Una catena di fast food si fa pubblicità con un'immagine in cui un uomo dà un pugno a una donna. Immediate le proteste contro sessismo e violenzaPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondoPubblicità sessiste in Italia e nel mondo
Hamburger sbagliato? La soluzione è dare un pugno alla donna che lo ha consegnato. Almeno questo hanno pensato gli ideatori della pubblicità di una catena di fast food belga. La campagna pubblicitaria di Bicky’s è stata immediatamente contestata. Se chi ha ideato il fumetto lo trovava divertente, chi lo ha visto lo ha trovato violento e sessista.
Sono centinaia i messaggi di protesta arrivati sui social contro il cazzotto per il panino non di marca. L’azienda ha detto che si trattava di una provocazione e di non voler «assolutamente promuovere la violenza contro le donne». Per loro l’obiettivo era quello di fermare la vendita di falsi Bicky’s. «Siate realisti, preservate la pace e non picchiate nessuno! Vogliamo la pace nel mondo e il vero Bicky è al potere».
Questa risposta dell’azienda non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Nawal Ben Hamou, segretaria di Stato della Regione di Bruxelles, che segue il tema dell’uguaglianza di genere, ha definito la campagna come «nauseabonda e totalmente irresponsabile». Paul Magnette, leader dei socialisti in Belgio, ha detto che «non mangerà mai più un hamburger Bicky in vita sua».
Le linee guida sono state sviluppate dopo che un rapporto ha rilevato che l’immaginario e la retorica di genere stereotipati «possono portare a diverse conseguenze negli aspetti pubblici e privati della vita delle persone». Linee guida del genere esistono in molti paesi, Belgio compreso, ma l’applicazione non è uniforme.
Il Geena Davis Institute on Gender in Media ha collaborato con Google per l’analisi di oltre 2000 spot in lingua inglese: ha rilevato che tra il 2006 e il 2016 il numero di personaggi femminili nelle pubblicità è rimasto sostanzialmente invariato. La quantità di uomini era di quattro volte superiore a quella delle donne, e gli uomini parlavano circa sette volte più spesso.
Poco meno di un anno fa è stata fatta togliere con una protesta on line l’immagine, apparsa su un cartellone a Milano: una donna in lingerie a pubblicizzare lubrificanti chimici. Il non apprezzare questi messaggi non è solo questione di sensibilità personale, è sessismo in vendita anche se a livelli differenti. «È oggettualizzazione sessuale», ha spiegato a Vanity Fair Elisa Giomi, Docente di Sociologia della Comunicazione, Comunicazione Pubblicitaria e Media and Culture all’Università di Roma Tre, «è la riduzione di un corpo femminile a una sola sua parte erotica e quindi una trasformazione di questo soggetto femminile in funzione sessuale».
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