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Март
2024

Caso Salis, la risposta dei giudici di Milano: il co-indagato Gabriele Marchesi torna in libertà

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Salis Marchesi

Passano poche ore da quando il tribunale di Budapest respinge la richiesta di passare ai domiciliari in Ungheria presentata dai legali della 39enne Ilaria Salis. Nella stessa mattinata torna libero Gabriele Marchesi, il coindagato della Salis che era ai domiciliari da fine novembre. Lo ha deciso la Corte d’Appello di Milano, che ha respinto la richiesta dell’Ungheria di consegnare il 23enne. […]

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Salis Marchesi

Passano poche ore da quando il tribunale di Budapest respinge la richiesta di passare ai domiciliari in Ungheria presentata dai legali della 39enne Ilaria Salis. Nella stessa mattinata torna libero Gabriele Marchesi, il coindagato della Salis che era ai domiciliari da fine novembre. Lo ha deciso la Corte d’Appello di Milano, che ha respinto la richiesta dell’Ungheria di consegnare il 23enne. Marchesi era strato arrestato nel capoluogo lombardo sulla base di un mandato di arresto europeo. È stata pertanto accolta la richiesta formulata dal sostituto procuratore generale Cuno Tarfusser e dell’avvocato Mauro Straini, difensore del giovane.

Caso Salis:  giudici di Milano negano l’estradizione in Ungheria del coindagato Gabriele Marchesi

Per Marchesi sono cadute le misure cautelari agli arresti domiciliari, dunque è libero. La Corte d’Appello di Milano, inoltre, ha rifiutato la richiesta di estradizione di Budapest, dove insieme a Salis è accusato di di lesioni aggravate “potenzialmente letali”. Gabriele Marchesi è un ragazzo di 23 anni di Milano. Fino ad oggi agli arresti domiciliari dopo quanto accaduto a Budapest durante il corteo del “giorno dell’onore” del 2023. Il giovane,  come all’insegnante 39enne Ilaria Salis, è accusato di aver aggredito, malmenato e percosso con un manganello alcuni membri dell’estrema destra della manifestazione. Colpito da un mandato di arresto europeo emesso dall’Ungheria, il giovane è stato fermato a Milano. Con la Procura di questa città che ha messo in atto la procedura di arresto ai domiciliari dallo scorso novembre.

Caso Salis, Marchesi torna libero: le motivazioni dei giudici

L’Ungheria  ha più volte richiesto la sua estradizione, con l’intenzione di far scontare la pena a Marchesi sul proprio territorio. La Corte d’Appello di Milano si è opposta a questo trasferimento. Sollevato anche dubbi sulle condizioni dei penitenziari in cui vengono custoditi i detenuti. E’ un lungo elenco di normative e sentenze quella che i giudici della corte d’appello di Milano elencano per spiegare il no alla consegna all’Ungheria di Gabriele Marchesi. La corte ricorda che il 23enne è un “giovane dotato di fissa dimora. Sconosciuto alle carceri italiane, incensurato, si è sempre presentato in udienza e un inserimento in carcere anche temporaneo sarebbe percepita come particolarmente degradante”; viste le condizioni delle carceri di Budapest che, secondo l’ultimo report internazionale del 2018, risultano gravate da rischi di violenza, non sufficienti garanzie igieniche e dove “la non certezza di accesso ai colloqui con i familiari” potrebbe essere un “grave pregiudizio”.

I legali di Marchesi: “Non è uno schiaffo”

Inoltre la durata non breve del processo, “e la complessità degli accertamenti per stabilire se ha partecipato ai fatti” non può scongiurare il “reale rischio che sia leso uno dei suoi diritti fondamentali” e che eventuali “trattamenti degradanti” possano nuocere alla sua vita psichica, sostiene la corte d’appello di Milano.”Voglio escludere che questa decisione possa, in qualsiasi maniera, influenzare il processo a carico di Ilaria Salis. Non è la prima volta che, nell’ambito delle relazioni tra Stati europei, viene rigettata la richiesta di esecuzione del mandato di arresto europeo”. Sono le parole dell’avvocato Mauro Straini che insieme al collega Eugenio Losco (oggi a Budapest al fianco di Ilaria Salis) difende Gabriele Marchesi. “E’ un dovere continuo, inderogabile, quello di verificare il rispetto e i diritti fondamentali della persona. Questa è una garanzia per tutti, una garanzia alla base del sistema democratico”. “Il sistema carcerario ungherese non lo conosco- ha aggiunto- , ma certamente non siamo noi che dobbiamo insegnare come si trattano i detenuti. Non credo sia uno schiaffo: è un a constatazione che l’Ungheria sia un po’ l’altro lato dello spirito che ha animato lo sviluppo europeo verso un comune sistema giudiziario”, ha concluso.

 

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