Stipendio in ritardo o non pagato? Ecco cosa fare
Se il ritardo è di qualche giorno, passi. Ma se il datore di lavoro è indietro nel pagamento di una o più mensilità, se ogni volta è una fatica farsi dare lo stipendio – ecco – allora la faccenda è un’altra. Il problema è capire però come fare per avere ciò che spetta. Stante che i contratti di lavoro prevedono che, quale corrispettivo della prestazione resa, il dipendente riceva il pagamento concordato e che su questo non c’è dubbio, conviene però muoversi al meglio per non mettere a repentaglio il rapporto con l’azienda in cui si lavora e, allo stesso tempo, tutelare i propri diritti.
Il dipendente , come prima mossa, può far pervenire all’azienda una richiesta scritta tramite raccomandata con avviso di ricevimento o pec, (che varrà quale formale messa in mora del datore di lavoro) in cui richiede il pagamento degli stipendi arretrati che gli spettano, avvertendo che in caso di mancato pagamento procederà per vie legali. Può farlo da sé oppure avvalersi del sindacato o di un avvocato. Chiaro è che se questa richiesta non dovesse sortire alcun effetto, il passo successivo sarebbe quello di avviare un procedimento volto ad ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, per cui il datore di lavoro dovrebbe pagare il proprio debito immediatamente ferma la possibilità di proporre opposizione entro 40 giorni. In caso di mancato pagamento, si procederebbe al pignoramento.
Come al solito, tentare di conciliare, prima di arrivare ai toni più pesanti, è sempre buona norma. Il dipendente può così richiedere, prima di adire le vie legali, alla Direzione Territoriale del Lavoro di fissare per esperire un tentativo facoltativo di conciliazione con il datore di lavoro. L’accordo, qualora raggiunto, varrà come titolo esecutivo e se il datore di lavoro non dovesse pagare il suo debito neanche in questa ipotesi, si avvierebbe un procedimento di esecuzione forzata nei suoi confronti.
Se la questione fosse più seria e l’azienda dichiarasse fallimento, bisogna sapere che il nostro ordinamento cerca comunque sempre di tutelare il lavoratore dipendente e, anche nel caso in cui l’attivo del fallimento sia insufficiente a soddisfare il credito del dipendente, ci sarebbe il Fondo di Garanzia Inps, che garantisce il pagamento del Tfr spettante, delle ultime tre mensilità, inclusi i ratei della tredicesima e di altre eventuali mensilità aggiuntive previste dal contratto collettivo nazionale applicato al rapporto di lavoro.
Ma, domanda lecita: il mancato pagamento degli stipendi costituisce reato? Sicuramente non pagare le retribuzioni costituisce un illecito civilistico, un inadempimento, in quanto condotta posta in essere dal datore di lavoro in violazione delle obbligazioni contrattua, ma no, non è un reato e il dipendente, che pure per recuperare il suo credito può utilizzare lo strumento del decreto ingiuntivo, non può però denunciare il suo datore di lavoro, a meno che questo non abbia messo in atto anche condotte fraudolente o minatorie, volte a impedire al dipendente di far valere i propri diritti. In questo caso il datore di lavoro è sì passibile di denuncia. C’è poi anche un altro caso in cui questo illecito può sconfinare nel penale e cioè quando il datore di lavoro non ha versato ritenute previdenziali all’Inps, superando un determinato ammontare. In questi casi il dipendente può può presentare una denuncia all’INPS o, nei casi più estremi, recarsi dalle forze dell’ordine e denunciare il proprio datore di lavoro o recarsi direttamente alla Procura della Repubblica.
«È opportuno, infine ricordare» osserva l’avvocata Emanuela Nespoli, Partner dello Studio Toffoletto De Luca Tamajo e Soci, «che il mancato pagamento dello stipendio da parte del datore di lavoro, è una delle cause che consentono al lavoratore di dimettersi per giusta causa, senza obbligo di preavviso, con la possibilità di richiedere e usufruire, qualora ne avesse i requisiti, dell’indennità di disoccupazione (c.d. “Naspi”). Al lavoratore, inoltre, che si dimette per giusta causa spetta l’indennità sostitutiva di preavviso, come se fosse stato licenziato dal datore di lavoro. Ovviamente dimettersi per giusta causa è l’ultimo ed estremo rimedio per il lavoratore che potrebbe però pensare di utilizzare qualora avesse trovato un’altra occupazione nel frattempo ovvero qualora la situazione del datore di lavoro sia tale da non dare alcuna speranza di poter ottenere alcuna somma in tempi brevi e vi sia la necessità di ottenere, attraverso la Naspi, un temporaneo sostegno al reddito».