Bambini non juventini, ormai in via d’estinzione
Stefano e Benedetta sono seduti sul divano, padre e figlia: in religioso silenzio, mentre la televisione proietta le immagini dell’Inter campione d’Europa. Lui, cuore nerazzurro, è corso in garage a recuperare i dvd del Triplete dopo aver sentito lei, sei anni ancora da compiere, canticchiare l’inno della Juventus nella sua cameretta: «Storia di un grande amore, il bianco che abbraccia il nero». Per un attimo ha pensato ad uno scherzo: «Guarda papà, ho disegnato Cristiano Ronaldo. Lui vince sempre».
Era tutto vero. Quell’omino stilizzato lo guardava con aria beffarda, come a dirgli: «Cosa pensavi? Che tua figlia disegnasse Milito?». In effetti, da quella notte magica per gli interisti, sono passati parecchi anni e lo sport, si sa, ha la memoria corta. I risultati sono in breve tempo soppiantati dai nuovi e le gerarchie cambiano di stagione in stagione, nel rispetto del più democratico dei principi: l’alternanza. Ma cosa succederebbe se una squadra iniziasse a vincere per un lungo periodo di tempo?
Un’ipotetica cancellata in Italia dal caso Juventus: mai nessuno, in Serie A, era riuscito a vincere otto Scudetti di fila. Anzi, a dirla tutta, è un’impresa che non ha eguali neppure nei cinque maggiori campionati europei: il gap che hanno scavato i bianconeri è impressionante, le loro vittorie sono nette e la differenza con gli altri club evidente. Dominanti e – al momento – incontrastati, regnano e raccolgono proseliti sfruttando (anche) il fascino del successo, frutto di preparazione e pianificazione.
Considerato che secondo gli studi scientifici i primi ricordi strutturati dell’essere umano si formano intorno ai 5/6 anni di età, ad oggi un quattordicenne ha in testa un’unica squadra che vince in Italia. E, per lo stesso principio, anche tutti quelli più giovani di lui, che ogni anno – dal 2012 – vedono sventolare in città le bandiere bianconere per la festa Scudetto. Sia ben chiaro, trionfare con continuità non garantisce mettersi dalla propria parte i nuovi appassionati, però aiuta parecchio.
E aiuta avere nelle proprie file un idolo del calibro di CR7: ammainate bandiere come Zanetti, Totti e Maldini, agli altri club mancano beniamini in grado di far innamorare le nuove generazioni, di contagiare le scuole, i parchi e le piazzette. Perché le «passioni» si costruiscono lì, nel gruppo dei pari, dei coetanei: come un microchip che ti entra nella testa da bambino e poi te lo porti dietro tutta la vita. Ai genitori – quelli non juventini – resta l’arduo compito di provare a tramandare la loro fede.
Ricorrendo a foto, libri e VHS. Sui quali però, oramai, si sta accumulando un po’ troppa polvere.