Il libro. “Pornoliberismo”, strumento di liberazione (e rinascita) contro la cintura di castità di massa
Era il libro che stavamo aspettando, il testo chiamato a informarci sullo stato di salute della sessualità globale. Una categoria sempre più in serio pericolo d’estinzione: finita nel mirino di censure tanto subdole quanto asfissianti, mentre in tanti sono convinti dell’esatto contrario. Succede anche questo nell’epoca della diffusione a portata di smartphone di contenuti pornografici e dell’esplosione su scala mondiale delle istanze politico-culturali del mondo arcobaleno.
Sembra un paradosso, ma non lo è affatto. E intanto assistiamo inermi alla diminuzione degli spazi di libertà corporale, alla compressione sempre più paradossale dei vocabolari e alla diminuzione in picchiata – soprattutto tra i giovanissimi – dalla pratica del piacere fisico. È il sesso – quello vero: fatto di carne e liquami – a pagare il prezzo più alto. Disinnescata la carica potenzialmente sovversiva, l’atto sessuale è oggi in vetrina ma in una versione politicamente addomesticata, innocua e inutile.
Andrea Venanzoni sta provando in tutti modi a spiegarci il cortocircuito attuale. Pornoliberismo (Liberilibri, 2024), in tal senso, può rappresentare un manuale di sopravvivenza, uno strumento di liberazione. Il titolo non lascia spazio a fraintendimenti e rivela – senza necessità di ricorrere a particolari esercizi ermeneutici – le coordinate liberali e libertarie che pervadono 140 pagine tanto colte quanto irriverenti (la prefazione è a firma di Giuseppe Cruciani).
Nonostante ciò, si tratta di un testo che sa fornire argomenti validi quel tanto che basta a favore di quei cattolici e conservatori che ritengono insopportabili i nuovi tabù da cancel culture in materia di genere. Perché dallo schwa alla «Schwaria» il passo è breve. La lapidazione è dietro l’angolo. Una nuova ortopedia – la tentazione cioè di chi vuole raddrizzare la schiena a quei tanti che non intendono piegarsi alla nuova grammatica di genere – sta infatti prendendo piede: un programma totalitario che passa dalle traiettorie Lgbtq+, oscurando persino le istanze meno ideologiche della galassia omosessuale.
«Tutto ciò che di davvero liberatorio vi era nella perversione sessuale, nella promiscuità, questi gruppi lo hanno reso grigio, anodino, verboso. Un processo continuativo di codificazione che nega, nella sua burocratica materialità, il piacere sessuale» sottolinea l’autore. Alla stregua di un profeta destinato a perdere la testa a causa della schiettezza, Venanzoni prova a liberare dalla cattività nella quale è piombata una verità un tempo indiscutibile. «Noi nasciamo con il sesso. Noi nasciamo e viviamo ed esistiamo nella naturalità a-istituzionale del sesso. In origine fu il sesso, come notava Gramsci, e basterebbe scorrere le pagine de Il Cantico dei Cantici per vedere come pure nel generale quadro della problematicità del sesso nelle religioni abramitiche la sessualità sia perno nodale per la edificazione della realizzazione e della ascesi, anche spirituale».
Insomma: non c’è libertà senza carne. Non c’è liberazione senza godimento. Contemporaneamente, però, non c’è razionalità nelle nuove gabbie linguistiche a cui ci stiamo abituando quasi fossero delle cintura di castità di massa.
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