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Bublik è senza filtri: il politicamente scorretto che fa discutere e riflettere

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“E’ chiaro che non sono Nadal”. Firmato Aleksandar Bublik. In questo incipit totalmente decontestualizzato c’è però un’ammissione che può essere un propedeutico preambolo per circoscrivere a grandi linee, per quei pochi che ancora non lo avessero inquadrato, che tipo di personaggio è il kazako. Il paragone tra la propria carriera e quella di Rafa sarebbe troppo impietoso, ma l’analisi va al di la di quello che può essere un paragone sportivo, bensì sposta la sua lente su un punto di vista umano e tutta la simbologia che porta con sè. Sascha Bublik non è mai stato, non è e non sarà mai come il maiorchino perchè i suoi pensieri ed esternazioni prendono spunto dalle viscere dell’essere umano, a cui dà libero sfogo senza filtri e senza un setaccio che magari gli farebbero guadagnare qualcosa in termini di gradimento universale.

“L’addio di Nadal e Murray è stato un circo. Hanno ottenuto tutto, negli spogliatoi li guardavamo a bocca aperta, poi capita di vederne uno calvo e invecchiato. Per me è stato un peccato, anche se Nadal si è ritirato ‘normalmente’. Adesso Murray è entrato nel team di Djokovic: è un aggrapparsi a cose che non esistono più, echi del passato. Magari a 36 anni sarò a giocare il Challenger di Bangkok, ma spero di non arrivarci”

Le parole rilasciate ai russi di Match Tv sono solo le ultime in ordine temporale di un almanacco pieno zeppo di anti-retorica che sfida qualsiasi bon-ton per abbracciare pensieri che forse, negli anfratti più reconditi della mente, abbiamo partorito tutti e che, magari a bassa voce, abbiamo detto tra il serio e il faceto. Anche il più fervido fan di Nadal, al di la delle più strenue difese per il proprio idolo, ha sofferto per il suo addio logoro, con la calvizie emblema del cedimento fisico. A molti ha fatto male vederlo così, detto a denti stretti mentre l’attacco di Bublik alle difficoltà tricologiche del campione di Manacor è a bocca spalancata, la ciliegina dissacrante su una torta di politicamente scorretto farcita senza tanti complimenti. Offensivo o meno, questo è un giudizio da rimandare alle sensibilità o meno di chi si espone.

Occhio a non far passare il nativo di San Pietroburgo come un oracolo detentore di tutte le verità, ma il bello delle dichiarazioni di Aleksander è che quasi sempre c’è un fondo di verità argomentabile, senza per forza essere d’accordo, che apre le porte ad un dibattito che a volte può essere costruttivo, sempre in virtù di quel vecchio adagio che sostiene che la crescita ci sia soprattutto da un contrasto e meno da una comunione di vedute. Per intenderci, sarebbe un errore inserire Bublik nella stessa risma di Nick Kyrgios. “L’ossessione è un gioco che si fa da giovani”, la frase tratta dal film The Prestige si applica bene all’australiano, che ormai di anni ne ha quasi 30, giovane lo è ancora ma non un bambino, e dovrebbe scrollarsi da dosso quest’ossessione contratta nei confronti di Jannik Sinner che, diciamocela tutta, ha francamente stufato.

E’ lo stesso Bublik ad intervenire sul tema, prendendo le distanze dai vari attacchi di Kyrgios nei confronti del numero uno del ranking: “Se si prendono tutte le parole di Nick, le si analizzano e si arriva alle conclusioni, si potrebbe diventare pazzi. Probabilmente non sono d’accordo”. La solita verve ironica per sottolineare che tutto questo forse è esagerato anche per lui, il che è tutto dire. Nonostante sia in disaccordo con l’australiano, il classe 1997 non ci vede chiaro sulla questione doping che visto protagonista sia l’azzurro che Iga Swiatek. Un po’ per furbizia e un po’ perchè sa che il terreno è molto scivoloso, Sascha affida il suo pensiero ad una citazione, non altissima ma pittoresca: quella del maestro del cartone animato Kung Fu Panda “gli incidenti non sono incidenti”.

La riluttanza a trascinarsi sui campi di ogni angolo del mondo in età avanzata è solo una diretta conseguenza di una visione poco romantica dello sport, e forse della vita. Badare più alla sostanza, di cui i soldi sono una grande espressione. Nonostante sappia di essere un privilegiato, su quei campi di Bangkok forse non ci andrà per la polemica legata ai montepremi del circuito Challenger e ATP 250, reputandoli troppo poco remunerativi per l’impegno profuso.

Per un personaggio così istrionico, prendere un granchio è quasi un rischio calcolato. un imprevisto del mestiere. E Bublik ha un discreto bottino anche in questo tipo di pesca. Amaramente memorabile fu l’aneddoto che lo vide alle prese con Dominic Thiem nel primo turno dell’US Open 2023. L’austriaco, ormai ritirato, viveva un travaglio interiore per cercare di tornare ad alti livelli con spesso cattivi risultati, ma nel confronto contro il kazako stava dominando. Un andamento del match che sul 4-1 nel secondo set fece scattare l’ira del giocatore in svantaggio, con conseguenti espressioni poco in linea con lo spirito di De Coubertin: “Sono stufo di restituire carriere a giocatori disabili“. Clamore e pioggia di critiche manco a dirlo. La frustrazione fa brutti scherzi, ma la bellezza di questo personaggio sui generis lo porta a chiedere scusa in maniera ancora meno convenzionale dell’offesa.

Mi pento. Non volevo offenderlo, stavo giocando contro uno che faticava a vincere una partita, ma giocava bene contro di me. Vorrei cancellare quello che ho detto, ho sbagliato, ma ormai è andata. Che posso fare? Dopo gli dissi che ce l’avevo con me stesso, e per lui è stato OK. Ma se mi avesse tirato un pugno in faccia, non credo che avrei reagito”.

Insomma, Aleksander Bublik non piacerà mai a tutti ma che nessuno provi a togliergli quell’onestà intellettuale che tante volte si sacrifica in favore del caro e vecchio tornaconto personale. E’ l’arma a doppio taglio di chi decide di non essere canonico, di non essere convenzionale ma sa, magari nemmeno gli interessa, che in maniera sibillina tanti gli darebbero ragione se solo il velo, spesso posticcio, dell’ipocrisia glielo permettesse.




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