Roland Garros, Musetti: “La fine dell’era di Federer, Djokovic, Nadal e Murray è un po’ drammatica”
Un esordio parigino in cui era difficile far meglio quello di Lorenzo Musetti, che dopo un primo set lottato smarrisce solo 2 game contro Yannick Hanfmann per trovare il secondo turno al Roland Garros per la quarta volta su cinque partecipazioni. E con una consapevolezza di poter arrivare in alto mai avuta prima, con l’entusiasmo che trasuda anche in conferenza stampa, tenutasi poco dopo la meravigliosa cerimonia in onore di Rafa Nadal.
“La prima partita in uno Slam non è mai facile”, spiega l’azzurro, “e Hanfmann ha giocato bene, soprattutto nel primo. Ho gestito le condizioni difficili che c’erano, c’era molto vento, non sentivo la palla come avrei voluto, ma ho servito bene durante tutta la partita, ed è stata la chiave“. Ovviamente non è mancata la domanda su quello che è successo dopo la sua partita, con gli onori per il “padrone di casa”: “Avevo giocato in allenamento con Rafa qui una volta, e perso un set 6-1 o 6-0, ero abbastanza spaventato…avevo 19 anni, era il primo Roland Garros, un onore condividere il campo con lui. Ma ricordo delle parole davvero gentili da lui dopo la prima vittoria ATP a Roma contro Wawrinka. Il giorno dopo venne dietro di me mentre mi allenavo e mi disse in spagnolo che ero stato bravo. Penso che con la semifinale a Wimbledon, a livello Slam ho capito cosa mi serviva, e anche prima del torneo, non solo in termini di allenamento fisico, ma anche routine giornaliera. Mi ha portato maggior fiducia in quello che sto facendo ora“.
E sulla cerimonia? Un’emozione unica: “Avrei voluto vedere la cerimonia, ma non sono riuscito. Ho visto qualcosa dalla TV, passando per lo spogliatoio ho visto Rafa, Roger, Novak e Andy, una scena in un senso un po’ drammatica, perché sembra la fine di un’era vissuta da tifoso più che da giocatore”. E ovviamente arrivare a uno status di quel tipo, o anche sfiorarlo, potrebbe essere un qualcosa da porsi nel mirino: “Lo status devi dimostrarlo ogni volta che scendi in campo, e migliorarlo o mantenerlo dipende dalla continuità nei risultati e dal livello. L’ho dimostrato nell’ultimo mese ed è quello che spero di fare nei prossimi tornei, prossimi mesi. Ben venga chiudere in tre set invece che giocare quattro ore al quinto. Quando vai avanti in un torneo poi le fatiche ci sono, ad esempio a Monte-Carlo sono arrivato in fondo ed ero stanco. Secondo me anche da un lato di fiducia chiudere in tre set lasciando sette game sia una buona iniezione di consapevolezza, un buon debutto“.
“Dopo questa stagione su terra mi sento pronto per andare a vincere il torneo, è un obiettivo”, prosegue l’azzurro, “devo essere ambizioso se voglio fare meglio, se voglio diventare migliore, e questa è la mia ambizione. La terra è la superficie dove mi sento meglio, spero di poter raggiungere in fondo, e se non riuscissi spero di tenere almeno questa mentalità“.
Anche perché questo periodo di primavera è quello del suo Slam preferito, dove si potrebbe esprimere al meglio. Anche a livello di soluzioni: “La terra concede di più rispetto alle superfici più veloci, poi ogni torneo ha le sue condizioni. Quest’anno la palla non salta tanto, rispetto a Madrid ad esempio, ed è più difficile portare l’avversario fuori dal campo, nel secondo e nel terzo ci sono riuscito. Hanfmann giocava molto di controbalzo, e in questi casi devi un attimo incassare per tirare il vincente o farlo muovere. Contando anche le Olimpiadi, giocate qua ma in un periodo diverso, mi piacciono molto le condizioni del campo, mi sono sempre trovato bene, espresso un buonissimo tennis e fatto partite che ricordo con molta gioia. Spero che le sconfitte con top 5 possano diventare delle vittorie“.