Nadal vive un’altra indimenticabile giornata al Roland Garros. Questa volta è l’ultima
(da Parigi, Vanni Gibertini)
Solo. Solo in mezzo al campo. Perché è questa la vita del tennista: da solo in campo contro tutto, l’avversario, la pallina, il campo, il caldo o il freddo, qualche volta contro il pubblico, spesso contro sé stesso e le sue paure. Perché non importa che ci siano coach, team, parenti e amici in tribuna: in campo c’è solo il giocatore.
Solo. Come spesso era rimasto alla fine del Roland Garros, unico imbattuto, con tutti gli altri che erano stati scacciati da quel campo che rimarrà per sempre un po’ la sua casa.
Così Rafael Nadal ha salutato il torneo che lo ha visto campione 14 volte, così ha salutato il pubblico osannante che lo ha sommerso di applausi e affetto durante la cerimonia che con una magistrale coreografia “made in France” ha congedato ufficialmente uno dei più grandi tennisti di ogni epoca.
Per quasi mezz’ora è stato solo lui in campo, al centro del campo davanti a un leggio per ringraziare tutti coloro che lo hanno accompagnato nel suo cammino. Poi sono arrivati altri a fargli compagnia: per primo è uscito sul Philippe Chatrier il team del Roland Garros che lo ha accompagnato durante tutta la sua carriera: tutti i membri dello staff del torneo che si sono occupati dei campi di allenamento, degli spogliatoi, della transportation, dei biglietti per gli ospiti. Ma non erano sul campo con lui, erano sul campo per lui.
Così come anche i suoi rivali di tante battaglie, i tre amici-nemici Novak Djokovic, Roger Federer e Andy Murray, anche loro in campo non con Rafa ma per Rafa, per onorare il suo momento. Certo, ci sono stati gli abbracci da vecchi compagni di spogliatoio, la foto di rito che riuniva 69 titoli Slam, 13 ATP Finals, 118 Masters 1000 e 341 titoli ATP oltre a sei medaglie olimpiche di cui quattro d’oro, ma solo alla fine: sul Philippe Chatrier, Nadal era da solo in mezzo al campo, mentre gli altri sono rimasti da una parte a osservare.
Splendida la sorpresa della placca perenne collocata vicino alla rete che rimarrà per sempre a ricordare l’impresa delle 14 vittorie, rivelata dal presidente FFT Gilles Moretton e dal direttore del torneo Amelie Mauresmo, momento in cui i padroni di casa “veri” onorano l’ospite d’onore che per tanti anni è stato il padrone di casa “virtuale”.
E incredibilmente umanizzante è stato anche l’inciampo analogico di Nadal, che ha dovuto concludere il discorso di ringraziamento “a braccio” con il grazie alla sua compagna di una vita Mary, storica fidanzata poi diventata moglie e madre di suo figlio Rafa junior: si era dimenticato una pagina degli appunti che si era portato sul campo, e ha dovuto improvvisare. D’altra parte forse Nadal dà il meglio di sé quando va a braccio e non segue un copione. Un momento di ordinaria goffaggine che ha stemperato la gravitas di una cerimonia che rischiava di diventare un po’ troppo solenne.
Non serve essere stati grande tifosi di Nadal per essersi emozionati durante la cerimonia: la grandezza del personaggio e l’inconcepibile assurdità della specifica impresa celebrata (14 vittorie in uno dei tornei più duri al mondo) trascendono il mondo dello sport e fanno capire il motivo per cui in Spagna e in tutto il mondo Nadal è diventato un punto di riferimento, a discapito della sua innata avversione per le luci dei riflettori. Tutti i 15.000 del Philippe Chatrier, e i milioni davanti alla televisione hanno sicuramente tributato un applauso, piccolo o grande, a quell’uomo solo in mezzo al campo, che dopo aver salutato la folla e gli amici di un tempo, è uscito per l’ultima volta da quel campo non da solo, ma con il figlio in braccio, come simbolo di passaggio verso un’altra vita nella quale non avrà più bisogno di essere solo, ma accompagnerà la sua famiglia verso il futuro.