Mozart et rien de plus
“Un piccolo gioiello che, sotto una apparente semplicità, cela stupefacenti raffinatezze e ancora novità
strutturali, come ad esempio l’assoluta coincidenza di primo e secondo tema nel primo movimento”
(Mario Totaro)
Del febbraio 1789 è la Sonata in si bemolle maggiore K. 570. Anche in questo, come in molti altri casi, è ignota la destinazione dello spartito che comunque ha quali caratteristiche di base una estrema piacevolezza e un contenuto tecnico non particolarmente complesso; non si tratta insomma di una Sonata “da concerto”, ma piuttosto di un brano pensato per qualche illustre committente o per un’allieva non principiante. C’è comunque, rispetto alle Sonate degli anni precedenti, un uso quasi parsimonioso del materiale che va in direzione di una semplicità espressiva tipica degli ultimi anni di Mozart.
L’Allegro iniziale si basa su un unico tema principale che viene presentato in due vesti differenti ma non contrastanti fra di loro; infatti, quando torna come seconda idea, viene ad esso sovrapposta una melodia diversiva. La scorrevolezza brillante della pagina è incrinata, nella sezione dello sviluppo, da quelle implicazioni malinconiche che sono ricorrenti nell’ultimo Mozart.
L’Adagio centrale è invece un movimento di grande nobiltà espressiva; si apre con un tema ad accordi e si anima poi con un tema elegiaco dall’accompagnamento ribattuto; ma tutto questo lungo tempo centrale presenta una alternanza di situazioni che non contraddicono mai la sua profondità concettuale.
Quanto all’Allegretto finale, si tratta di un movimento breve e brillante, il cui tema principale ha quasi il carattere di Gavotta, mentre gli episodi secondari costituiscono dei diversivi gustosi e quasi giocosi, in perfetta coerenza con l’assunto di base della pagina.