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Il no di Jannik Sinner all’invito del presidente della Repubblica Mattarella non poteva non suscitare polemica

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Mentre il direttore Ubaldo Scanagatta è in viaggio di ritorno dall’Australia ed è quasi stanco quanto Sinner, perché l’impegno è stato grande anche per i problemi provocati dal fuso e da editoriali scritti fino all’alba, e quindi non ha saputo in aereo del “forfait” di Sinner all’impegnativo “torneo”… del Quirinale, la Redazione ha ritenuto opportuno pubblicare in rilievo, oltre ai consueti articoli di svariati media nella nostra abituale rassegna stampa, anche questo articolo pubblicato dal collega Angelo Carotenuto sulla sua newsletter Slalom.it.

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Quirinale non è il festival di Sanremo


Ha proprio ragione il Giornale quando stamattina scrive che “chi conosce in fondo le vicende del tennis, sa quale sia il dispendio di energie fisiche e nervose che si sprecano per conquistare uno Slam”. Ha ragione perché bisogna sempre mettere i piedi nelle scarpe degli altri prima di giudicarne intenzioni e decisioni, in fondo noi cosa ne sappiamo.
E dunque per capire cosa sia passato per la testa a un ragazzo di 23 anni che risponde come Bartleby lo scrivano all’invito di un uomo che ne ha 83 e fa il presidente della Repubblica – per provare a capirlo – facciamo uno sforzo di immaginazione, pensiamo di avere davanti Fabio Cannavaro, siamo nell’estate del 2006, siamo appena tornati con quella Coppa d’oro da Berlino, e il capitano dice a Giorgio Napolitano, preside’ abbiate pazienza, me sento ‘nu poco stanco, me ne torno ‘a Loggetta addu mammà.
Ecco, si può serenamente sospettare che gli editoriali e i commenti su Fabio Cannavaro, sugli assi viziati del pallone che vivono nelle loro bolle distanti dalla realtà senza considerare che eccetera eccetera eccetera, sarebbero stati un filo differenti. Angelo Binaghi sempre al Giornale dice che «chi gli vuole bene deve cercare di lasciarlo un po’ in pace, se vogliamo farlo vincere 15 anni di fila. Per fortuna è protetto molto bene da team e famiglia: non può più vivere, è l’italiano più conosciuto al mondo, probabilmente con Meloni e Mattarella. Deve sorridere, rispondere a tutte le stupidate, fare passerelle, interviste, conferenze stampa: ma che vita è? Facciamo un po’ di sacrificio anche noi».
Un inciso tra parentesi. Ogni volta che l’Italia è andata dietro a un italiano che ha vinto per 15 anni di fila c’è stato qualche problema, ma può darsi che Angelo Binaghi abbia una visione differente, ci sta. Chiuso l’inciso tra parentesi.
Come ridice il Giornale, Sinner “deve anche rispondere a un programma di lavoro preciso al millimetro per dominare le fatiche, anche mentali (leggasi caso Clostebol), se poi vogliamo scendere in piazza per sventolare il bandierone”.
In effetti non deve essere facile combinare al millimetro le esigenze del campo, gli allenamenti, i viaggi, la tensione, la qualità del lavoro per essere il numero uno nel tennis con gli incastri e l’agenda di chi deve girare uno spot per il caffè di Sinner, i pastelli di Sinner, la borraccia di Sinner, il diario di Sinner, i quaderni di Sinner, l’orologio di Sinner, la macchina di Sinner, il formaggio di Sinner, la banca di Sinner, la rete telefonica di Sinner, per un totale di 30 milioni di euro all’anno [la stima è di Vincenzo Martucci sul Messaggero].
Ma è altamente improbabile che Mattarella avrebbe impegnato Jannik tre set su cinque. Tutto si sarebbe risolto in due chiacchiere, un sorriso, una stretta di mano, una notte o due da passare in un comodo albergo romano. Non sembra più faticoso di un tie-break.
Dire di no al presidente della Repubblica è una circostanza rara. Non è la stessa cosa che sfilarsi dal festival di Sanremo. Sergio Mattarella non è Amadeus. Non può non essere motivo di imbarazzo per la federazione e per il Coni, soprattutto se il no arriva da un ragazzo che mille violini suonati dal vento ci raccontano ogni giorno come gentile, educato, un modello di vita, di misura, di stile. Uno che “ti prende per mano, ti tocca la mente, ti apre il cuore” [è una citazione reale]. Spalletti vuole il suo Sinner, Petrucci vuole il suo Sinner, la F1 vuole il suo Sinner. Del resto anche il seo vuole che nelle url ci sia sempre Sinner e gli sponsor pagano pagine di pubblicità ai quotidiani se vince Sinner, perché dargli un dispiacere. È il figlio giusto, il vicino di casa giusto, il genero giusto, l’allievo giusto, l’italiano giusto proprio perché è un anti-italiano – anche questo si sente, tante se ne sentono su Sinner.
Ma come ogni italiano esemplare stamattina ha un certificato medico. Ne aveva uno pure per saltare le Olimpiadi, tonsillite ci raccontò, ma tonsillite non era. Un’altra assenza di chiarezza nella sua parabola di artefice magico.
La Gazzetta spiega con dispendio di spazio perché doveva andare così, perché siamo maliziosi e ingrati noi pochi divergenti, perché “l’anno scorso fu l’anfitrione di tutta la squadra” e noi proprio non lo vediamo, non le consideriamo le grandi cose che fa per noi, lui che è capace di ardimentose imprese e atti audaci, come per esempio recuperare dagli sforzi fisici, riuscendo a dormire anche dieci ore.
[Una trentina d’anni fa c’era un meraviglioso sketch di Francesco Paolantoni, nel quale si presentava come un ribelle, si diceva un provocatore, uno che fa cose controcorrente, mica come le masse, mica come noi, eh sì, lui se ha fame mangia, se ha sete beve, se ha sonno dorme. Lui].
LE OBIEZIONI
Stefano Semeraro su la Stampa ha scritto che “forse, per onorare l’invito del suo «fan» presidenziale – Mattarella confessò l’anno scorso di aver seguito con trepidazione i match di Sinner durante la sua prima, trionfale cavalcata australiana -, un piccolo sforzo in più, quello di indossare un vestito da cerimonia, senza neppure scendere in campo, Jannik lo avrebbe potuto affrontare. Roma val bene una vitamina”.
Sulla prima pagina del Corriere della sera, nella sua rubrica Massimo Gramellini dice che “sembra uno sgarbo, anche se non vuol esserlo. Nella sinfonia di Sinner, che un po’ tutti abbiamo contribuito a suonare, appare come una nota stonata”.
Se è vero che «dentro di me – dice Sinner – un pochino ho delle difficoltà» [lo sottolinea Martucci sul Messaggero] è un’altra probabilmente la maniera di aiutarlo, consigliarlo, stargli vicino, forse andrebbe accettata l’idea che non abbiamo Sinner tra noi per chiedergli di vincere 15 anni di seguito. Potrebbe finanche bastarci quel che ha fatto finora. Siamo invece dentro la nebbia della ragione: si manifesterà in tutto il suo aggressivo livore se il TAS da Losanna dovesse prendere una decisione contro il sentimento della nazione.
Se il disagio di Sinner è stato addomesticabile per giocare i quarti, le semifinali, la finale, se il disagio sarà addomesticabile dal 17 febbraio per andare a Doha e giocare contro Alcaraz e Djokovic, tutto questo dolore poteva forse restare umilmente sotto chiave per andare da un presidente della Repubblica che ha trovato spazio per il tennis tra un incontro con il segretario generale della Lega musulmana mondiale, Shaykh Muhammad bin Abdul Karim al-Issa e la cerimonia di inaugurazione dei corsi di formazione della scuola superiore della magistratura, con tutti i chiari di luna che ci sono in Italia e nel mondo. Se tutto questo non è chiaro, se la priorità è il ranking di Sinner, allora abbiamo un problema.
Oppure Sinner sa di avere una brutta influenza, sa di avere un virus, ecco, può darsi che sia questo, un virus acuto e minaccioso come la sinnerite di cui si è ammalato un intero paese che non chiede, non guarda, non vuol sapere. Sarà così. Lo fa per il presidente. Per tenerlo al riparo dal contagio. Come non averci pensato prima. Bravo Sinner, meraviglioso Sinner, perfetto Sinner.




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