Da Erika Lust ad Asia Argento: il 34° Lovers Festival è femmina
«Ho lavorato nella mia direzione artistica con una particolare attenzione al femminile, ai linguaggi innovativi , alla ricerca e alla dialettica queer con la profonda convinzione che la misoginia e il disprezzo per una visione anti patriarcale siano la radice di ogni tipo di omofobia». Irene Dionisio, regista e sceneggiatrice trentaduenne, presenta così la 34° edizione del Lovers Film Festival di Torino, la terza (e ultima) sotto la sua direzione. Dal 24 al 28 aprile, al Cinema Massimo, saranno proiettati 102 titoli, tra cui 10 anteprime mondiali, provenienti da 28 Paesi. Madrina sarà l’attrice Alba Rohrwacher, gli ospiti d’onore Helmut Berger, l’attore più amato da Luchino Visconti, e il veterano Giancarlo Giannini, mentre un omaggio andrà al regista newyorkese Ira Sachs, il cui film Frankie è stato selezionto in concorso a Cannes 2019.
Se non ti mobiliti per difendere i diritti di qualcuno che in quel momento ne è privato, quando poi attaccheranno i tuoi, nessuno si muoverà per te. E ti ritroverai solo
La rassegna, fondata nel 1985 da Ottavio Mai e Giovanni Minerba con il nome «Da Sodoma a Hollywood» come primo festival LGBT italiano e uno dei primissimi in Europa, è cresciuta negli anni tanto da diventare un punto di riferimento per la comunità LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer e intersessuali) del mondo. Anche quest’anno le categorie che verranno premiate saranno quattro: All the Lovers (lungometraggi), Real Lovers (documentari), Irregural Lovers (il concorso Iconoclasta che dà particolare attenzione all’innovazione dei linguaggi narrativi e visivi) e Future Lovers (cortometraggi).
Una particolare menzione va alla sezione curata da Minerba, fuori concorso, intitolata «La verità sugli amori» (dedicata alla memoria di Max Croci): tra i film che verranno proiettati ci saranno Luciérnagas, della talentuosa quarantaduenne iraniana Bani Khoshnoudi, la storia di Ramin, un giovane gay fuggito dalla repressione in Iran e approdato, dopo un viaggio da clandestino su una barca, in Messico dove inizia una vita più libera, e l’atteso Tell It To the Bees della britannica Annabel Jankel, dove una madre single incontra Jean, un medico, dalla quale porta il figlio vittima di bullismo, e tra le due donne nascerà un sentimento. Le attrice protagoniste sono Anna Paquin e Holliday Grainger.
Ha confermato la sua presenza all’edizione di quest’anno anche Erika Lust, una delle più importanti registe di pellicole erotiche del mondo: svedese, esperta di gender studies, vive e lavora a Barcellona dove, con il suo lavoro, ha rivoluzionato il canone del genere. Durante il suo incontro (venerdì 25 aprile alle 22.30 in Sala Soldati) la regista proietterà una selezione dei propri lavori per una serata erotica saffica.
Tra gli eventi collaterali del 34° Lovers Film Festival è da segnalare la mostra organizzata dal Museo nazionale del cinema Antologia Analogica che avrà come protagonisti alcuni scatti (23 immagini in pellicola 35mm e 170 Polaroid) realizzati da Asia Argento. «Le Polaroid per me sono la materiadei ricordi, anzi la memoria stessa», ha scritto la regista e musicista nella presentazione dell’esposizione. «Ho accumulato e conservato tantissime Polaroid e ho notato che col tempo scolorano, come la memoria cambia i colori, col passare del tempo, quando la manipoliamo per renderla accettabile a noi stessi».
Ha poi raccontato la «genesi» di questa «antologia» di suoi scatti: «Da quando sono iniziati i miei problemi personali, tanti amici mi hanno esortata a scrivere un libro autobiografico, a raccontare la mia vita, certi che mi sarebbe stato d’aiuto. All’inizio pensavo che potesse essere una buona idea, ma più stavo male e più non riuscivo a riempire quella odiosa pagina bianca. […] Inoltre, come spesso accade alle persone segnate dal dolore, non avevo voglia di uscire di casa, mi faceva paura affrontare il mondo e gli spazi aperti, e per mesi, sono rimasta intrappolata fra la camera da letto e il bagno. Raramente andavo in salone. In quel periodo, ho iniziato a scattare le Polaroid, su alcune ci dipingevo sopra. Lo raccontai a un caro amico, che lavora alla Polaroid Originals, e lui, per incoraggiarmi in questo percorso creativo, mi ha inviato volutamente un gran numero di rullini “scaduti”. E di questo non potrò mai ringraziarlo abbastanza perché da quel momento, senza saperlo, ho iniziato a stare meglio. Scattare Polaroid a raffica è diventata una sorta di terapia, un flusso inarrestabile e quasi incosciente, come la scrittura automatica: fotografavo sempre gli stessi soggetti, alcune maschere, il logo dei Bauhaus, ecc. E non so dire bene perché. Non c’era un motivo razionale, filosofico, psicologico, semplicemente mi affascinava un’immagine e la sua trasformazione con inquadrature e pellicole diverse. Con quelle scadute, poi, i risultati erano ancora più imprevedibili».