Con Murray – Djokovic, si allunga la lista dei supercoach
(a cura di Francesco Maconi)
Andy non ci è riuscito proprio a stare lontano dal tennis che conta. L’ex numero 1 del mondo del 2016 è tornato, questa volta sotto le spoglie dell’allenatore. Che Murray sarebbe potuto diventare un ottimo allenatore non era un mistero, ma di certo iniziare da un incarico così delicato era quantomeno inaspettato. Vista la sua carriera, i suoi risultati, Andy è perfetto come super-coach, ma resta da vedere quanto durerà.
In generale il super-coach dovrebbe essere una personalità di spicco, che porta con sé un passato glorioso, un bagaglio di esperienze uniche e capace di offrire un valore aggiunto al giocatore che lo ingaggia. Per Nole il valore aggiunto potrebbe essere la motivazione, quel qualcosa in più che gli dia la spinta per il venticinquesimo slam (anche perché, tra età, esperienza e capacità, da insegnare a Nole c’è veramente poco). Per Nole, Andy sarà uno dei tanti super coach che il serbo ha ingaggiato. In questa lista difatti figurano numeri 1, come Andre Agassi (affiancato da Radek Stepanek, ex numero 8 in singolo e 4 in doppio) e Boris Becker, il recente Goran Ivanisevic (best ranking 2 ATP), Todd Martin (miglior piazzamento al numero 4 del mondo) e Mario Ancic (ex numero 7 in singolo). Nella maggior parte dei casi le collaborazioni con questi allenatori, ma vale con i super-coach in generale, non furonoparticolarmente durature, e probabilmente, anche solo considerando il ritiro di Djokovic in un futuro prossimo, anche questa lo sarà.
Lo stesso Andy fece ricorso alla figura del super-coach, nel suo caso uno dei più iconici di sempre. A vegliare su Andy, infatti, ci fu Ivan Lendl, sotto cui Murray vinse i suoi tornei dello slam, che fino a quel momento gli erano sempre sfuggiti, dando vita alla “moda” del super-coach. Altri super-coaches di Sir Andy sono stati Alex Corretja (ex numero 2 ATP), Jonas Bjorkman (numero 4 del ranking in singolo e 1 in doppio), Brad Gilbert (ex numero 4 del mondo e all’epoca già allenatore di Andy Roddick) e Amélie Mauresmo (ex numero 1 del mondo e prima donna ad allenare a questo livello).
In generale, nel tour la figura del super-coach è assai ricorrente: Roger Federer si affidò a Stefan Edberg (ex numero 1 sia in singolo che in doppio) e Ivan Ljubicic (ex 3 ATP) , Rafael Nadal, dopo la separazione con lo zio Toni, scelse per seguirlo Carlos Moya (ex numero 1 e vittima, nel 2003, di un Rafa ancora sedicenne), mentre Stan Wawrinka ottenne i suoi migliori risultati sotto Magnus Norman (che raggiunse la posizione numero 2 del ranking nel 2000). Anche altri giocatori, come Marin Cilic con Ivanisevic, Kei Nishikori con Chang, Stefanos Tsitsipas prima con Enqvist e poi con Philippoussis, e molti ancora, hanno provato a usare questa figura per andare al livello successivo: alcuni sono riusciti a conviverci, altri non ne sono stati in grado, altri ancora non hanno semplicemente ottenuto dei risultati. Sinner con Cahill sta procedendo molto bene, mentre Rune con Becker è durato molto poco; Dominic Thiem ha liquidato in due settimane Thomas Muster, Sebastian Korda non pare produrre risultati eclatanti sotto Stepanek (che era stato allievo del padre di Korda stesso, Petr, ex numero 2 del mondo), mentre Carlos Alcaraz e Juan Carlos Ferrero sono una coppia eccezionale. In generale non c’è una ricetta vincente, ma di sicuro quel pizzico di sapore in più, se sei in grado di accettarlo, il super-coach è in grado di fartelo sentire.