazione nostalgia»: l’ultimo dato disponibile parlava di meno di 150 mila iscritti e da nove anni il Pd non dà dati sull’attività dei circoli, ma si dice che tra il 2016 e il 2023 ne siano scomparsi più di mille. Al Nazareno si consolano con il due per mille: hanno incassato 10 milioni di euro dal Fisco e sono i più sovvenzionati dagli elettori. Ma evidentemente questi soldi non bastano se la Fondazione Modena 2007 da tre anni inanella passivi di centinaia di migliaia di euro, se la Fondazione Bel la Ciao di Ravenna con quasi 10 milioni di patrimonio non arriva a duecentomila euro di incassi se a Perugia la Pietro Conti con sette milioni di patrimonio ha uno scoperto vicino agli 80 mila euro e se a Siena La Quercia (patrimonio sui 10 milioni) ogni due euro che incassa ne perde uno. Ma probabilmente capita perché il rosso si addice al Pd.

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