Treviso, negozi vuoti e nuove chiusure: pesa il caro affitti

Circa 2.600 euro al mese per riempire il negozio vuoto di via Municipio, sotto le finestre del Comune, centrale, ma non quanto basta visto il lungo giro di inquilini che poi ha lasciato l’attuale sfitto. Un esempio tra tanti, in una città dove il commercio continua a soffrire il peso di un caro affitti che non si concilia con il giro d’affari.

Le chiusure recenti

Tra Sant’Agostino e S. Leonardo ha scelto di uscire dalla città “Opera solida”, il negozio di arredobagno sotto i portici; ha chiuso l’agenzia immobiliare “Punto Tre”; ha abbassato la serranda Maison AC. E a breve traslocherà anche Noberasco, le boutique del gusto, che pare aver trovato un’offerta più conveniente e più centrale nell’ex Dani, davanti alla Loggia dei cavalieri (sfitto da anni ormai).

Definitiva, poco distante, la chiusura di Slowear in via Santa Margherita, che aveva già manifestato la crisi tra costi digestione e incassi nel post covid. “Affittasi” o “vendesi”, anche lì. Come sulla stragrande maggioranza di vetrine di vicolo Rialto, o in vicolo Barberia e via Inferiore (più centrali non si può) che oggi guardano l’ennesimo sfitto: Capogiro, al fianco della chiesa di San Vito, il negozio di abbigliamento ha preferito Jesolo. Ed è data per certa, dai beninformati, la chiusura del centralissimo Tally Weijl, ex Tezenis.

Aperto anni fa tappando il vuoto lasciato dal negozio di intimo per un affitto insostenibile, potrebbe chiudere (per trasloco altrove, pare) nel giro di alcuni mesi. «Fino all’estate è lì poi vedremo...» ammette il proprietario del fondo Ezio Fermi parlando di «trattative». Pesa il canone, lì come altrove.

In Calmaggiore si chiedono 3.800 euro al mese per cinquanta metri quadrati, ma l’ex Tezenis è immenso, oltre che centralissimo, e la richiesta già anni fa valeva più di cinque volte tanto. Tenendo conto di spese, bollette, personale, per rendere l’operazione sostenibile serve incassare il triplo.

Chi ci riesce? È il problema dei grandi fondi, ovvio, ma anche dei piccoli: il “giro” che manca, e che se basta ad alimentare i temporary shop dell’ultimo periodo, non basta a molti negozi classici. Di qui la richiesta del commercio al Comune: più iniziative.

Veneto imprese unite: «Per il rincaro, serve l’incasso»

A fotografare chiaramente la situazione è Nicoletta Piovesan, presidente di Veneto imprese unite: «I maxi affitti per maxi store fanno caso a sé, ma un affitto da 5 o 10 mila euro al mese è ammissibile se c’è un incasso che permetta di gestirlo, ed oggi in città quest’incasso non c’è» sottolinea, «per la crisi, il cambio di consumi, una serie di fattori che però sono reali. Serve un accordo con i proprietari se si vuole dare spazio al commercio e quindi offerta in città». Su questo tema, l’associazione sta elaborando una proposta di detassazioni per chi affitta immobili commerciali a prezzo calmierato da presentare in Comune.