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Schonegger: “Sinner personaggio interessante già a quattro anni. Quando se n’è andato non abbiamo parlato”

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Ormai negli ultimi mesi, da quando Jannik Sinner è diventato una vera e propria star del tennis, stiamo imparando a conoscere tutto del suo presente e del suo passato, compreso il suo primo maestro di tennis. Trattasi di Andreas Schonegger, che ha rilasciato un’intervista ai microfoni dei colleghi di ‘Super Tennis’, raccontando qualche aneddoto sul classe 2001 senza però discostarsi dalla realtà e dal recente successo all’Australian Open 2025.

È il numero uno del mondo perché per il momento sicuramente è il più forte di tutti nel circuito. Lui non sbaglia, ha la grinta, anche se sta male vince ugualmente e questo dà fiducia. Per il momento ci sono pochi che riescono a batterlo“.

Poi si sofferma sui primi ricordi di Jannik Sinner: Suo papà è un bravo giocatore di tennis, forse è stata fortuna, perché probabilmente a casa ha trovato una racchetta e ha provato a tirare le palline. Sicuramente prima ha iniziato a sciare, poi a quattro anni sua mamma mi ha chiesto di inserirlo in un corso, per capire se riuscisse a fare qualcosa. Quando è venuto non c’era dubbio che ce l’avrebbe fatta. Sicuramente aveva quel pizzico in più rispetto agli altri. Già a quattro anni non voleva fermarsi ed andare avanti e finita l’ora chiedeva, a differenza di tanti altri, di continuare. Quando io gli chiedevo se non volesse tornare a casa lui mi rispondeva che avrebbe aspettato suo papà tornare da lavoro e poi avrebbe giocato ancora un’oretta con lui. A quell’età per me era fantastico, si vedeva che aveva qualcosa in più a livello di testa“.

C’è spazio anche per un simpatico aneddoto: Ogni giorno con lui era un divertimento, perché stava spesso a rete e quando mi colpiva saltava in aria e rideva. Poi ha cominciato a giocare i piccoli tornei con il suo berrettino e i suoi capelli. Non è che facesse ridere, ma era un personaggio già lì molto interessante. Già a quell’età riusciva a fare risultati. Non sapeva nemmeno contare i punti e aveva vinto, io gli dissi di stringere la mano al suo avversario e lui mi chiese perché. Quando gli spiegai che aveva vinto era contentissimo“.

Infine una chiosa sul loro rapporto: Il nostro rapporto è proprio familiare perché conosco i genitori che hanno lavorato per tanti anni con me. Abbiamo fatto anche qualche partita di golf assieme, ogni tanto andiamo a mangiarci una pizza. Lui comunque si dedica ai suoi amici, è rimasto com’era quando è partito a 14 anni. Un personaggio fenomenale. Non mi ricordo quando se ne andò. Il papà era tranquillo, per la mamma è stato più difficile, ma io in quel caso con lui non ho parlato, era una decisione sua. Per noi è un problema quando non gioca, è una cosa bellissima seguirlo tutto l’anno. L’anno scorso a San Candido abbiamo fatto un corso con 130 bambini e ho dovuto chiudere perché non c’era più spazio. Più che i bambini erano i genitori a spingere“.




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