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Periferie fuori legge: viaggio nei quartieri dimenticati di Roma

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L’episodio del Quarticciolo, in cui, nel giro di 48 ore una pattuglia di polizia e una dei carabinieri sono state accerchiate da un gruppo di persone per impedire un arresto, è solo uno degli ultimi atti contro le forze dell’ordine nel quartiere. Un campanello d’allarme che mostra come, in alcune zone della capitale, l’illegalità non solo è radicata, ma abbia raggiunto il punto di sfidare apertamente lo Stato.
E anche se Roma è una città capace di trasformarsi quando serve, come sta facendo ora con il Giubileo, esiste un’altra Roma, quella che resta nascosta fino a quando la cronaca nera la riporta alla ribalta come nel caso del Quarticciolo, che non è un’eccezione. Lo stesso scenario si ripete a San Basilio, Tor Bella Monaca, Ostia, Laurentino 38, Primavalle, Ponte di Nona, Esquilino, Corviale, Villaggio Falcone e in tante altre periferie romane. Sui ponti a Laurentino 38, le vedette del traffico di droga monitorano attentamente chi entra e chi esce, garantendo che il traffico illecito rimanga sotto il loro controllo. Al Quarticciolo, altre vedette pattugliano il quartiere e tracciano confini invisibili, imponendo la loro presenza. A Tor Bella Monaca, il controllo del territorio è altrettanto pervasivo: dalla gestione del traffico di droga, all’occupazione abusiva degli alloggi popolari, la criminalità regola ogni aspetto della vita quotidiana. Così, interi quartieri sono stati trasformati in piazze di spaccio, dove la droga è l’unica economia che sembra prosperare, la violenza è la norma e il degrado è una condizione permanente. Con oltre 100 di queste piazze, Roma è ormai la capitale dello spaccio di droga in Italia.

Da decenni, clan e cosche infatti si dividono le piazze della droga a Roma, in un equilibrio precario dove ognuno cerca di prevalere. E Le parole che furono intercettate tra due affiliati di Michele Senese, detto “‘O pazz”, re del narcotraffico nel quadrante sud-ovest della Capitale, riassumono la logica della spartizione territoriale romana: “Se vieni a Cinecittà, non puoi fare come ti pare. […] A casa mia comando io!”.
In risposta a questa situazione di degrado e abbandono, lo scorso dicembre il Governo ha approvato un decreto che prevede l’estensione del “modello Caivano” a sei periferie ad alta vulnerabilità sociale, tra cui il Quarticciolo. Questo modello, nato inizialmente a Caivano, è stato pensato per affrontare le problematiche delle aree a rischio, puntando su interventi mirati di riqualificazione urbana, sicurezza e inclusione sociale. Per sostenere queste azioni, il governo ha stanziato un fondo di 180 milioni di euro.

Nel frattempo molti cittadini in questi anni non sono rimasti a guardare come la Rete Quarticciolo Ribelle, attiva da dieci anni per migliorare le condizioni del quartiere. «Da quasi dieci anni lavoriamo per migliorare le condizioni di vita della nostro quartiere. Tutto è iniziato con l’apertura di una palestra popolare di pugilato, nata per colmare la mancanza di spazi sportivi e offrire ai giovani un luogo di aggregazione, socialità e educazione a una vita sana», racconta il comitato Quarticciolo Ribelle.
«Da allora abbiamo avviato diversi progetti: io, in particolare, seguo il doposcuola, fondamentale in un quartiere con un altot asso di abbandono scolastico. Purtroppo, la scuola locale rischia la chiusura. Abbiamo anche un ambulatorio popolare che cerca di sopperire al definanziamento della sanità pubblica, mentre l’unico consultorio del quartiere è praticamente chiuso. Il Quarticciolo è un quartiere di edilizia popolare, con circa 6.000-7.000 abitanti, costruito durante il fascismo e mai ristrutturato seriamente. Le condizioni abitative sono critiche: in alcune case piove dentro, e l’abbandono da parte delle istituzioni è evidente. Gli abitanti hanno perso fiducia, sentendosi sempre più soli di fronte a problemi cronici come la disoccupazione e l’emergenza abitativa. La situazione dello spaccio, oggi sotto i riflettori, non è una novità: è il risultato di decenni di marginalizzazione sociale e scelte politiche che hanno progressivamente impoverito il quartiere. Di fronte a un problema così grave, gli interventi delle istituzioni appaiono lenti e inefficaci, mentre la comunità continua a lottare per costruire alternative reali e un futuro migliore».
L’Associazione Luce Sia, nata da poco che coordina diversi comitati nei quartieri più critici di Roma, descrive una situazione ormai fuori controllo. La presidente dell’associazione, l’avv. Tiziana Siano, commenta: «Alcuni quartieri di Roma, come il Quarticciolo, Tor Bella Monaca, Villaggio Falcone, Laurentino e San Basilio, sono diventati vere e proprie roccaforti dello spaccio, con un controllo capillare del territorio da parte della criminalità organizzata. Al Quarticciolo, per esempio, la conformazione urbanistica consente ai gruppi criminali di monitorare costantemente gli accessi, con vedette presenti h24 che identificano chiunque entri o esca.

Dopo le 17, i residenti evitano di uscire per il dilagare dello spaccio e la presenza di armi. Nel Quarticciolo, la criminalità è gestita da diverse etnie, con i nigeriani spesso impiegati nei livelli più bassi dello spaccio, ma in fase di ascesa, come è già accaduto agli albanesi. In altre zone, come Laurentino e Corviale, il controllo è in mano a famiglie legate alla ’ndrangheta».
L’avv. Tiziana Siano prosegue, raccontando anche la situazione di Villaggio Falcone: «Villaggio Falcone è un territorio abbandonato, dove né l’ATER né il Comune di Roma hanno un quadro chiaro della regolarità degli immobili. Qui si è sviluppato un racket delle occupazioni, con gruppi criminali che sfondano porte – talvolta persino usando esplosivi – per poi affittare gli alloggi a soggetti fragili, come donne incinte o famiglie con minori. Questi ultimi ottengono la residenza grazie a un’ordinanza del Comune, mentre chi ha organizzato l’occupazione riscuote affitti di 300-400 euro al mese. L’occupazione abusiva non è solo un fenomeno di necessità, ma uno strumento per garantire lo spaccio: molte di queste case vengono usate come depositi di droga, mentre altre diventano b&b illegali, laboratori abusivi o basi logistiche per attività illecite».

Le periferie romane soffrono anche di una grave carenza di servizi essenziali. «Mancano medici di base, strutture scolastiche adeguate, luoghi di aggregazione per giovani e anziani e piccole attività commerciali di prossimità, sostituite da catene o abbandonate per le difficoltà di operare in territori ad alta criminalità», conclude l’avv. Tiziana Siano. «In molte aree, lo Stato è quasi assente, lasciando campo libero alla malavita, che colma il vuoto con i suoi meccanismi di controllo. Serve un intervento strutturale che unisca azioni di contrasto alla criminalità, riqualificazione urbana e potenziamento dei servizi per restituire questi quartieri alla legalità e ai cittadini onesti».




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