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Март
2024

Diario della vittoria. Italrugby fiera e spavalda: non ha più paura di affermare sé stessa

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Sempre lì, fissa a pochi centimetri dal naso, sempre pronta a fuggire via all’ultimo giro di lancette. Una vittoria nel più prestigioso torneo di rugby del mondo, il Sei Nazioni, che gli azzurri inseguivano per dare senso e valore a un ricambio generazionale della squadra che sul piano tecnico sembrava dare più risultati che sui […]

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Sempre lì, fissa a pochi centimetri dal naso, sempre pronta a fuggire via all’ultimo giro di lancette. Una vittoria nel più prestigioso torneo di rugby del mondo, il Sei Nazioni, che gli azzurri inseguivano per dare senso e valore a un ricambio generazionale della squadra che sul piano tecnico sembrava dare più risultati che sui tabellini a fine partita.

Ma contro la Scozia, in uno Stadio Olimpico sold out e pieno in ogni ordine di posti come non accadeva da anni, l’Italrugby ha mandato in visibilio le decine di migliaia di appassionati che aspettavano e meritavano di poter urlare di gioia al fischio finale. E, per di più, di veder sollevare dagli azzurri il trofeo Cuttitta: il premio in palio nei match tra Scozia e Italia nel Sei Nazioni, nato per celebrare il grande Massimo Cuttitta, pilone con 69 caps in maglia azzurra e che dal 2009 al 2015 è stato l’allenatore degli avanti della nazionale scozzese. Un romantico incrocio, come tante figure e tanti aneddoti che ruotano intorno al mondo della palla ovale. Ma ieri, in campo, gli unici punti di incontro che hanno voluto cercare sono stati gli impatti, le cariche pesanti della mischia e le incursioni dei trequarti per suggellare una vittoria troppo importante per chi “sputava sangue” in campo e per chi, trangugiando birra, urlava dagli spalti per dare alla squadra quella spinta – seppur solo emotiva – per conquistare quel sofferto ultimo metro e poi schiacciare l’ovale oltre la linea di meta.

Quella vista in campo contro la Scozia non è un’Italia nuova, è un nuovo corso in cerca più di auto-affermazione che di altro. Un nuovo CT, Gonzalo Quesada, che alla viglia del Sei Nazioni prende le redini di un gruppo di giocatori molto rinnovato, e che deve dimostrare le potenzialità di un intero movimento, di cui la prima nazionale deve essere il biglietto da visita. E la prova più importante che quel gruppo di giocatori sta dimostrando di saper affrontare è quella del carattere, con una enorme capacità di lottare e quasi con la consapevolezza di poter vincere; una consapevolezza che troppe volte negli anni passati è mancata in partite in cui una bella prestazione iniziale veniva travolta da una quasi fobia da vittoria.

Dopo un’impresa appena annusata e poi sfumata contro l’Inghilterra, con i britannici sotto per tutto il primo tempo e che chiudono vittoriosi la partita col risultato risicato di 24 a 27; dopo un pareggio col risultato di 13-13 contro la Francia – un pareggio che in realtà è una vittoria prima afferrata e subito sfuggita di mano con un calcio di punizione sbagliato da Garbisi all’ottantunesimo minuto – quella di ieri è stata una vittoria matura, consapevole e meritata contro quella che è la migliore Scozia degli ultimi anni.

Dopo un brevissimo vantaggio con una punizione piazzata da Garbisi al 1° minuto, due mete scozzesi in rapida successione – trasformate da Russell – sono una doccia fredda per gli azzurri che, però, reagiscono rispondendo con una meta al 14° minuto, portando il risultato sul 10-14, con la Scozia ancora in vantaggio. Risultato che, alla fine del primo tempo, si assesta sul 16-22. Il secondo tempo è all’insegna della nuova via di questa Italia che, anziché cedere alla pressione del risultato sfavorevole e alla stanchezza dei primi 40 minuti, trova nella reazione il senso della prestazione, con l’ingresso in campo di Varney che dà alla squadra una marcia in più con un gioco più aggressivo ed avanzante.

Qualche piccola sbavatura in touche, una mischia compatta e organizzata che non cede di un solo centimetro, la consapevolezza che le punizioni vanno piazzate per racimolare punti, calci di spostamento del gioco in una razionale e lucida strategia di superamento della difesa e una pregevole gestione del gioco alla mano. Tutti elementi che, insieme ad una validissima e dinamica linea di difesa, regalano al popolo ovale assiepato sulle tribune, un’emozione lunga 80 minuti in cui la speranza iniziale diventa possibilità, e la possibilità si cristallizza in un risultato, 31-29, costruito e difeso con gli ultimi minuti di calma, disciplina e lucidità per non cadere in errore e regalare alla Scozia una punizione che vanificherebbe tutto, e la possibilità di vittoria al fischio finale diventa una certezza.

Le statistiche sono importanti, certo, e l’Italia nel Sei Nazioni non vinceva da Galles-Italia del 2022, non vinceva contro la Scozia dal 28 febbraio 2015, in 24 anni di partecipazione al Torneo ha vinto solo 15 partite, il record di partite vinte in una edizione è di due incontri. Ma la vittoria di ieri ha un sapore diverso. Lascia in bocca quel sapore di determinazione e volontà di vittoria per cui un pareggio con la Francia e una quasi vittoria contro l’Inghilterra (per inciso, l’unica squadra che non siamo ancora mai riusciti a sconfiggere nel 6 Nazioni) non sono inconsapevoli errori o incidenti casuali, ma l’idea di un percorso di autoconsapevolezza di una squadra che non subisce la pressione di essere considerata una piccola intrusa nel grande rugby, ma che fa tremare le colonne della palla ovale e decide di inciderle con dei segni profondi.

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