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Март
2024

A Roma i Fratelli non si dividono. E ora l’obiettivo è riprendersi (tra due anni) il Campidoglio

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L’imperativo è: non somigliare neanche lontanamente a come l’avversario ci dipinge. Ci vogliono rissosi? E allora pace sia. Pax romana. I due candidati alla guida del coordinamento capitolino di FdI, il più importante, il più ambito, si sono messi d’accordo. Passo indietro di Massimo Milani, via libera a Marco Perissa. E Milani diverrà vice di […]

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L’imperativo è: non somigliare neanche lontanamente a come l’avversario ci dipinge. Ci vogliono rissosi? E allora pace sia. Pax romana. I due candidati alla guida del coordinamento capitolino di FdI, il più importante, il più ambito, si sono messi d’accordo. Passo indietro di Massimo Milani, via libera a Marco Perissa. E Milani diverrà vice di Donzelli, che si occupa dell’organizzazione del partito. Le trattative le hanno condotte Arianna Meloni e Fabio Rampelli. E ora FdI si pone un obiettivo ambizioso: riconquistare Roma.

Riavvolgere il nastro: dimenticare la brutta vicenda di mafia capitale, con cui si è cercato di infangare l’intera destra romana salvo poi dover ammettere che la mafia non c’era e che Alemanno mafioso non era e che a chiedere i favori a Buzzi erano quelli del Pd. Dimenticare anche l’indolenza inoperosa di Virginia Raggi e ancora tratto di pennarello sul moscio Gualtieri, che il suo staff social cerca di spingere fotografandolo in veste di sindaco operaio ai cantieri del Giubileo ma senza ottenere grandi risultati. E dimenticare infine Enrico Michetti. Si riparte.

Perché a Roma nacque il Msi, nello studio di Arturo Michelini. E a Roma ci sono martiri da ricordare, i fratelli Mattei, Angelo Mancia, Francesco Cecchin, Paolo Di Nella, e i morti di Acca Larenzia. Qui, dove l’attivismo fu vivace e coraggioso e non servono a ricordarlo pose militaresche e caricaturali saluti romani, quelli venuti prima vogliono risentire profumo di vittoria. Qui dove Almirante riempiva piazza del Popolo e esordiva nei suoi comizi così: “Italiani di Roma…”. E ancora a Roma ci fu la svolta: la visita di Gianfranco Fini alle Fosse Ardeatine, accompagnato dal portavoce Francesco Storace, che a sua volta diventerà presidente del Lazio, provocando le dimissioni di D’Alema. E il conseguente messaggio: signori, romani, possiamo e vogliamo essere destra di governo, destra di tutti. Addio alle nostalgie. Qui Fini si candidò al Comune e  arrivò quasi al 50% prendendosi i voti di Dc, Pli, Pri, Psdi facendo cadere il piccolo “muro di Berlino” eretto con l’arco costituzionale contro la destra. Qui cresce politicamente la prima donna premier d’Italia, nella comunità di Colle Oppio che è stato il vivaio da dove proviene gran parte dell’attuale classe dirigente di FdI e della nazione.

Qui un valoroso e lungimirante capogruppo di An al Comune di Roma, il nostro caro Tony Augello, buttò giù il canovaccio per una destra vincente: nessuna sudditanza ai “palazzinari”, pungente ironia verso gli avversari, periferie che non rinuncino alla bellezza e dunque al verde, sicurezza senza deriva securitaria, e stare sempre dalla parte dei lavoratori, soprattutto quando protestano. Davanti alla sua bara si inchinarono Rutelli e Gianni Borgna (assessore alla Cultura ormai scomparso, che voleva una strada per Bottai, che aveva capito che il fascismo è storia e non slogan da lanciare come una clava contro l’avversario). Tutto sotto gli occhi del fratello Andrea, che ne raccoglieva orgoglioso l’eredità, e che se n’è andato l’anno scorso. Giorgia Meloni al suo funerale disse: “Saremo degni dei sacrifici che quella generazione ha fatto per consentirci di vivere questo tempo”. A Roma lo sapevano e lo sanno tutti. Anche per loro due, per i fratelli che non si somigliavano ma che si volevano un gran bene, si attende di risentire il profumo di vittoria.

E questa unità di Fratelli d’Italia che restano tali, cioè fratelli e sorelle, in una Capitale che vuole tornare grande e degna, è il primo giusto passo verso quell’obiettivo. Sì, ci vuole un’idea di città. E non è facile per una città che è essa stessa mito e simbolo e dove governare somiglia troppo a un’ordinaria manutenzione. Ma non siamo al “manca l’analisi e poi non c’ho l’elmetto” di vendittiana memoria. L’analisi c’è e l’elmetto c’è sempre (Meloni: “Ce l’ho sempre in testa”). E quindi avanti, con o senza elmetto, purché a testa alta, per tornare a sentire profumo di vittoria anche nella città eterna.

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