Rassegna stampa – Trilogia azzurra. La Coppa Davis è sempre più italiana
Ragazzi d’oro (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)
Dolor hic tibi proderit olim. Un giorno questo dolore ti sarà utile. Lo ha scritto Ovidio negli Amores. […] Se l’è inciso sulla pelle Matteo Berrettini che di dolori, fisici e no, ne ha vissuti lungo la carriera. Dolori che lo hanno aiutato a crescere, a capire, a perdonarsi, lo hanno portato a essere un punto di riferimento per i compagni di squadra da giocatore e da spettatore. Ieri, Matteo, ha lasciato la sua impronta sull’Insalatiera grazie al primo match vinto in due set contro Carreno Busta. Forse non la partita più bella della sua storia, ma gli è bastato per centrare la vittoria numero 11 di fila in singolare in Coppa Davis. Decisivo Berrettini. Come giocatore e motivatore, come uomo squadra e mentore di Flavio Cobolli […]. L’abbraccio stretto, una foto che diventerà simbolo di questo storico tris consecutivo: due campioni del mondo che si conoscono da quando erano bambini. Non avrebbe potuto dirlo meglio Stefano Cobolli […]: «Due ragazzini che giocavano insieme e ora sono campioni del Mondo. Nemmeno in un film…». […] C’è sempre un po’ di favola nelle Davis di Berrettini, c’è sempre di mezzo l’amicizia. Nel 2023 l’ha vinta da spettatore, da infortunato, nelle foto di quello storico trionfo, arrivato dopo 46 anni di attesa, non ha potuto entrare perché non era convocato […]. Quel giorno Jannik Sinner, grande assente di questa edizione, gli aveva fatto una promessa: «Il prossimo anno la vinciamo insieme». Promessa mantenuta. E questa volta è toccato a lui essere l’uomo squadra, anche in campo. Ha vinto tre match su tre, senza perdere mai un set. Permettendo a Flavio Cobolli di entrare in campo con le spalle coperte, senza la vertigine del precipizio. Alla fine aveva ragione il grande assente: «Questa squadra ha le qualità per vincere la Davis». […] «Sto tornando il giocatore che ero», è stata una delle affermazioni più importanti di questa spedizione da parte di Berrettini […]. Una scintilla si era riaccesa in estate: «Allenarmi con Jannik mi ha fatto capire che colpire la palla mi piace ancora, eccome». E meno male Matteo […]. «In Coppa Davis normalmente non conta tanto come giochi dal punto di vista tecnico, ma è importante portare a casa la vittoria, soprattutto in finale – ha detto -. Quello era l’obiettivo: iniziare la giornata nel modo giusto, e ci sono riuscito. Sono davvero felice e orgoglioso. Ho usato questo traguardo per tornare in forma, per lavorare. Il Capitano e Umberto Rianna mi hanno sempre detto che mi avrebbero preso in considerazione se fossi stato pronto». L’inno, gli striscioni, i cori: «La cosa più bella è stato sentire il calore del pubblico e le emozioni. Penso di aver giocato tre buone partite, sono contento. Cantare l’inno è sempre emozionante e ho usato questa energia per superare i momenti più complicati». Alla fine il vero momento complicato è stato gestire lo stress per la partita di Flavio Cobolli: «Dovevo fare l’antidoping, e quindi insomma… Avevo bisogno di un po’ di tempo. Ci ho messo circa venti minuti, e nel frattempo il primo set stava finendo. Mi ha scritto Sonego: “Sbrigati, qui c’è bisogno di te!”. Forse è stata la cosa più difficile da fare per me in questa finale…».
Cobolli un fenomeno solitario. «Per questo ho scelto il tennis» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Avanti c’è posto. E del resto Flavio Cobolli detto Cobbo non si è mai sentito un attore di seconda fila neppure quando Sinner e Musetti, con cui battagliava da junior […], hanno esplorato in fretta e già da giovanissimi le montagne del paradiso e lui invece faticava a salire le prime rampe. Da gennaio a marzo di quest’anno, poi, Flavio aveva collezionato sette eliminazioni al primo turno, pagando un conto salatissimo all’aria rarefatta di una classifica di lusso, lui che in 12 mesi era salito al n.32 partendo dal 101: per recuperare fiducia, si era iscritto al Challenger di Napoli, ma in una lunga seduta di psicanalisi agonistica con Berrettini si è convinto ad allenarsi due settimane e poi ha giocato l’Atp 250 di Bucarest. Vincendolo. Il primo trionfo in carriera […] dal quale ha tratto la linfa per prendersi finalmente la sua parte di cielo. […] Otto mesi dopo, Cobbo è il nuovo eroe italiano della Davis, al culmine di una settimana che, parole sue, gli ha regalato «i giorni più belli della carriera». Si è ritrovato suo malgrado a gestire il ruolo di leader, almeno per la classifica […], di una squadra che in un mese aveva perso Sinner e Musetti, […] ed ha risposto da campione. Anzi, da fenomeno in pectore, con due vittorie in semifinale e in finale che hanno mescolato talento, energie sconosciute, adrenalina, rifiuto feroce della sconfitta e hanno strappato lacrime di felicità perfino a quell’orso bonario di papà Stefano, il suo coach: «Ha fatto qualcosa di eccezionale». I Cobolli hanno radici istriane, da lì proveniva un nonno ammiraglio, ma Flavio è romano fino al midollo, pur essendo nato a Firenze solo perché il padre in quel periodo lavorava là e perché la madre è toscana, originaria del Chianti. Il suo percorso sportivo non è nato sui campi da tennis, ma su quelli da calcio. Terzino destro nelle giovanili della Roma allenato da Bruno Conti e con Edoardo Bove, oggi il suo miglior amico, come compagno di squadra: «Mio padre era tennista, quindi sono cresciuto con una racchetta in mano. Ho iniziato quando avevo appena due anni. Però la mia più grande passione era andare allo stadio a tifare per la Roma con tutta la famiglia, e ho iniziato a giocare a calcio a cinque anni, senza mai smettere fino ai 14». La scelta del tennis è arrivata quasi all’improvviso, intorno ai 16 anni, pur non senza turbamenti: «Allora mi sono detto: “Oh cavolo, Flavio, cosa stai facendo? Questa è la scelta sbagliata, cosa hai fatto? Posso tornare indietro e scegliere l’altra opzione?”. Ma adesso che canta saltellando insieme a diecimila anime in estasi il popopopo dei campioni del mondo, quei dubbi svaniscono nell’orizzonte dei ricordi più lontani: «Ho scelto il tennis perché mi piace stare da solo; è anche una questione di personalità nella vita. Penso di essere un lupo solitario». […] Perché ci vuole il coraggio del capobranco per prendersi i complimenti dell’idolo Djokovic dopo il quarto di finale perso a Wimbledon («Giochi come un top ten e presto ci arriverai»), oppure per annullare sette match point a Bergs, […] o ancora recuperare una partita da 1-6 0-1 e break con il braccio bloccato dalla tensione e un Munar che pareva baciato dalla grazia: «Non potevo mollare, siamo una squadra formidabile, quando ho perso il primo set ho incrociato gli sguardi di Berrettini e Sonego e mi sono detto che non potevo tirarmi indietro. La Davis è un sogno che si avvera». Aggiungete un posto al tavolo dei grandi: il volo di Cobbo è appena cominciato.
«Noi eroi sportivi? Forse sì» (Alessandro Nizegorodcew, Corriere dello Sport)
Come l’araba fenice, Matteo Berrettini è risorto dalle ceneri ancora una volta, in un continuo ciclo di morte sportiva e successivo ritorno. «Finché in Davis mi sentirò così, continuerò a giocarla». Matteo Berrettini, pochi istanti dopo la terza insalatiera consecutiva (una da tifoso e due da protagonista), ha parlato così in merito al proprio futuro. Chissà cosa avrebbe detto, qualche mese fa, sdraiato […] sul divano di casa, bloccato dall’ennesimo problema fisico. Il corpo, ancora una volta, aveva presentato il conto e anche i più ottimisti mai avrebbero pensato a un finale del genere. Un finale da romanzo. […] «Umberto Rianna […] mi ha detto che sarei stato considerato per la convocazione qualora fossi arrivato in condizione a fine stagione», ha raccontato Matteo. A Wimbledon, nel match perso contro Majchrzak in 5 set, era parso apatico, poco combattivo. Un atteggiamento preoccupante per i suoi tifosi e ancor di più per lo stesso Berrettini. Da quel momento il romano è sparito dai radar salvo rientrare all’improvviso, già con la Davis nel mirino, nella tournée asiatica e quindi sul veloce indoor europeo. Qualche buon match, una grinta ritrovata, ma una condizione atletica non ancora ottimale. «Quest’anno ho usato la motivazione di giocare a Bologna, in estate, quando non ero al massimo», ha confermato `Berretto”. […] «Sembrava un veterano». Capitan Corrado Barazzutti, nel 2019, parlava così di Berrettini dopo l’esordio assoluto del romano in Coppa Davis. Si giocava in trasferta in India, su erba, che all’epoca era tutto tranne che una superficie gradita a Matteo. La vittoria su Gunneswaran fu il primo successo in Nazionale, seguito da due sconfitte con Shapovalov e Fritz nei gironi di tre anni dopo. Da quel 20 novembre 2022 a oggi Berrettini non ha più perso un singolare in Coppa Davis: undici partite, undici vittorie. […] «La prima Davis da spettatore mi è servita per la seconda, e la seconda ancora di più per questa», ha raccontato il campione romano. […] Matteo è stato fondamentale sia in campo che in panchina. Flavio Cobolli è stato eroico, ma la presenza a pochi passi dell’amico di una vita è stata molto importante. «Guardare Flavio è stato stressante, dopo il mio match ho dovuto seguire le procedure di antidoping e ho pensato: “Adesso mi perdo i primi venti minuti, che hanno poi rappresentato la durata del primo set con Munar”. Sonego mi ha scritto: vieni, abbiamo bisogno di te”». Matteo è arrivato, il match è cambiato. Non una coincidenza. Berrettini ha firmato l’ennesima magia della sua carriera. […] «Eroi nazionali? No, gli eroi sono altri, eroi sportivi magari sì».
