Fischer, Karpov, i fratelli Brunello e l’onestà intellettuale negli scacchi
L’onestà intellettuale è una qualità di cui si parla abbastanza poco, nei tanti libri e manuali di scacchi in circolazione. Eppure è una dote davvero fondamentale, soprattutto per i giovani giocatori che desiderino progredire rapidamente nel loro livello di gioco.
Ma cos’è esattamente l’onestà intellettuale negli scacchi?
Io la definirei come la capacità – che non molti possiedono – di sapere valutare le proprie partite e il proprio gioco in modo obiettivo e addirittura impietoso, senza alcuna indulgenza.
E’ umano e comprensibile – quando si vince una partita – cercare di “difenderla” e di provare soddisfazione per le mosse forti giocate, sorvolando invece sui propri errori.
Ed è altrettanto comprensibile – quando si perde – non analizzare la partita troppo a fondo, e non cercare tutti gli errori commessi, anche per non mettere troppo “il dito nella piaga” e rivivere l’amarezza della sconfitta.
Tuttavia, questi atteggiamenti diventano deleteri e pericolosi, per chiunque desideri migliorare il proprio livello di gioco, perché ostacolano il miglioramento delle proprie capacità di analisi rigorosa ed imparziale, durante la partita.
Una delle caratteristiche di chi non possiede eccessiva onestà intellettuale è proprio l’incapacità – o la scarsa capacità – di riconoscere i propri errori perdenti, anche quando si vince o si patta.
A questo proposito, rivelerò quello che secondo me – e non solo ovviamente – è stato il grande segreto di Bobby Fischer, ovvero l’attitudine ad analizzare onestamente le proprie partite, senza indulgenza per i propri errori.
C’è una caratteristica – nella biografia di Fischer – che non molti conoscono. Fischer imparò le mosse dalla sorella Joan a 6 anni, e questo è ben noto. Tuttavia, pur essendosi ben presto entusiasmato per il gioco, e giocando ore ed ore al giorno, partecipando a molti tornei fin da bambino, per 6 anni e fino ai 12 anni Bobby non rivelò un talento particolarmente spiccato. Infatti nel 1955, a 12 anni, quando giocò il suo primo campionato junior americano, il suo rating USCF era di soli 1826 punti, a livello di un 1N italiano.
Sappiamo che a 12 anni oggi molti giovanissimi giocatori sono già MI, e un paio (Mishra e Karjakin) erano diventati addirittura GM!
Eppure Bobby Fischer a 12 anni non sembrava avviato a diventare il super campione che avrebbe cambiato la storia del gioco, quello che nel suo “triennio magico 1970-71-72” aveva stritolato tutti gli avversari raggiungendo un rating astrale, per l’epoca, di ben 2785 punti. Non era certo un Morphy, o un Capablanca, o un Reshewsky, che già da bambini mostravano un livello di gioco straordinario.
Tuttavia, solo un anno dopo, nel 1956, Fischer era già saltato ad oltre 2450 punti, un livello da ottimo MI, e l’anno seguente nel 1957 – quando vinse il suo primo campionato USA – aveva raggiunto il livello di un forte GM, titolo che la FIDE gli riconobbe nel 1958, dopo il torneo dei candidati a Portorose, a soli 15 anni.
Come aveva fatto?
Io credo che siano state 3 le azioni decisive che Fischer aveva compiuto, per saltare così rapidamente dalla mediocrità all’eccellenza scacchistica:
1) Un approccio davvero scientifico al gioco.
Fischer aveva capito che per progredire era necessario studiare a fondo le aperture, magari in numero ridotto, ma imparandole davvero a fondo. E infatti lui divenne uno dei maggiori specialisti al mondo della Siciliana Najdorf e dell’Indiana di Re.
2) Uno stile di gioco logico, preciso, semplice (“capablanchiano”), ma al tempo stesso solido, pratico ed efficace.
Mi ha sempre colpito il commento di Alexei Suetin, a p. 115 del suo ottimo libro del 1982 “Capire ed evitare gli errori negli scacchi”: “…Anche i grandi maestri più abili spesso non riescono a restare immuni dal difetto di addentrarsi (a torto) in varianti eccessivamente complesse, ed “incontrollabili”, solo perché queste ultime scaturiscono magari da una prima mossa a prima vista strabiliante: analizzando invece le partite di Fischer (anche quelle “lampo”!) ci accorgiamo che egli preferisce rinunciare di proposito alla ricerca di tratti brillanti, i quali comportano quindi la valutazione di seguiti troppo complicati.”
3) Una totale ed obiettiva onestà intellettuale, nell’analizzare le proprie partite, e correggere i propri errori.
Credo che soprattutto quest’ultima attitudine di Fischer gli sia sempre rimasta “cucita” addosso, e sia ben visibile nelle tante analisi delle sue “60 partite da ricordare”.
Fischer non aveva problemi nell’ammettere che alcune volte i suoi avversari avrebbero potuto vincere.
E lo faceva a prescindere dal livello dell’avversario. Ad esempio, nella sua partita n.9 contro il modesto maestro svizzero Walther, a Zurigo nel 1959, nei suoi commenti Fischer scrive che Walther avrebbe potuto vincere il finale giocando 54 b4!, dopo avere perso diverse occasioni di vincere già in centro partita.
Idem per la sua partita (n. 3) contro Petrosian a Portorose nel 1958: Fischer stesso riporta le analisi dei sovietici, secondo cui Petrosian avrebbe potuto vincere in finale con 57. Th7!, anziché 57. Th1?, che invece condusse alla patta.
Fischer, nella partita n. 26 (Fischer – Reshewsky), riporta anche un suo grosso errore, segnalato dal lettore A.R.B. Thomas in una lettera alla rivista “Chess”. Fischer avrebbe vinto subito giocando 28. Cd2!, che avrebbe guadagnato la Donna, che difendeva la casa h7 dal matto. E invece Fischer giocò la più debole 28. Txg7, che permise al Nero di resistere un’altra decina di mosse.
E ancora, nella partita Fischer – Reshewsky (1962-1963 Campionato USA), la n. 43, Fischer stesso fa notare un suo grosso errore, quando gioca 41. Rd3?, mentre con 41. Rf1! avrebbe subito guadagnato un pezzo, e gli spettatori se ne erano subito accorti, mormorando dopo il suo errore!
Ma anche nel commento alla sua partita contro Ivkov, a Vinkovci nel 1968, Fischer sull’Informatore l’analizza e scrive che Ivkov sarebbe andato in netto vantaggio con 11. Cb4!
Ma non basta!
Dopo la sua clamorosa vittoria contro Taimanov, nel maggio 1971, alla cerimonia di premiazione Fischer dichiarò sorprendentemente, con enorme onestà intellettuale, che era stato un match molto duro per lui, ed il punteggio più giusto sarebbe stato 3 e ½ a 2 e ½ a suo favore!
In sostanza disse che Taimanov avrebbe potuto vincere la prima partita, e pattare la 2a, la 3a e la 5a (in cui lasciò in presa la Torre in posizione del tutto patta in finale), mentre lui avrebbe vinto nettamente solo 2 partite: la 4a e la 6a.
Ecco, credo che solo un giocatore incredibilmente onesto come Fischer avrebbe ammesso una cosa simile, mentre il 99,99999% dei giocatori avrebbe cercato in tutti i modi di sostenere di essere stato nettamente superiore al proprio avversario, e di meritare pienamente il 6-0!
Nelle analisi delle sue 60 partite, credo che vi sia qualche imprecisione solo in quella contro Botvinnik del 1962, nello studio del difficile finale di Torre, e nella complicatissima partita del 1967 contro Geller a Skopje, che per anni venne poi studiata e ristudiata, con esiti alterni, da legioni di analisti.
Fischer scrisse che avrebbe potuto vincere con 20. Df4!!, ed in effetti quella era sicuramente la mossa migliore. Però poi Fischer sbaglia, poiché dopo 20…cxb2 21. Th5 il Nero può giocare la forte mossa difensiva 21…Cf6! (cfr. diagramma) – che Fischer non analizza del tutto, concentrandosi solo su 21…Af6, che porta alla vittoria del Bianco in poche mosse – e dopo 22. Th6! Txf7! 23. Axf7 Ae4! Il Nero può resistere a lungo, pur con la qualità in meno, e infatti Stockfish prosegue ad analizzare quella posizione per oltre 30 mosse.
Ma sicuramente non fu per mancanza di onestà intellettuale, da parte di Fischer, bensì per l’estrema complessità di quelle posizioni.
L’approccio di Karpov
Credo invece che l’approccio di Karpov, nell’analisi delle proprie partite, si collochi quasi “agli antipodi” rispetto alla straordinaria imparzialità di Fischer.
Personalmente non ho mai gradito lo stile d’analisi di Karpov, l’ho sempre trovato quasi irritante, per dirla in tutta franchezza.
Di solito Karpov quando analizza una sua vittoria – e basta prendere un Informatore qualsiasi per trovare molte sue analisi, in particolare negli anni ’80 e ’90, quando era ai massimi livelli – comincia col trovare una sua mossa incisiva e brillante, alla quale Karpov mette il punto esclamativo, seguito dalla notazione “piccolo vantaggio”. Dopo di che, con il prosieguo della partita, ecco che Karpov indica un’altra sua mossa brillante, che lo porta in chiaro vantaggio, che dopo altre mosse diventa decisivo +- e lo porta alla vittoria.
Ora, questo stile d’analisi è palesemente poco onesto ed imparziale. Infatti la domanda che qualsiasi lettore si porrebbe è: “OK, ma dove sono gli errori perdenti dell’avversario di Karpov?” Normalmente Karpov non li indica affatto – a meno che non siano sviste evidenti da uno o due punti di domanda – sembra quasi che lui possieda una sorta di “illuminazione divina” che poco alla volta lo conduce alla vittoria, in modo ineluttabile per il povero avversario.
Poco ci mancava che Karpov non scrivesse: “non giocate con me. Perdereste sempre!”
Tutto ciò è irritante, e proprio per chi è abituato allo stile trasparente e onesto di Fischer, che invece indicava SEMPRE la mossa perdente (o eventualmente vincente) dell’avversario.
Notevole, a questo riguardo, è la partita n. 38, Fischer – Keres del 1962 a Curaçao, nel cui commento Fischer si preoccupa di scovare la mossa perdente del Nero (13…Dc7?), benché non sembri affatto un errore evidente.
Chi fosse interessato a verificare quanto sto dicendo, può consultare l’Informatore n. 41: partita 365, Karpov – Seirawan – Bruxelles (SWIFT) 1986, e Informatore n. 60: partite n. 59 Adams – Karpov – Las Palmas 1994 e n. 475 Karpov – Beljavskij, Linares 1994.
Ma sono solo alcuni dei tanti esempi dello stile d’analisi deludente ed intellettualmente poco onesto di Karpov.
Ma il destino ha giustamente punito Karpov, che non soltanto non ha più avuto la possibilità di giocare, e PERDERE, con Bobby Fischer nel 1975, ma che non è nemmeno riuscito a raggiungere il punteggio del suo illustre rivale, poiché Karpov in carriera era arrivato a 2780 punti, mentre Fischer aveva raggiunto i 2785 punti.
E – si badi bene! – Fischer aveva raggiunto quei 2785 punti in un’epoca in cui era difficilissimo arrivarci, poiché i suoi più forti avversari (Spassky, Larsen, Petrosian, Korchnoi, Portisch, Geller, Smyslov), nel periodo 1970-72, superavano di poco i 2600 punti, mentre Karpov, negli anni ’90 e seguenti, poteva giocare con parecchi giocatori con Elo sopra i 2700 punti (Kasparov, Kamsky, Shirov, Kramnik, Anand, Ivanchuk, Bareev, Gelfand, Salov) o vicino ai 2700 punti ( Piket, Yusupov, ecc.).
Quindi il 2780 punti di Karpov erano inflazionati, a causa del maggior numero di giocatori con Elo alto negli anni ’90 e successivi. E che quei punteggi fossero inflazionati è indubitabile, poiché nel 1989 Anand aveva appena 2535 punti, e Ivanchuk era a 2635 punti. Poi, con l’inflazione degli Elo degli anni seguenti, nel 2011 Anand era salito a ben 2820 punti, e Ivanchuk a 2791 punti nel 2008.
Mentre invece Fischer riuscì a scavare un gap impressionante, mai più eguagliato, di ben 120 punti, col suo più vicino inseguitore, Boris Spassky.
E concludiamo con un episodio curioso – ma interessante – che riguarda lo scrivente e il tema dell’onestà intellettuale negli scacchi.
Nel giugno 2007 avevo partecipato al 3° campionato EU Union, di Arvier, in Val d’Aosta, un grande open con 113 giocatori da tutta Europa.
Al 4° turno avevo affrontato Marina Brunello, che all’epoca era una 13enne 1N, ma già molto forte.
Questa era stata la nostra partita:
Marina vinse la partita in finale, e al termine la analizzammo nel tradizionale post mortem.
Nessuno di noi se ne accorse, ma alla 26a il Nero poteva vincere subito con la mossa spettacolare da problema: 26…Tf1+!!
E dopo 27. Txf1 Cg3+ 28. Rg1 Cxf1 29. Cc1 (unica per impedire la promozione del pedone a3) Ce3 30. c4 Rf7 31. Rf2 Cc2 32. Re2 Cb4! il Bianco perde forzatamente il Cavallo e la partita dopo la spinta 33…a2.
Io ricordo bene che al termine della partita anche Sabino aveva raggiunto il nostro tavolo, mentre analizzavamo, ma non aveva guardato le nostre analisi, e se ne era andato quasi subito.
Ora, io scoprii quella variante molto tempo dopo, solo perché me lo dissero, e non avevo più fatto attenzione a quel finale, mi interessava di più la variante d’apertura.
Il dubbio che mi era rimasto è che i due fratelli – quella sera – rivedendo le rispettive partite, si fossero accorti della mia possibilità di vittoria.
D’altra parte a quell’epoca Sabino aveva 18 anni, ed era già MI con 2454 di Elo.
Quella combinazione non era poi così difficile da trovare, dal momento che il Nero aveva il pedone a3 libero e in promozione.
E’ vero che a volte anche ai più forti GM talvolta sfuggono combinazioni semplici di poche mosse, però mi sembra strano che rivedendo le loro partite in due, i Brunello non l’avessero vista già quella sera.
Di sicuro non mi dissero più nulla nei 6 turni successivi, lì ad Arvier.
Allora nei giorni scorsi ho voluto chiarire la questione direttamente con la mia avversaria del 2007.
Marina mi ha risposto proprio in questi giorni, e mi ha scritto nella sua e-mail che purtroppo, dopo tanti anni, non si ricorda se poi avesse visto la 26…Tf1+!! o meno col fratello. L’altro suo stringato commento alla mossa è stato: “Carina. Bravo!”
La sua risposta mi fa pensare che fratello e sorella l’avessero vista già ad Arvier nel 2007, ma se la siano tenuta per loro.
D’altra parte, se mi avesse risposto: “Ah no, non l’avevamo proprio vista!” allora l’avrei escluso.
Ma lei mi ha dato una classica risposta evasiva: “non so… non ricordo”.
Inoltre, anche il commento alla mossa: “Carina. Bravo!” è un po’ nello stile di Fonzie, il personaggio di Happy Days degli anni ’70.
Tutti ricordiamo che Fonzie non brillava per onestà intellettuale, lui non riusciva mai a dire: “ho sbagliato”, diceva: “Ho sb…sb…sb…”
Anche Marina proprio non ce la fa ad ammettere: “Sì, il Nero vinceva dopo 26…Tf1+!!” , si limita a scrivermi: “Carina. Bravo!” che finisce per sminuire quella mossa, e possibilità di vittoria, perché “carina” la puoi dire anche per una mossa interessante, o per una novità teorica, che non necessariamente vince.
Non è per polemica che dico questo.
Anch’io ricordo un’occasione in cui mi comportai con scarsa onestà intellettuale. In una partita in un week end a Corsico il mio avversario (Angelo Papa) a un certo punto aveva a disposizione una mossa che portava ad una vittoria forzata.
Rimase a pensarci mezz’ora, ed io pensai che l’avesse vista e volesse controllarla per bene.
Invece, con mia grande sorpresa, non la vide e giocò una mossa inferiore, che mi permise di vincere.
Alla fine si alzò deluso, firmò il formulario e se ne andò.
Avrei potuto fermarlo e dirgli: “Ma tu avevi una vittoria forzata, ma non l’hai vista!”
Ma non gli dissi nulla, quindi anch’io non posso certo scagliare la prima pietra e lapidare Marina Brunello e suo fratello Sabino, per ciò che era avvenuto ad Arvier, ed anche se avevano visto la mia possibilità di vittoria ed erano stati zitti.
D’altra parte l’onestà intellettuale non è imposta da nessun regolamento, un giocatore può benissimo firmare il formulario e andarsene senza analizzare, anche sapendo di avere vinto fortunosamente una partita perché all’avversario era sfuggita una mossa vincente.
Però, ripensandoci, se il fratello di Marina fosse stato Bobby Fischer, e fosse stato lì ad Arvier, sono certo che il giorno dopo mi avrebbe fermato dicendomi: “Guarda che tu ieri avresti potuto vincere con Marina alla 26a mossa!”
Ma Sabino Brunello non era Bobby Fischer…