Sinner e (alcuni) nuovi record dopo il trionfo all’Australian Open: come i Big Three? Meglio
Era dato per favorito da addetti ai lavori – direttore Scanagatta in testa –, bookies, appassionati (salvo un po’ di scaramanzia), gente che passava da lì per caso e, nella sua estrema cortesia, non li ha voluti smentire. Così, Jannik Sinner ha messo in bacheca (per adesso solo in senso figurato, diamogli il tempo di tornare a casa) il terzo trofeo Slam, accorciando su Carlos Alcaraz a quota quattro.
Lo ha fatto con la prestazione che ci si aspettava sia da lui, sia dall’avversario della finale, quell’Alexander Zverev dal dritto sempre ballerino, che – vedere i match con Taylor Fritz a US Open e ATP Finals – concede qualcosa anche dalla parte del rovescio, dal gioco a rete incerto soprattutto se la guadagna perché da fondo fatica a vincere gli scambi lunghi, lui che certo non disdegna una “sana” remata. 29 a 14 per Jannik nei punti sopra gli otto colpi, con equilibrio solo nel secondo parziale, quando l’azzurro non era riuscito a concretizzare un’evidente superiorità nei primi game per poi apparire più affaticato di Sascha mentre ci si avvicinava al tie-break. Il super-scambio vinto sul 30 pari sotto 5-6 che avrebbe dato al tedesco il set point (e la prima palla break, mai arrivata) e il nastro beffardo nel tredicesimo gioco hanno definitivamente chiuso la contesa.
Sinner conquista così la sua terza finale Slam su altrettante disputate: a riuscirci anche Connors, Borg, Edberg, Kuerten, Federer, Wawrinka e Alcaraz. In virtù del 3-0 su Zverev, Jannik è arrivato a vincere gli ultimi 22 set disputati contro top 10, vale a dire dalla sconfitta di Pechino con Alcaraz che, se da un lato è quella che gli “rovina” numeri che già così sono straordinari, dall’altro ci ricorda che Carlos è al momento il solo capace di mettersi tra il nostro e un dominio che rischia di diventare quasi noioso. Non che, dopo decenni di Slam spesso caratterizzati da “nessun italiano nella seconda settimana”, siamo già qui a lamentarci perché un italiano quegli Slam addirittura li vince, sia chiaro. E poi al momento è solo (!?) a quota tre, che intanto gli valgono il sorpasso su Nicola Pietrangeli e il primato italiano. In ogni caso, meglio di Jannik per numero di set vinti consecutivamente contro i primi 10 ci sono solo il McEnroe dell’84 con 28 e il Borg del ’78 con 23.
Abbiamo detto della palla break per Zverev che non è mai arrivata: ciò significa che Jannik è il quarto tennista negli ultimi 35 anni a non concederne in una finale Slam insieme a Pete Sampras (contro Becker a Wimbledon 1995), Roger Federer (contro Philippoussis a Wimbledon 2003) e Rafel Nadal (contro Anderson allo US Open 2017).
Nell’Era Open, Jannik si unisce a McEnroe, Lendl, Federer e Djokovic (due volte) a vincere tre Slam consecutivi sul cemento. È solitario in vetta come percentuale di vittorie da numero 1 del ranking.
La vittoria su Zverev, che gli vale il titolo numero 19 in carriera nonché terzo di fila dopo il Masters 1000 di Shanghai e le ATP Finals (oltre naturalmente alla Coppa Davis), lo rende il più giovane a difendere il titolo nel singolare maschile dell’AO da Jim Courier.
Naturalmente, cercando con pazienza, le coincidenze si sprecano. Ecco quindi che Jannik è il primo a difendere il… primo Major da Rafa Nadal (Roland Garros 2005-2006), mentre ha avuto bisogno di 17 partecipazioni Slam prima di accaparrarsi il primo trofeo, esattamente come Federer; e, come Roger, alla 21^ presenza si è accaparrato il terzo titolo.
Non si parla più di coincidenze quando si va a consultare il bilancio dei tie-break a partire dal Masters di Cincinnati fino a quello australiano contro Zverev: 15 vinti, 2 persi. Due di fila, peraltro, con quello ininfluente contro Etcheverry forse non a caso seguito al tie-break del terzo set a Pechino che ha richiesto un capolavoro da parte di Alcaraz. Per fingere di non essere eccessivamente celebrativi in un pezzo celebrativo, ci sembra giusto chiudere ricordando una sconfitta, quella allo US Open 2023, agli ottavi proprio con Zverev. L’ultima a livello Slam sul duro.